Potrei partire da qua, un desiderio inappagato che, presto, o anche no, assume forme accettabili, soddisfacenti. Le condizioni ci sarebbero e non servirebbero nemmeno grossi sforzi. Sarebbe sufficiente dilatare le esperienze minimali, estenderle oltre confini apparentemente invalicabili: una carezza lieve, come tra amici, intimi, certo, e un bacio, ingenuo, anche questo, nel bel mezzo di un incontro, più o meno casuale, l’incontro, ma anche il bacio, che deve arrivare in maniera del tutto naturale, forse anche inaspettato.
Cose così, semplici, nulla di complicato, non voglio perdermi nuovamente in costruzioni artificiose, è bastata una volta, chissà, e forse stavolta riuscirò a trarre giovamento dagli errori del passato, a fare tesoro delle esperienze decisamente fallimentari che mi hanno ridotto nella condizione di non sapere vivere e tutto il resto, perché nonostante tutto, continuo ad avere dei dubbi, a nutrire dei sospetti, o dei timori che, proprio quando sta per nascere qualcosa, possa arrivare un elemento che inibisce lo sviluppo di una storia, un’invadenza deleteria che si materializza dentro la trama che è sul punto di sbocciare.
Sono rischi che si corrono, soprattutto quando si agisce. La perfezione è impossibile. Eppure, non voglio rassegnarmi, non riesco ad accettare questa verità incontestabile. Che cocciuto che devo essere, anzi, che sono. Mi accontento di restare fermo, piuttosto, ecco perché insisto nel dire che non so se voglio dirlo. È un modo per mascherare non solo paure, ma anche incapacità, l’ho già detto.
Ah, se solo riuscissi a liberarmi di certi pregiudizi, ma non sono del tutto sicuro che solo di questo si tratti.
Ah, se solo riuscissi a non essere ignorante, a non voler necessariamente fare le cose in grande, a non pretendere di voler conoscere tutto.
Ah, se solo fossi capace di raccontare anche solo un sentimento semplice, descrivere una paura, attingendo al vasto repertorio a me familiare, non foss’altro per averne vissute tante, di paure, e di viverne ancora, pressoché quotidianamente.
Non occorre che vada lontano, sono alla mia portata, lo avverto, non dovrei fare grossi sforzi, e anche questo forse l’ho già detto, e invece …
Potrei fare una doccia. In quest’estate atroce l’umidità mi sta sciogliendo. Ma non sarebbe meglio dire, ad esempio, che l’umidità non mi consente di respirare piuttosto che dire che mi sta sciogliendo? Fa caldo, certo, c’è un’afa che non so definire, il sudore si appiccica addosso, insieme ai pochi vestiti, e forse ottura i pori della pelle. Deve essere un problema di traspirazione, forse non ce n’è a sufficienza, non so, e soprattutto non voglio interessarmene. So solo, questo sì, che sto male, e che una doccia potrebbe aiutare, favorire uno scambio, un passaggio d’aria, non saprei, o forse ho bisogno di una pulizia più a fondo, eliminare gli eccessi, le non necessità. Forse sarebbe auspicabile maggiore sincerità, parlare chiaramente, una diversa apertura, una dialettica più essenziale. Forse.
Fossi più superficiale mi accontenterei, si fa per dire, di seguirla, con tutte le volte che mi ha invitato a fare la doccia insieme, sarebbe un buon modo di fare pratica, partendo da facili esercizi, una situazione concreta, piuttosto abbordabile, fattibile, in definitiva. Ancora, però, non riesco a staccarmi da certe regole che mi sono come autoimposto, senza capire tuttavia dove trovano fondamento. Mi sono ritrovato a rincorrere in ogni occasione le cose più difficili, come se non trovassi gusto per le cose semplici, forse anche banali, o che evidentemente considero tali.
Anna Chiara, vorrei dirti che non ho mai smesso di amarti, ad esempio. Ma non ho ancora acquisito la giusta confidenza, non solo col suo nome, anzi con i suoi due nomi, ma nemmeno col suo corpo, con la sua presenza, con la sua fisicità.
Vorrei confessarti che non ho mai smesso di amarti. Una frase come questa dovrebbe sorgere spontanea, e così la costruzione di un amore, e tutto il resto, come se mi trovassi a rivivere emozioni pressoché dimenticate.
Ma è come, allo stesso tempo, non so, un difetto di sperimentazione, non riuscire a permettermi più un lusso, quello di osare, inibito, in questo, da qualcosa di poco lucido.
Mi manca l’ebbrezza dell’ardimento, ecco, e non vorrei arrivare ad ammettere che mi difetta il coraggio dei sentimenti, ma spero di essere stato chiaro, non vorrei ritornare nuovamente sull’argomento, se non per proclamare una vittoria, che però, a quel punto, coinciderebbe con la fine dei miei sforzi, ed allora, non so, mi sento confuso, non sono del tutto sicuro di volerlo, di dichiarare di essere riuscito e, di conseguenza, di finire per sempre.
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