Lettori fissi

lunedì 15 giugno 2020

Non so se voglio dirlo - 10

Mi hanno consigliato di incastrarli all'interno di una storia tutte queste riflessioni, che diventerebbero così più credibili, forse anche più appetibili, o digeribili, o accettabili, non ho ben capito, altrimenti appare come un parlare a vuoto.
Ovviamente per me non è così. Comunque, mi piacerebbe indovinarla quella storia. Indovinare, sì, è proprio il termine appropriato, accoppiare forme e pur anche scampoli di fantasie, giustapporre architetture e bricioli di immaginazione, e coinvolgere qualcun altro, un osservatore esterno, personaggi minori, comparse eterogenee. La brulicante realtà, si potrebbe chiamare. 
Disbrigare innanzitutto tali formalità, e poi il resto, tanto altro ancora, pacchetti integrati di esperienze vissute da assemblare, fino ad arrivare alla conclusione, quella che verosimilmente può essere considerata una conclusione, che non è possibile conoscere se non quando si è prossimi alla meta, quella che si individua inequivocabilmente come tale, e che a quel punto non può più essere modificata, né rinviata. 
Tutto facile, sembra tutto facile, e forse lo è anche, ma non per me, non per questa arida scrittura al limite del maniacale, forse anche essenziale, di un’essenzialità che rinuncia ad ogni azione, quando invece, sì, tutto facile se avessi in mano il tutto, invece dell’indecisione più assoluta, invece della libertà inibitoria di scegliere l’infinito tra altre infinità, di optare per un mondo in un mondo senza confini. 
Ad esempio, penso di continuo a quello che Anna Chiara non mi ha mai voluto dare, senza tuttavia riuscire a definire gli ambiti di questo suo mancato dono. Sono certo che se glielo avessi esplicitato bene, se fossi stato in grado, a quei tempi, di spiegarle con chiarezza quali erano le mie intenzioni, o forse le mie esigenze, oggi non starei qui a lacerarmi per un rammarico che in certi momenti non mi fa vivere.
Ma perché il pensiero ritorna di continuo da quelle parti? È stato duro lasciarla, lasciarci. Non so se serve dirlo, che forse mi sono anche pentito, che avrei potuto farla vivere ancora per un po’. Dopotutto, ci stavo bene insieme, avrei dovuto insistere, lentamente, essere più paziente. Ma sono fatto così, la pazienza non mi appartiene, e non imparo mai dagli errori commessi, e così mi dissolvo tra le parole. La sensazione di disperdermi è sempre grande. 
Quanto vorrei ritrovarla, così com’era! È svanito un sogno, non so se di quelli ad occhi aperti, ma mi sembra di ricordare che quando guardavo davanti a me, lei c’era, era presente. Mi pareva di vederla, gioivo nel toccarla, godevo a baciarla, mi restavano i segni addosso, ne portavo le tracce, per tanto tempo, e ancora adesso, nel bene e nel male, continua a condizionare la mia esistenza. 
Non so come si chiama tutto questo, se ha un nome, se è meritevole di una storia. Non so se è vivere questo, se tutto questo mi fa vivere, mi farà vivere, ed eventualmente per quanto ancora. 

(Fine parte prima)

Nessun commento: