Lettori fissi

sabato 6 giugno 2020

Non so se voglio dirlo - 3


Sarò capace di venire fuori da questa confusione? Le domande sono il mio forte, le soluzioni un po’ meno. E tuttavia ci proverò, sono qua per questo. Altrimenti continuerei a leggere, e a non capire niente, senza dare l’impressione di essere in grado di fare alcunché. O forse suona meglio, che poi è lo stesso, dando l’impressione di non essere in grado di fare alcunché
Di domande ne ho tante, per lo più sotto forma di dubbi. È l’insicurezza, l’ho già detto, e ne vengono sempre di nuove, e forse anche questo l’ho detto, non ricordo bene. Di risposte, invece, non pervenute. Non me ne intendo, non riesco a trovarne. Quelle, o ce le hai, perché hai vissuto, altrimenti è difficile azzeccarle. 
Ma, dicevo, non ricordo, ed anche questa espressione, non ricordo, forse la mia preferita, e per questo la più ricorrente, è quella che meglio mi aiuta ad uscire da certe situazioni ingarbugliate in cui a volte mi ritrovo, senza nemmeno riuscire a capire come è successo. 
Sto per dire qualcosa, sto argomentando un’idea, sto speculando su delle ipotesi e, d’un tratto, perdo il filo del discorso, non mi raccapezzo più, non riesco a soddisfare le aspettative di un possibile interlocutore, ma nemmeno le mie. 
Allora, cosa c’è di meglio che tirare dal cappello a cilindro un non ricordo? Così me la cavo, almeno penso, con una semplice, ancorché non convincente, giustificazione. 
Del resto, la dimenticanza non si può mica giustificare. È così, uno non si ricorda più e, amen, non c’è niente da fare, e si passa ad altro. Gli argomenti di cui discutere sono talmente tanti, forse infiniti, che non si corre il rischio di restare senza parole.

Dunque, dovrei cominciare, cioè, vorrei essere capace di farlo. Sembra un paradosso, anzi no, un ossimoro, anche questo sembra suonare meglio, non foss'altro perché più vicino alla realtà. Che poi è quella che ho già annunciato, cioè niente di nuovo, che non sono capace di fare tante cose, fra cui questa, cioè cominciare. 
E però dovrò pur provarci in qualche modo, cercando di vincere le resistenze, soprattutto interne, quelle, cioè, che operano dentro me, che non so bene esattamente dove siano localizzate, ma so che esistono, so che esistono e lavorano mio malgrado. 
Perché quando dico dentro me, sto delineando uno spazio abbastanza circoscritto, al punto che, mi dico, per risolvere la questione, potrei giocare a disattivare volta per volta una parte di me, e vedere dove sta l’arcano, sempre che sia capace di farlo. Ma mi sembra un’impresa alquanto difficile, fuori dalla mia portata, forse anche impossibile.
Nonostante tutto, però, non vorrei rinunciare e dentro me significa il mio corpo, da cui non posso prescindere, questa cosa che a volte vedo distante, anche distaccata, come fosse il corpo di un altro, mi capita in tante occasioni, o forse no, sono io a farlo capitare, intenzionalmente, dico, solo che non posso trattarlo in tutto e per tutto come fosse il corpo di un altro, o di un’altra, ed allo stesso tempo conservare il mio. 
Sarebbe il massimo, forse, perché se anche fosse possibile, se anche ci riuscissi, allora sono sicuro che a quel punto richiederei, pretenderei dell’altro dal mio corpo e da quello dell’altro, o dell’altra, anche se non so bene esattamente cosa. 
Non arrivo, infatti, a pianificare più di un passaggio per volta nella trasformazione che potrebbe arrivare lavorando di fantasia. Non sono abbastanza allenato per questo, non ancora, e quando guardo indietro, non sono poche le occasioni in cui vedo che dentro questo corpo hanno agito più esseri, che adesso non riconosco e, forse, dovrei, o vorrei dire purtroppo. 
Non si tratta di una sconoscenza, di quelle veritiere, non è una metafora, al punto che, se mi trovassi di fronte a quel me stesso di tanti anni fa probabilmente non lo riconoscerei, né lui riconoscerebbe il me attuale, nemmeno nell'aspetto fisico. Non voglio intendere nelle caratteristiche morali, che, quelle non è difficile cambiarle, anzi, forse è la cosa più semplice. Ma non riconoscerne la faccia, il corpo, il fisico, la fisionomia, ecco, quello non deve essere per niente facile. 
Eppure, sono sicuro che per me sarebbe quasi normale non riconoscermi, così com'ero, non dico da bambino o da ragazzo, ma anche trenta o persino venti anni fa. Forse perché mi guardo con occhi diversi, e gli occhi, è vero, come si dice, sono lo specchio dell’anima, e la mia anima, se davvero ne possiedo una, ma dubito, semmai ne parlerò più avanti, un argomento che vorrei affrontare prima o poi, la mia anima è stata molto volatile, o quanto meno volubile, mutevole e, non avendo tenuto traccia di tutti i cambiamenti occorsi, non essendo stato capace di farlo nel momento in cui si presentavano, e comunque non avendolo fatto, la mia anima, quella del passato, al momento risulta un pianeta insondabile, qualcosa di inaccessibile, col risultato che ancora oggi continuo ad avvertire un rimpianto che non so spiegare, come di cosa perduta, un rammarico, forse, di dimensioni o atmosfere smarrite per sempre. 

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