Ma non so se voglio dirlo, raccontare davvero di tutte le cose che non so fare, stilare un elenco di ciò di cui non sono capace. Che non è cosa da poco, anche perché, non so se c’è qualcuno interessato ad ascoltare.
Me ne vengono in mente sempre di nuove, di cose che, non solo non ho sperimentato, ma che, di certo, non saprei nemmeno come affrontare. Forse si chiama incapacità, ma deve avere a che fare senz'altro con l’insicurezza.
In ogni caso, non so come sono nate, davvero, non so.
Se c’è un modo per identificare questa situazione, però, non c’è di meglio che usare espressioni del tipo non so, non riesco, non sono capace.
Ecco, questa negazione, questa particella, che è entrata a tal punto nel mio vocabolario che ormai mi impedisce di vivere una vita normale, se non appartenesse a quell'assurdo lessico quotidiano che non riesco in nessun modo a rimuovere, forse vivrei meglio.
Ma eccone un’altra di parola, questo forse, che ricorre con una frequenza spaventosa, indice dell’insicurezza che mi paralizza. E ce ne sono ancora tante altre, con identico potere, che provocano lo stesso effetto ed individuano i tanti miei difetti. Basta leggere poche frasi e di fronte al lettore, di colpo, si spalanca l’immagine velenosa della mia essenza. O della mia assenza.
Io, tutto questo lo so, ormai, e non so se voglio dirlo, non sono sicuro di volerlo svelare. Perché in fondo, e sarebbe una beffa, se davvero riuscissi a parlare di me apertamente, come mi conosco, o anche come andrei conoscendomi parlandone, sono sicuro che il tutto risulterebbe poco credibile, buono nemmeno per un personaggio da romanzetto scadente.
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