Lettori fissi

venerdì 12 giugno 2020

Non so se voglio dirlo - 7

Per ritornare agli incipit, negli ultimi tempi mi sono ritrovato a scriverne alcuni che presupponevano, o forse prevedevano, lo sviluppo di una storia in cui il protagonista era impegnato nella conquista di una donna, per una relazione fatta essenzialmente di sesso, di carattere temporaneo, anche provvisorio, al limite una tantum. 
Non so se avete presente, di quelle del tipo toccata e fuga, quando va bene, altrimenti, tanto rumore per nulla. Forse farò una raccolta di questo materiale e impasterò il tutto con un collante generico, universale. 
Non conosco nessuno a cui chiedere un consiglio, farò da me, e questo non solo per l’elaborazione della storia, ma mi succede sempre, anche quando ho delle vere avventure, nella vita reale intendo, ma anche non avventure, anche nelle altre cose, di tutti i giorni. Non ho un consigliere, faccio da me, quando sono capace, e come sono capace. Il più delle volte sbaglio e, ovviamente, me ne accorgo a cose fatte. Anzi, a cose non fatte, perché spesso non agisco, e già questo è un errore, e lo capisco sempre in ritardo, quando non posso più rimediare, quando l’occasione è passata, e non c’è più verso di riprenderla o recuperarla. 
È allora che scaturisce una sorta di rammarico, ma ecco, io le inserirò senza preavviso le storie, o meglio, i loro incipit, è come quella cosa del non ricordo, a tradimento, forse, ma non me ne importa, o forse non so fare diversamente, confido nelle capacità di chi legge. È il rammarico, dicevo, di non essere stato in grado di convincerla, Anna o Chiara poco importa, di convincerla fino in fondo che di me poteva fidarsi, che con me sarebbe stata bene, meglio di quanto poteva aspettarsi. È anche il dispiacere di non aver fatto abbastanza per trattenerla, per non farla andare via, senza nemmeno aver capito perché. 
In fondo, il potere che avevo riposto nelle parole, nella mia capacità di persuasione, nella disperata ricerca di un punto di unione, tutto questo si è rivelata pura illusione, qualcosa che è sfumato al minimo soffio di vento e ancora non so capacitarmene. 
Tra noi due è finito tutto così in fretta, senza nemmeno il tempo di capire cosa stava succedendo, come se certe cose dovessero durare in eterno, così pensavo. E invece, con una naturalezza che ancora oggi, quando ci ripenso, mi lascia sconvolto, mi ritrovo da solo, a rimuginare su presunti o possibili errori che hanno condizionato la relazione, probabilmente fin dall'origine, fin da quando ho fantasticato di una nuova storia, finalmente una storia, come mai era successo prima, come mai avevo vissuto fino a quel momento. 
Perché, a pensarci bene, non ero mai riuscito prima a far spogliare una donna davanti a me, senza che facessi niente per, stavo per dire costringerla, ma sarebbe più corretto dire, per convincerla. Una che lo faceva solo perché aveva voglia di darsi tutta a me. No, mai avuto a che fare con una che, senza che chiedessi niente, si era mostrata completamente nuda, dicendomi espressamente, senza tanti giri di parole, Eccomi, sono tutta tua. 
Forse non c’ero riuscito nemmeno nel migliore dei sogni, non mi era capitato nemmeno nelle elaborazioni più fantasiose dei miei desideri, più o meno perversi. 
Poi, però, così come tutto è cominciato, allo stesso modo finisce, passo ad altro, uso un po’ di cemento e mi rivolgo ad altre storie, un altro incipit interruptus. Ecco, ormai questa espressione la sento mia, come nient’altro, mi si confà alla perfezione, un abito che non so levarmi di dosso, incrostato nella pelle e fin dentro le ossa, ecco, ancora, la virgola, un altro punto fisso della mia scrittura, alla fine di un pensiero, al termine di un respiro, sono portato a mettere una virgola, qualcosa a cui aggrapparmi disperatamente, per far continuare la storia, per ritrovarci un senso, come qualcosa che mi tiene in vita, che mi accompagna lungo un percorso sconosciuto, come se stessi riprendendo un discorso iniziato da tempo e dovessi continuarlo chissà per quanto ancora, e invece, ci sono delle situazioni in cui mi piacerebbe riuscire a piantare, una volta tanto, un bel punto, non solo un punto fermo, ma un vero e proprio segno di punteggiatura che determina la conclusione di un pensiero, un autentico punto e basta. 
Vorrei seguire un criterio nella selezione di opere incompiute. Ecco, anche i condizionali li uso spesso, di tutti i tipi, segno ancora di poca lucidità, di sicura incertezza, ma va bene così, vorrei seguire una strada già tracciata nella mia mente, ma so che non è chiara, e forse non esiste nemmeno. 
Se avessi un percorso da seguire probabilmente tutto sarebbe più semplice, questa immensa fatica non si ridurrebbe ad un continuo girare a vuoto, con la conseguenza di perdermi nella vaghezza dell’immaginazione. 
Ecco, penso che dovrei esercitarmi di più, per imparare ad immaginare, forse dovrei fare questo, perché le storie che scrivo, non solo non sono storie, ma sono per lo più legate alle esperienze vissute, e non vanno oltre il mio essere me stesso, e invece vorrei evadere, anche da me stesso, sperimentare forme di creazione nuove, almeno per me, e forse dovrei essere più generoso anche con il lettore, non guardare solo al mio compiacimento che, detto fra parentesi, non sempre c’è, e comunque mettere insieme episodi della mia vita, provare a legarli in qualche modo fra loro, ecco, è una presunzione che non riesco a superare, o a vincere, in nessun modo, che cioè questa operazione possa interessare a qualcuno. Ma è più forte di me, ed allora, vado avanti così, vado avanti lo stesso.

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