Lettori fissi

lunedì 8 giugno 2020

Non so se voglio dirlo - 5

Anna? Chiara? (non ho ancora deciso che nome darle), vorrei confessarti che sto male, perché ormai è tanto che non faccio l’amore. Ma non te lo dico, perché so già cosa mi diresti. Che anche tu stai male, stai male da una vita, perché invece tu non l’hai mai fatto.
Ecco, se proprio devo farlo, se proprio devo raccontare qualcosa, comincerei con un bell'incipit, anche se a dire il vero io sono contrario agli incipit. Questa convinzione nasce dal fatto che nel corso della mia attività, per così dire, letteraria, ne ho scritti tantissimi. Almeno ho provato, nel senso che quando li scrivevo ero sicuro che fossero degli incipit, che fossero cioè, ogni volta, il giusto preludio ad un romanzo, ad una storia, ad una narrazione strutturata. Insomma, ad uno scritto con un inizio, appunto, uno sviluppo più o meno credibile, accettabile, ed una conclusione, che prima o poi sarebbe arrivata. 
Il problema sorgeva quando, passata, ma vorrei dire conclusa, la parte iniziale, quando cioè pensavo di aver elaborato definitivamente l’incipit, il resto non veniva, né spontaneamente e nemmeno sforzandomi in qualche modo. E adesso mi ritrovo con una collezione di inizi di storie in attesa di uno sviluppo, rimasti sospesi in un equilibrio precario, aspettando che arrivi l’ispirazione per il prosieguo. E questa ispirazione non so bene da dove possa effettivamente giungere, né se c’è ancora tempo, se cioè posso sperare, oppure ormai (avverbio di morte) non c’è più niente da fare. 
A volte mi viene da pensare che un incipit è come un prodotto facilmente deperibile, con una data di scadenza, passata la quale non può produrre alcuna storia. Se non viene utilizzato, scade, e non se ne può più fare niente. E se davvero è così, allora io penso di averne fatti scadere tanti di incipit, ho continuato a scriverne per anni, con l’unico risultato di avviare un processo e non portarlo mai, o quasi mai, a compimento. Storie sconclusionate, o forse sarebbe meglio dire, senza conclusione, rimaste in un limbo eterno che nessun evento potrà mai sbloccare. 
Per questo, adesso che ho in mente di ricominciare concretamente a scrivere, mi trovo nella condizione di non sapere con esattezza se assumermi questo rischio, non so cioè se è il caso di osare. E non sembri strano che parli di rischio, perché potrebbe essere l’ultima volta, anche se questa cosa l’ho sentita dire spesso. Da me, intendo. Ho fatto tante volte di questi propositi. Ma adesso è diverso, nel senso che vorrei essere più serio, e rispettare gli impegni. O ce la faccio, oppure basta, lascio, rinuncio per sempre. Sento la necessità di essere ultimativo, costi quel che costi. 
Vorrei confessare un desiderio. Che ad ispirarmi fortemente sia lei, quel personaggio che ho in mente da un po’ e a cui presto darò un nome. Mi serve per proseguire il cammino intrapreso forse un po’ incautamente e che, sono certo, mi regalerà un’avventura che non dimenticherò tanto facilmente.

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