Lettori fissi

martedì 25 giugno 2019

Cara amica - 2

Adesso non mi serve altro. Sento di poter scrivere per settimane e settimane e raccontarti di me e di come ti ho desiderata. Di come ho vissuto male questo tempo, solo perché avevo voglia di stare con te e non riuscivo a dirtelo o, quando provavo a farlo, c’era sempre un motivo, più o meno plausibile, per non farlo. 
Come sono stato male! Ed oggi, che sto per svelarti tutte le mie paure, mi sembra di partire per un viaggio senza una destinazione certa. Potrei trovarmi talmente bene che l’andare, l’eterno andare, potrebbe costituire il mio modo di essere fino alla fine dei miei giorni. 
Che sciocchezza! Come potrei mai vivere una vita d’amore con te se partissi e restassi sempre in viaggio senza mai raggiungere la meta? C’è qualcosa di paradossale in tutto ciò. Di contraddittorio, persino.

Io volevo entrare nella tua intimità e questo fin dall'inizio e a prescindere da ciò che questi pensieri volevano significare. La frase in sé mi piaceva e me la ripetevo spesso. Però poi le parole non bastavano più e sentivo il bisogno di tradurre questo desiderio in fatti concreti, che però non sapevo quali potevano essere o come realizzare.
Io volevo essere te. Sentire non solo la passione per te, ma anche capire come tu vivevi la tua passione per me, che immaginavo grande.
Ho bisogno di te come dell’aria che respiro. Chissà che effetto ti farebbe sentire queste parole rivolte direttamente a te. Proverò anche questo, un giorno. Devo tentare in ogni modo, vagliare tutte le possibilità per arrivare a te.
I miei pensieri non sono molto profondi, però a volte sembra che vadano in una direzione abbastanza chiara. O monotematica. È il vizio di te, che mi porto dietro fin dall'inizio, fin dagli albori della nostra conoscenza. Un desiderio che mi tengo dentro e spero di poter esternare, e anche con una certa quota di successo.

Essenzialmente l’esito di questa ricerca dipende da me, lo so, e dall'impegno che profondo nella relazione che intendo instaurare con questa donna. Nelle mie fantasie sono già arrivato ad un punto finale. 
Ma non deve essere una cosa positiva. Dopo la fine rimane ben poco. Ed allora, nella realtà dovrò fermarmi un attimo prima, per conservare quell'aspirazione all'eterno infinito che sta diventando il mio chiodo fisso.

Vorrei mettermi nei tuoi panni. Ma solo per togliermeli appena sono davanti a te, cioè a me. Allora sì, potremmo cominciare a ragionare, potrei finalmente vedere più chiaro, vederti più distintamente, senza fronzoli, senza impedimenti. Capire l’assoluta sfericità dei tuoi seni, non solo immaginarne la perfetta rotondità che mi fa turbinare la testa o, più verosimilmente, volgere gli occhi da un’altra parte, perché non è che posso stare con lo sguardo fisso a quella scollatura ogni volta più ardita. Un’occhiata di sfuggita, come distrattamente, di tanto in tanto, può anche starci, ma gli occhi fissi da quelle parti mi farebbero passare per un demente, e forse anche per un maniaco, pronto da un momento all'altro a saltarti addosso. Che potrebbe anche non essere un male, dopo tutto, ma non davanti al pubblico, non in un luogo frequentato.
Spostiamoci, andiamo da un’altra parte, in un sotterraneo, in un bagno, per cominciare. Poi si può cambiare posto, se preferisci, ma intanto, per i primi approcci, vanno bene anche gli spazi angusti di un ufficio pubblico. Le passioni e gli impeti si controllano appena nei primi momenti e c’è bisogno di un luogo più ampio perché si possa dare libero sfogo agli istinti.
Sto lavorando per ricostruire quei momenti.

Cara amica, tu sai come sono andate le cose. C'è bisogno che te lo ricordi? Cos'è rimasto in te? 
Non vorrei, però, pensare a te solo come una possibilità per un’altra storia, materiale per un nuovo racconto. Non ti avrò dato questa sensazione, spero. Mi auguro piuttosto di essere riuscito a mascherare abbastanza le mie reali intenzioni. In fondo io esisto e continuo a vivere solo fin quando rimarrai nella mia mente. Dopo non avrà più senso continuare.
Voglio sentirmi libero quando scrivo, almeno in quei momenti. Per questo voglio dirti tante cose ancora. Ma forse non ho nemmeno cominciato, a ben vedere. Voglio esprimere tutto quello che sento con le parole che conosco o anche con quelle che non conosco, che inventerei per l’occasione. 
In qualche modo dovrò pur dirti che ti amo e questo …

(continua)

domenica 23 giugno 2019

Palermo



Il tempo è bello, ma non in questa città. 
Adesso mi trovo in vacanza. Ancora un’isola. Ma questo importa poco. Che sia un’isola, voglio dire. Ciò che è fondamentale sapere per capire il senso della storia è che sono altrove, non nel luogo da dove fingo di scrivere. E piove, forse, anche in quel luogo. Devo convincermi che sia così, altrimenti mi confondo e faccio una cattiva figura col resto del mondo.
Come parlare di questa città? Della pioggia mi importa poco. Si tratta solo di un episodio. 
C’è stato un tempo in cui Palermo è stata capitale di un impero vasto e variegato. Ne restano segni visibili dappertutto. Alcuni evidenti, edifici ben conservati e oggetto di costante manutenzione. È un mondo come tanti altri. Dove transitano i turisti si nota la cura e l’attenzione degli amministratori. Luoghi meno fortunati, con poche attrattive, risentono della trascuratezza e sembrano deperire inesorabilmente, soggetti alle incurie del tempo. È così dappertutto.
Sento dire dai locali che la città da alcuni anni sta andando incontro, sia pur lentamente, ad un processo di rinascita, di valorizzazione di punti prima trascurati. 
Ci sarà ancora tanto da fare per far rifiorire le tantissime bellezze del passato, un numero esagerato di chiese, di cappelle, di edifici pubblici ma anche privati, che necessitano di costante manutenzione. Tanta ricchezza rischia di perdersi giorno dopo giorno e non basta la buona volontà ad evitare il progressivo decadimento.
Occorrono settimane per visitare Palermo. Per farsi una sia pur vaga idea del patrimonio artistico, culturale, religioso, umano che conserva. 
Da queste parti ogni pietra cela un brano di cultura, a volte millenaria.
Vorrei nascondermi negli interstizi dei palazzi per poter continuare a respirare quest’aria. Imparare a vivere dei ricordi del tempo. Non so come ciò possa succedere. Dovrà pur esserci un modo per mettere in pratica questo pensiero. 
Forse mimetizzandomi tra le tessere dei mosaici dorati senza farmi notare e da lì, da quegli angoli, sondare i sentimenti dei turisti, di qualcuno in particolare. Deciderò col tempo, con la pratica, con l’esperienza.
Vedere il mondo con gli occhi di un leone. O di un santo. E visto che potrei scegliere, addirittura con quelli del Pantocratore. Anche per capire l’effetto che fa.
Da lassù potrei vedere tante più cose. Forse tutto. 
Vorrei un'altra vita.

martedì 18 giugno 2019

Cara amica - 1

Cara amica, 
ma lo siamo davvero, amici? O, per lo meno, tu lo sei? E poi, Cara amica, perché così? Perché non evocarti per nome, col tuo bel nome? Ho ancora qualche ritrosia che non so giustificare a pronunciarlo, come se al solo compitarlo mi esponessi a chissà quale, stavo per dire infamia, ma quale accento infamante potrà mai rinvenirsi nel dire quello che dovrebbe essere la cosa più normale, chiamare, cioè, una persona col proprio nome? 
Non so come definire questa sorta di bisogno che avverto ogni volta che mi rivolgo a te, quello di nascondere il tuo nome. Ma non solo il nome, perché i segreti, soprattutto i miei, quelli che fino ad oggi sono degli autentici misteri e che non ho inteso svelarti, sono davvero tanti, e forse la nostra stessa relazione è stata condizionata fin dall'inizio proprio da questa verità mai detta e mai rivelata. 
Ma tu ti sarai già informata a tempo, avrai di certo provveduto a chiedere notizie in giro su di me e sai già tutto, o almeno quello che più ti interessava sapere. E se è così, allora la figura non del tutto bella l’ho fatta proprio io, che in questi anni sono passato per quello che voleva provarci in tutti i modi con te, a prescindere dalle mie relazioni.
Ma vorrei tornare al motivo iniziale di questa lettera e riprendere le parole con cui avevo cominciato, Cara amica, per dirti che sì, anche a me piace ogni volta vederti e mi piace ascoltarti quando dici che anche tu mi incontri sempre con piacere. Ma vorrei aggiungere che tutto questo non mi lascia soddisfatto, semplicemente perché non mi basta più. Ed è per questo che vorrei comunicarti che invece io non voglio vederti più.
Tutte queste cose me le dicevo fra me e me. Ma non sempre vi prestavo ascolto, non ci ponevo la dovuta attenzione e presto finivano in un luogo che non ritrovavo più, dimenticate forse per sempre, mentre lei mi stava davanti chiedendosi perché, come mai non rispondevo alle sue domande, alle sue sollecitazioni.
Quello che intendevo dire era che a queste condizioni non volevo vederla più. 
Se le cose potessero cambiare allora sarei l’uomo più felice della terra. Felice di vederla sempre, di incontrarla ovunque, di parlare apertamente con lei per dirle tutto quello che avevo sempre pensato e che continuavo a pensare, anche se non si trattava di un’attività consapevole, una razionale, perché nell'amore c’è poco o nulla di tutto questo ed io, si sarà capito ormai, io quella donna l’amavo, l’ho amata dal primo momento che l’ho vista e volevo darmi l'opportunità di dirglielo direttamente, senza tanti preamboli come pure mi capita quando mi soffermo a ragionare. Ma non c’è niente da ragionare, invece, nessun calcolo.
Cara amica, da oggi in avanti vorrei sentirmi libero di dirti, Amore, come la cosa più preziosa che abbia mai avuto, e di toccarti, di sentirti mia, tutta mia. Te lo dirò un giorno, stanne certa, e quel giorno sarò finalmente felice. Non avrò più niente da nascondere, soprattutto a me stesso, perché avrò ritrovato, o meglio, trovato, quella felicità che rincorrevo da anni, ma posso tranquillamente dire anche da decenni, senza tema di sbagliarmi. 
È una vita che spero di trovare un amore e una volta che arrivo ad accarezzare l'idea di poter vivere la vita che mi rimane in compagnia di una persona amata non vorrei fare l’errore di sbagliare mossa e rovinare tutto. Aspettami, arrivo, alla prima occasione utile sarò da te. Anzi, l’occasione, se non esiste, me la invento, la trovo senz'altro e anche se non sembra a prima vista utile, lo diventerà presto anche solo per il fatto che al fondo dei miei obiettivi ci sei tu e solo tu.
Cara amica, io non sono io. Ma tu, adesso, o ancora, non lo sai. Capirai meglio più avanti, quando riuscirò ad aprirmi del tutto, ho bisogno di tempo, come un buon vino invecchiato che deve essere stappato con un certo anticipo perché si possano apprezzare tutte le qualità ed assaporarne i sentori trattenuti a lungo. Ma l’attesa non è stata vana. È servita per far maturare il gusto che verrà apprezzato nel calice appropriato, dopo la giusta fase di decantazione. Così è il mio sentimento per te. Ha bisogno di tempo per trasformarsi in amore puro.

(continua)

mercoledì 12 giugno 2019

Programmazione

Non ce la faccio più a programmare la vita fin nei minimi dettagli. 
Sempre un appuntamento da rispettare, un incontro da prevedere, un lavoro da fare. Sempre una data in cui dover fare qualcosa che altri hanno previsto per me o insieme a me. 
Vorrei che venissero aboliti gli appuntamenti, le date, i calendari, le programmazioni. Non riesco a star dietro a tutto. Entro in ansia. Mi prende il panico al solo pensarci, vivo uno stato di disagio, la mente non funziona, perdo la capacità di concentrazione, vado in totale confusione. 
È un disagio che non so gestire, ho bisogno di calma e la calma per me è non fare niente, non dover pensare a niente, non pensare affatto. Vivere e basta. E forse nemmeno quello. L’ideale sarebbe non dover vivere.
Invece, programmare le ferie in ufficio, una cosa del tutto normale ma che ogni volta si trasforma in incubo. Non è questo il mio modo di concepire la vita. Eppure, sono anni ormai che mi sottopongo a questo gioco, o forse dovrei dire giogo.
Piove da giorni, forse è anche questo tempo che mi dispone male nei confronti dei doveri, di questi appuntamenti. Non sembra voler smettere, potrebbe continuare così ancora per settimane, nonostante stia per finire maggio e tra poco dovrebbe arrivare la stagione estiva. Di questo passo potrebbe non arrivare. Forse quest’anno l’estate si prenderà una pausa, il suo anno sabbatico, almeno una volta nella vita. Ma nella vita di chi?
Pioviggina stupidamente ininterrottamente.

Ora il clima sembra essere cambiato, per fortuna, e le cose vanno indirizzandosi per il meglio, o per il verso giusto. Gli uccelli, grandi e piccoli, girano con minor peso sulle ali. E persino qualche raggio si affaccia a verificare la condizione della città. 
Si vedono i tetti rossi lievemente screziati da qualche vago baluginio. E i piumini delle piante si sollazzano stancamente nell'aria resa più chiara da una bava di vento che si è ormai placato. 
Sembrava un ciclone nei giorni scorsi o, più verosimilmente, un temporale di modeste dimensioni.
Può succedere comunque che le nuvole comincino ad appesantirsi a dispetto delle previsioni o delle generiche condizioni, tipiche di questo periodo dell’anno. 
L’imprevisto è sempre dietro l’angolo, anche se l’idea di un angolo nel cielo può apparire bizzarra.
Le piante cresceranno con maggiore convinzione e vigore.
Le previsioni si sbaglieranno ancora per molto, adesso piove a dirotto. Un acquazzone non annunciato. 
Era così la situazione climatica e continuò su questa falsa riga per un bel po’ di giorni. Non era difficile immaginarlo. Bastava vedere il cielo che negli ultimi tempi non era riuscito a liberarsi del tutto delle nuvole per un periodo ragionevole. 
A cielo aperto. Adesso vado, nonostante la pioggia. Tanto, sono in macchina e non dovrei bagnarmi. Solo il tratto per arrivare al parcheggio, che non è tanto.

lunedì 3 giugno 2019

Mafaldina - 4

Ispirami, le chiesi per l'ennesima volta. 
Ormai non ricordo più quante volte l’ho importunata su questo argomento. Non perdo occasione di farlo continuamente. Un po’ anche per gioco, mi piace scherzare, prenderla in giro, a volte fino a farla indispettire. 
Mi dispiace, però, quando reagisce così, forse perché non mi avvedo che sto esagerando e a tirare troppo la corda va a finire che poi si spezza. Ma io lo faccio anche per stimolarla, e lei a reagire invece con fare stizzoso, Ma non riesci proprio a trovare un metodo più umano, a volte usa anche il termine, offensivo, e così, Non riesci ad essere meno offensivo. 
Ma come può pensare una cosa del genere? Lungi da me dal volerla ferire. Io la amo questa ragazza, a modo mio, però, che, posso capire che non sia condiviso del tutto e forse nemmeno in parte da lei, però, io così la sento vicina e nelle mie fantasie vorrei sentirla ancora più vicina, vorrei trattenerla in modo che non scappi, che non sfugga, perché sento che se solo si dovesse allontanare un po’ potrei cominciare a sentirmi veramente male, potrei avvertire tutto il vuoto della mancanza del terreno sotto i piedi. Mi sentirei di precipitare dentro un abisso anche restando disteso, anche ad occhi chiusi, anche al buio. Tutte le fobie si impadronirebbero del mio corpo e ancor di più della mia mente. Sarei un nulla, un uomo finito.
Questa donna mi fa soffrire tanto. La sua assenza mi pesa, sta diventando giorno dopo giorno insostenibile, Dovrò trovare un modo per far sì che si manifesti ad ogni mia richiesta, un motore di ricerca vocale che al solo pronunciare il suo nome, o anche solo la prima sillaba, capisca che la sto cercando, che ne ho un disperato bisogno e me la faccia trovare all'istante, in tutta la sua esuberante bellezza, in tutto il suo luminoso splendore, pronta e soprattutto disponibile ad esaudire ogni mia esigenza, ogni mio bisogno. 
Così la vorrei, come un sogno, niente a che vedere col libro dell’inquietudine. Quello che vorrei realizzare è un libro dei sogni, la mia vita con lei, ogni momento insieme a lei.
Invoco la sua presenza come si cerca una vita, un motivo per continuare.

Lei, come tutte le donne, sa come tenermi continuamente sotto ricatto, conosce i miei punti deboli. 
Sa che per lei sarei disposto a tutto e così si permette di fare il bello ed il cattivo tempo in ogni circostanza. 
Sa che più di un certo tempo non riesco a resistere alla sua assenza e che non sono credibile quando le dico che non voglio avere più niente a che fare con lei. 
Sa che sono ridicolo quando minaccio di non scriverle più, di non rispondere ai suoi messaggi, alle sue richieste, o solo a quelle più assurde. 
Basta poco per vedermi di nuovo, una semplice foto, un sorriso, un’acconciatura diversa, anche solo perché possa contestare il nuovo taglio di capelli. 
Lei è sempre la stessa, certo, casta ed illibata come prima e, se possibile, anche più, convinta o forse fissata che per niente al mondo varrebbe la pena perdere la verginità, se non per l’amore di un’intera vita, il solo ed unico amore che, forse, un giorno arriverà, che spera di riuscire a trovare. 
Io non so bene come è successo, non so cosa mi fa questa donna. So che mi ha stregato, sono drogato di lei, non riesco facilmente a farne a meno e anche quando sembra che me ne dimentichi, poi, succede che in qualche modo del tutto inesplicabile ritorna. Bastano anche poche parole alla volta, ad esempio, Ci sono giorni in cui il bisogno di averti vicino a me è fortissimo, oppure, Stamattina avrei proprio bisogno di te, o anche, semplicemente, Mi manchi, che poi non è chiaro a cosa dovrei servire, non so immaginarla, vorrebbe fare l’amore appena sveglia? Per cominciare bene la giornata? Ma è un desiderio che non posso esaudire.
Anche se al solo pensiero comincio ad eccitarmi, ma presto finisce là, non riesco ad andare oltre. Sento solo qualcosa sommuoversi dentro, un tremolio di risveglio in mezzo alle gambe, una conferma che ancora c’è vita da quelle parti, la qual cosa mi fa ben sperare. Ma sperare in cosa?
Sì, decisamente, anche lei sa tenermi legato a sé, ed anch'io faccio la mia parte, cioè, non faccio niente per evitarlo, ci metto del mio, non mi tiro indietro, non mi lascio ripetere due volte certe sue insinuazioni, la capisco e mi capisco. 
Quel che mi risulta invece difficile da spiegarmi è perché debbano esistere due mondi così distanti e così infelici allo stesso tempo. Non sarebbe più utile accoppiarsi finalmente e … ma non so a chi mi sto rivolgendo, a chi sto indirizzando queste domande, a chi sto esternando i miei dubbi. Solo parole al vento visto che nemmeno io avrò il tempo e, quand'anche, forse nemmeno la voglia di tornare su tutta questa massa di parole per rileggerla.
Sarà anche per questo che scrivo in maniera quasi incomprensibile, intendo dire dal punto di vista della grafia? Non saprei, a dire il vero, perché poi, a volte, e non so spiegarmene la ragione, faccio una foto di questi fogli e la mando a quella ragazza, sì, proprio a lei, come volessi continuare ad avere un rapporto di qualche tipo, almeno epistolare, se non posso averlo in altri modi, e lei non riesce a interpretare la scrittura, fa una fatica immane ed allora me lo chiede, mi dice, Ma cosa hai scritto, non si capisce niente, o meglio, non tutto, perché qualcosa riesce a intuirla ed allora comincia a trascrivere quello che riesce a capire lasciando dei vuoti o dei punti di sospensione laddove il testo le risulta oscuro e mi invia il tutto con l’intenzione di smuovermi dall'apatia in cui a volte sprofondo, cerca di sollecitarmi una risposta, che dovrebbe consistere nel riempire i puntini, proprio come certi giochi enigmistici, per arrivare al testo completo, così che possa capire tutto quello che ho scritto.
Va avanti così il nostro rapporto, la nostra storia, come un gioco, un passatempo, che non ho ancora capito a cosa potrà mai servire, né se avrà una qualche fine.
Non so come se lo immagina un rapporto sessuale con me e non so nemmeno come lo immagina con un qualsiasi altro uomo. Ma forse sono io che non riesco ad immaginare come potrebbe essere un rapporto con lei e, come ormai più volte evidenziato, non saprei da dove iniziare. 
Ma a questo punto credo che le eventuali difficoltà potrebbero sorgere con ogni donna, e dire eventuali significa essere ottimista, perché invece penso che siano vere, sicure, autentiche. Quanto all'ottimismo, poi, non riesco proprio ad immaginarla la fila di donne in attesa per me.
Cosa me lo fa pensare? Quale elemento mi fa essere così sicuro di questa affermazione? Non esiste un resoconto approfondito dei nostri incontri. Tutto sembra rimanere nel vago, in un’incertezza sospetta, come se più in là di un certo punto la fantasia non riuscisse ad andare, come se ci fosse un blocco che mi impedisse di esprimermi.

(continua … forse)

sabato 1 giugno 2019

Cosa vedi




C’è un occhio nella bianchissima copertina che sembra osservarmi, anche se non direttamente. Gli elementi paratestuali, l’ho imparato, hanno la loro importanza, non solo una loro logica. Stavo per dire, a mie spese, ma forse non sarei così gentile nei confronti di chi ha sistematizzato il concetto di soglia. Le uniche spese sono stati i soldi che ho tirato fuori per comprare il libro. Quanto mai ben spesi.
Come si può determinare il valore di un libro? Il valore monetario. Cioè, quali sono gli elementi che concorrono a stabilire il prezzo di vendita. A volte un libro è l’ultima speranza, e che valore può attribuirsi ad un’illusione?
Il libro vorrei che fosse una distrazione, ma non riesco a concedermi un tale lusso. Seguo una strada impossibile, un percorso impraticabile. 
Bianco lucido, abbagliante quasi. Non so interpretarne il senso. Dovrei saperlo? Forse potrebbe arrecarmi un minimo di autocompiacimento. Immagino che ci sia un senso a tutto. Sento che il mio compito è disvelarlo un po’ alla volta. O almeno cominciare ad entrarci in confidenza.

Sogno una storia improbabile. Non è come le altre questa donna, come quelle con cui ho fatto l’amore fino ad oggi. La conosco poco e poi, deve avere qualche anno in più delle altre. Non so che forma di inibizione mi ispira ma è come se ci fosse un ostacolo di fronte a me. 
Non parla di sé. Non all'inizio, almeno. Non nelle prime pagine, che ho letto e riletto più volte, in attesa di avvertire un segnale che mi permettesse di avvicinarmi a lei senza pregiudizi. Che poi non ho chiaro quale potrebbe essere. Forse perché non parla di sé, non direttamente. 
Una città, Palermo, un ex fotografo, un fioraio straniero che ama citare poeti francesi, un tizio che solo il venerdì, tutti i venerdì, si affaccia nel laboratorio del fotografo per scoprire il risultato dei suoi scatti, rivolti per lo più verso una donna che non è chiaro chi sia, e poi c’è la Galleria delle Vittorie, un luogo sgangherato e spoglio che ha visto momenti migliori e che rischia di cadere a pezzi anno dopo anno senza sosta. E c’è la città, sottoposta a pesanti interventi di ristrutturazione che rischiano di alterarne per sempre l’identità. L’azione si svolge in questo contesto.

Una recensione? Dovrei piuttosto specializzarmi in qualcosa. Nel descrivere i momenti, senza troppi artifici. Invece do sempre tutto per scontato. Non so come regolarmi. Non sono preparato a questa specie di imprevisto. 
Io con le mie scrittrici sogno di farci l’amore, di portarmele a letto. Le seguo nelle loro narrazioni, mentre si raccontano mascherandosi dietro una protagonista più o meno autobiografica. 
Vanessa mi ha spiazzato. Sta parlando di un uomo. E dei suoi compari. Non so come prenderla, se cioè continuare sperando che le cose cambino in fretta, che arrivi una svolta, un cambio improvviso di scena. Oppure lasciar stare, passare ad un altro libro. O anche semplicemente leggerlo senza pensare ad altro, senza usarlo, come di solito faccio, solo per i miei fini. Ma la lettura così sarebbe un esercizio noioso, privo di interesse. 
Potrei parlare d’altro. Della città in cui vivo. Dei tanti materassi abbandonati sui marciapiedi delle strade, tanto ci sarà qualcuno che presto o tardi ci penserà a raccoglierli. Li buttano di notte, mai una volta che me ne accorga. Un’attività clandestina che riesce sempre bene. E rimangono per giorni nonostante le continue segnalazioni all'azienda che cura o dovrebbe curare la raccolta dei rifiuti.

Vanessa, se sapessi dare consigli te li darei per convincerti a rivolgere le attenzioni esclusivamente su di me e nient’altro, o nessun’altra. Oppure ne darei qualcuno a me. Per vivere meglio, non voglio altro. Come fosse facile!
Aureliano, se non ricordo male, sembra nascondere un segreto che fino a questo punto rappresenta la chiave da scoprire e che tiene in vita. Lui è presente ma senza grandi lineamenti. Non facili da identificare. Mi sfugge di tanto in tanto, soprattutto la notte, quando si confonde con la vaghezza di altre storie.
Il mio faro deve essere la lettura, in ogni caso. Ed il caso, io non ho dubbi sul seguirlo, anche quando le idee sono più lucide. In altri momenti, cioè.

C’è chi ama circondarsi di belle donne. Quanto a me, non ne sono del tutto sicuro. Però amo circondarmi di libri, quello sì. Forse però non è la stessa cosa. Comunque avere attorno tanti libri, più ce ne sono meglio è, mi dà una certa sicurezza, mi fa stare bene, mi fa respirare un’aria pulita. So che ci sarà sempre qualcuno a darmi un consiglio, a darmi una mano di aiuto. Non sarò mai solo. Potrò vivere in pace. È una sensazione brillante, di euforia, di tranquillità. Non mi sento mai perso. Come avere sempre qualcuno a cui fare affidamento in un momento di necessità. E via dicendo. Cosa vedi c’è.

E gli altri dove sono? Di cosa vivono?
L’amore lo faccio davvero? È difficile ammetterlo ma a volte ci arrivo quasi. Sento che manca davvero poco. O forse è cosa fatta e nemmeno me ne accorgo, di tanto che mi viene naturale.
Già tutto passato? Così in fretta? mi sorprendo a domandarmi mentre chiudo gli occhi per il sonno che incombe impetuoso. Resisto e provo a ripassarmi i ricordi. Ero con lei, l’ultima scoperta. L’ultima fiamma. La tenevo sempre accanto a me. Avevo paura che potesse scappare. Non la sentivo ancora del tutto mia. Avevo realizzato che conteneva nel nome l’istinto a svanire. Dovevo fare uno sforzo aggiuntivo per non lasciarla andare. Accarezzarla per farle sentire il calore della mano. Per avvertire il fremito del suo corpo. 
Non so come andrà a finire. Mi piacerebbe averla accanto stanotte. A volte mi viene da pensare che potrebbe essere una qualunque. Che andrebbe bene una qualunque. Ma è lei che sto leggendo.

Vanessa. Iniziali di vanità. Ma non ne vedo molta in queste pagine bianche, di un bianco che abbaglia, che scorrono sotto gli occhi. Forse eccessivamente bianche. Ho quasi paura di sporcarle al solo sfogliarle.
Quante barriere si frappongono, o semplici ostacoli e innocui. Assisto come in uno schermo alle scene descritte, una selezione che ancora non mi dà il quadro completo della situazione, non so se per mero calcolo oppure per inadeguatezza del mio vedere. Calcolo di chi ha scritto, che ha creato un personaggio, che si pone domande a raffica a cui per il momento non trova risposte. Calcolo di secondo grado. E poi anche ad un livello più profondo. Le domande sulle foto, su cosa stavano facendo i soggetti ritratti. Mi perdo fin dalle fondamenta, o ab imis, cioè come un precipitare dentro una spirale che rischia di non fermarsi. Dove potrà arrivare?

Non è molto presente questa donna. Io non la vedo. Che idea potrò mai farmene? Come potrà mai scattare l’innamoramento? Mi basterebbe anche un semplice esempio di qualche altro sentimento positivo. Deve avere un carattere riservato a dispetto del nome direi appariscente, o almeno che non passa inosservato. Cosa potrò mai chiederle che riguardi la sua intimità? Proseguo con poche speranze. È come se da un momento all'altro dovesse saltare fuori qualcosa di inatteso. Farle tante domande. Per conoscerla meglio. O almeno un po’. Ho cominciato all'oscuro di tutto su di lei. Forse arriverà qualcosa. Dovrei preparare una lista di curiosità da soddisfare.

Cosa hanno fatto fino ad ora questi personaggi? A che punto siamo? E una storia c’è? Vorrei esserci anch'io in questo romanzo, o forse ci sono già senza che me ne sia accorto. Mi sento come scritto anche se non mi è chiara la parte che mi è stata riservata. Le chiederei di farmi vivere, almeno tra le sue pagine. Una parte qualunque, Vanessa, pur di vivere.
Vorrei raccontare altre storie. Le mie, eventualmente, se solo ne avessi. Invece mi tocca ripiegare su quelle di altri, di seconda o terza mano. Cosa direi di me stesso? Che non so cogliere segnali di niente, seppure ce ne sono?

Oppure svelare, centellinandolo, il piano del destino. Oggi che ho le idee più chiare, non foss'altro perché so come sono ridotto.
A questo servono i libri, anche questo che sto leggendo, a farti vedere tutto più chiaro, a  metterti di fronte ad una realtà che per tanto tempo non hai saputo o voluto vedere. E quando finalmente hai la visione completa, cosa ti aspetta? Cosa ti aspetti?
Capire se negli interstizi dei giorni vissuti avrei potuto fare diversamente. A cosa serve, oggi? La storia è andata, ormai. Un’altra occasione sprecata. Ma, un’altra? L’unica, direi. Non ce ne sono più, la vita è una sola. Ho perso, cioè, sto perdendo. 
Vorrei scoprire la fine della storia. Anch'io. Per farmi un’idea di quel che resta, di ciò che mi resta. Vorrei chiederle, ma questa storia l’hai scritta pensando a me? E trovare una risposta all’obiezione scontata, Ma se non ti conosco nemmeno, come avrei mai potuto pensare a te? 
Oppure, nessuna risposta, di tanto che era evidente che si trattava di una provocazione. Non ci farebbe nemmeno caso. Nonostante abbia manifestato un interesse per una mia valutazione, un giudizio sul suo lavoro, quando ha saputo che avevo comprato il libro. Gliene parlerò. Sto lavorando per lei. Ho voglia di raccontarle cosa ho pensato nel frequentarla. Cosa mi ha dato. A cominciare da quello che considero un tradimento. Mai avrei pensato che comprando un libro di una scrittrice mi sarei trovato al cospetto di una storia con personaggi essenzialmente maschili tranne una, anche se forse la più importante. Di sicuro quello su cui è stata riversata una buona dose di mistero, che poi è la chiave che, a partire da un certo punto, mi ha fatto andare avanti nella lettura. Su questo niente da dire, ottimo lavoro. 
Ma forse sbaglio a non considerare il fatto che questi uomini, in fondo, non sono altro che il riflesso dei desideri di Dana, cioè di quello che un personaggio femminile dovrebbe essere o desiderare di essere. 
E poi, quel nome. Se Vanessa porta con sé un’ombra di vanità, ma no, ho già detto che non ce n’è molta in lei, ma che sia un nome che evoca lo svanire di qualcosa, ecco, questo concedimelo, mia cara. Ma, dicevo, quel nome, Dana, e il mio nome, ma forse non dovrei dire niente, altrimenti dovrei tornare a chiederti se davvero la storia ha qualcosa a che fare con me. E te lo chiedo. So già comunque che non avrò risposta alcuna, o forse solo una deludente, del tipo, No caro, Dana non sei tu.
E adesso che sto finendo di leggere il libro, finirà tutto? Questa storia-non storia cosa sarà stata?
Già prefiguro un periodo di mestizia che aumenta man mano che mi avvicino all'ultima pagina, perché, in fondo, mi ha mantenuto vivo l’idea di stare accanto a Vanessa, alle sue creazioni, persino dentro i suoi pensieri.
Illusione! Tutto ha una fine. E io, cosa vedo in tutto ciò non l’ho ancora capito. E forse, chissà, non lo capirò.

Vanessa Ambrosecchio
Cosa Vedi
il Palindromo