Lettori fissi

mercoledì 29 novembre 2023

Segreto a più voci.

 


È morto! 

Non deve essere una gran cosa, per chi legge, sapere che un racconto inizi così. Leggere le prime parole e venire a sapere che qualcuno è morto. 

Ma chi? Io vorrei saperlo subito chi è morto. L’autore non può lasciare questa frase in sospeso, dicendo che qualcuno è morto, senza svelare di chi si tratta. Il gatto, Paolo il fornaio, il giornalaio sotto casa. Potrebbe essere la figlia del dottore, la nonna di Alice, l’anaconda che ieri ho visto in televisione. La speranza di capire qualcosa dalla vita, la voglia di vivere e, in questo caso, definitivamente, per cui si potrebbe pensare a un suicidio. La pianta che avevo comprato a prezzo scontato al mercatino delle pulci, che si tiene tutte le domeniche sotto casa della signorina Maria. 

Il dubbio può essere fugato abbastanza rapidamente se proseguo nella lettura. Così almeno spero, perché non è detto che l’autore voglia svelare subito l’identità del morto e, se è scorretto, potrebbe anche non svelarlo mai, perché, ad esempio, vuole mantenere in una condizione di sudditanza i lettori o, semplicemente, perché vuole prendersi gioco di loro, di quanti, cioè, ripongono così tante speranze in lui e nel suo libro, per trascorrere qualche ora, divertendosi. Almeno per chi ritiene sia questa la funzione della lettura. Ma so già che non è l’evasione lo scopo di questo lavoro. Questo tipo, Bermúdez si chiama, lo conosco, per aver già letto i racconti di “La metà del doppio”. I suoi scritti richiedono un minimo di impegno. Sono destinati soprattutto a chi sa apprezzare la buona letteratura.

È morto!

Caro il nostro autore, questo l’ho capito, ma se proprio non vuoi svelare subito chi è morto, non farmi stare in ansia. Dimmi almeno cosa faceva quel disgraziato, dove viveva, come è morto, così che possa cominciare a farmi un’idea, che possa fare delle associazioni, per dare un’immagine a questa cosa che non c’è più, ma che io invece comincio a far nascere nella mia mente, nella mia immaginazione.

Può capitare, quindi, che un romanzo cominci con questa frase: ”È morto”, e che il plot e la storia si allontanino da un punto iniziale, divaricandosi sempre più, allontanandosi uno dall’altra, seguendo strade diverse, e non è detto che un giorno si incontreranno. In questo caso sembra invece che le storie siano destinate a convergere, anche se in un punto non definito. Succede spesso nei racconti di Bermúdez. Seguiamo i personaggi mentre percorrono strade diverse ma poi, non è chiaro come, avviene uno scarto, la storia di uno si incrocia fatalmente con quella dell’altro. Il fantastico funziona così. Inutile cercare una spiegazione. 

È morto!

Una dichiarazione del genere metterà pure la parola fine all’esistenza di un personaggio, ma aprirà un mondo, mille mondi. Ma che dico?, infiniti mondi a chi si appresta a leggere. Le strade che si irradiano da quel ceppo piantato lì, all’inizio della pagina, conducono a destinazioni sconosciute e intraprendere una di queste biforcazioni è un’impresa che ha dell’avventuroso e di cui non si riesce a prevedere il finale. Significa essere catapultati in un vortice, essere presi da una vertigine da cui non si è sicuri di poter uscire indenni, così da poterla raccontare agli altri. Ci sto provando, a modo mio ma quando si legge Bermúdez è consigliabile dotarsi di una bussola, per non perdersi negli insidiosi labirinti che si aprono davanti, man mano che ci si inoltra nella lettura.

È morto!

Nel vero senso della parola. Non che le parole non vadano intese nel loro senso, però, si sa, gli scrittori a volte sembra si divertano a penderci in giro, facendo passare per vere cose che sono del tutto inventate, cose che apparentemente non hanno un minimo di fondamento nella realtà. Almeno nella realtà in cui ognuno immagina di vivere mentre sta leggendo, al punto da domandarsi di continuo: Saranno reali i fatti che questo tipo sta narrando?

È morto!

Potrei anche chiuderla qui e non proseguire nella lettura. E se a morire fosse stata proprio la signorina Maria? Non María Carmen, quella del romanzo. Un’altra. Come potrei accettare una notizia così sconvolgente? Siamo stati insieme per così tanti anni! Ci volevamo bene. Poi, si sa, le storie prima o poi finiscono e, a volte, c’è anche qualcuno che le racconta, che ci costruisce su un romanzo. Non potrei accettare una notizia del genere. No. Voglio proprio rimuovere questo pensiero. Maria non può essere morta. Non è lei, ne sono certo. Chi, allora? Non farei prima a proseguire nella lettura? Già, facile a dirsi. Sarebbe come affrontare un rischio, un serio pericolo da cui non c’è via di scampo. Sento che è così. Adesso, più che mai, avverto che il peso di una notizia tragica potrebbe schiacciarmi, potrebbe stritolarmi.

Fortunatamente, a liberarmi da un gioco che stava diventando pesante, mi viene in soccorso il telefono. Metto da parte il libro appena iniziato, non c’è bisogno del segnalibro, sono appena alla prima pagina, alla prima frase, me lo ricorderò, e mi precipito a rispondere. Non so dove abbia trovato il mio numero di telefono, ma dall’altra parte c’era Gianni Barone, proprio lui, il traduttore in italiano del libro, che si affrettava a tranquillizzarmi, che mi stava consigliando di continuare, di non fermarmi alle prime parole del libro, che il bello doveva ancora venire, che più avanti ci sarebbero stati dei chiarimenti, che la signorina Maria non c’entrava niente, che se avessi avuto la pazienza di proseguire nella lettura la trama avrebbe riservato delle sorprese, che si sarebbe chiarito chi era il morto, e anche quando era morto, che c’erano altri personaggi che aspettavano di entrare in scena, che forse anche lo stesso Bermúdez si sarebbe palesato tra le pagine del libro a informarci che quelli narrati erano tutti fatti reali, che a suo dire la letteratura agiva sulla realtà, modificandola e forse, ma questo lo dico io, poteva esserci un posto anche per me nelle trame del romanzo, se solo avessi accettato il patto che di solito si instaura in questi casi.

Segreto a più voci è un romanzo psicologico, è un romanzo di investigazione, è un giallo poliziesco, è una storia autobiografica, è un saggio di storia, è un’opera fantastica. È tutto questo e molto di più. 

Un regalo prezioso che la Letteratura di tanto in tanto ci offre.

Bermúdez è un maestro nel coltivare l’amore per l’intreccio, la predilezione per un certo tipo di fantastico, per una struttura narrativa originale, i punti di vista diversificati. Il segreto è a due e anche a più voci. C’è la compresenza di differenti generi letterari all’interno della stessa opera, storie che si costruiscono mentre si leggono (“La scrittura che scrive se stessa mentre si guarda scrivere”, direbbe Giovanni Barone).

Il lettore vero si trova spiazzato, preso da una vertigine narrativa che non sa come interpretare, perso come dentro un vortice da cui non capisce come uscire. Il lettore vero è questo che cerca in un libro. 

Un grazie a Fernando Bermúdez, che è ‘ricaduto’ nel vizio della scrittura, a distanza di anni dalla precedente raccolta di racconti. 

A Gianni Barone, che ha tradotto magistralmente il romanzo. 

Alla Edizioni Spartaco, che ha saputo apprezzare l’opera scegliendo di pubblicarla e di farla conoscere così anche al lettore italiano.