Può darsi che traspaia un fondo di pessimismo nelle cose che scrivo. Rimastico queste parole, senza però trovare una conferma. Non sono convinto o non voglio accettare questa verità. Perché un fondo di verità deve pur esserci. Più volte mi viene il sospetto che certe frasi possano suscitare un senso di cupezza che non riesco ad escludere quando parlo, tantomeno quando scrivo.
Parole che mi rigiro in testa cercando di afferrarne il vero significato, la portata che possono avere su di me e sulle azioni che voglio, devo, posso fare da qui fino alla fine dei miei giorni.
Spesso questa espressione finale mi lascia un po’ di angoscia nel cuore. Non sono capace di pensare a cosa resterà di me e, prima ancora, come sarà la mia vita fra un po’. Non tanto, a dire il vero.
Tutta questa voglia di riprendere la vita normale non è che ce l’abbia. Ma forse dovrei chiedermi cos'è la normalità. Non trovo risposte, e non solo adesso. È una vita che mi interrogo inutilmente su argomenti del genere. Perché dovrebbe essere diverso adesso? Il pessimismo rimane, non si è mai allontanato da me. È come un’aureola che mi circonda e circonfonde e di cui ormai ho come una sorta di paura, forse anche terrore, ad abbandonare.
Quando ci si abitua ad una routine non è semplice distaccarsene. Sarebbe qualcosa di diverso dalla routine, altrimenti, un intermezzo, una parentesi o una pausa di riflessione.
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