Lettori fissi

sabato 16 maggio 2020

Le menzogne del tempo - 5

Le parole pesate non danno conto di ciò che è stato, non sarò mai in grado di raccontare il mio passato, in nessuna forma, questo il cruccio più grande.
Così si perde la storia, la mia e quella di chi ho conosciuto. Quella, poca, che è stata, e quella, di più, che non è stata. Di quella che sarà, quanta?, vorrei non occuparmi, non pensarci, vorrei viverla, piuttosto, ma ho ben poca fiducia, oramai.
Non ho saputo riciclarmi in qualcosa di interessante, e la poesia, inutile passatempo, non viene in soccorso. L’idea, poi, che il domani sarà uguale all'oggi non mi arride per niente. Né riesco a trovare qualcosa che mi possa far compiere un passo per spezzare questa catena. Mi sento come dentro un gioco di specchi in cui perdo continuamente di vista l’oggetto da ricercare e la stessa ricerca. Di questo passo non so quanto potrò ancora durare a meno che non mi basti il vuoto di un niente.
Mi sforzerò di descriverlo, questo vuoto, nei modi che più si convengono ad una così improba impresa. Al massimo metterò in fila frasi inutili e altrettanto inutili pagine fatte di niente, o poco più, come fosse ogni volta la palestra degli ultimi giorni, di quelli assegnati a me per destino, o anche per caso.
Non so se riuscirà a ispirarmi, questo vuoto, o saranno risultati vani gli affanni, le lunghe ore, i giorni infiniti, un passaggio senza traccia, semplicemente esistenza sprecata.
Ma, pure, continuo a chiedermi come fare per esprimere tutto questo, perché un modo vorrei pur trovarlo, un modo purchessia, un nuovo battesimo, non certo esente da errori, ma qualcosa comunque che mi possa far dire, Ho vissuto un minuto, o pur anche un secondo, e non invece, solamente, Ho aggiunto ogni giorno un’arida goccia di niente al già sterile nulla.
Forse mi ha dato una certezza, questo periodo di isolamento, che non ho più bisogno di niente, cioè, come è stato, del resto, finora. Solo che adesso lo so, ne sono convinto, e forse sto meglio così.
Queste ore vorrei ricordarle, per questo ne scrivo, vorrei ricordare come non è per nulla difficile, come se non fosse niente, come se la vita non fosse niente davvero.
Non so a cosa potrà servire conservarne memoria, ma mi sembra che possa essere una buona certezza da cui ripartire. Ma ripartire per cosa?, per dirigermi dove? Sarebbe forse consigliabile chiuderla qui, non proseguire se è solo per dire sciocchezze, per sommare alle tante già esistenti altre ancora banalità. 
È che scrivendo, solo così, mi sento un po’ vivo. Per il resto è come se fossi già bell'andato da un pezzo. Però, questi anni che restano, qualcosa dovrò fare. Penso proprio di dedicarli, quando ormai sarò vecchio, più vecchio, intendo, di adesso, di dedicarli a ricordare qualcosa che oggi non ho più con me, che è scomparso, e che, col tempo, col passare degli anni, come pure di dice, sarà più facilmente presente. La memoria di cose lontane, mi divertirò a evocarle così come vengono, e a ricordarmi cos'ero, com'ero. Non so cosa me ne farò, ma mi parrà almeno di avere vissuto, di essere stato qualcosa, qualcuno.
Probabilmente qualcosa di non molta utilità, ma con gli anni forse le idee saranno più chiare e potrò alfine così dire, Non è che sia stato del tutto memorabile, ma in qualche modo l’ho vissuta, la vita.
Ma la felicità? Sarò in grado di trovarne un frammento sia pure un attimo prima del definitivo respiro, così da poter dichiarare, anche se per un breve momento, Sono stato felice?
Mi confesserò come meglio so fare, scrivendo, cioè, e non è detto che verran fuori verità veritiere. Tutto è possibile quando si è prossimi al patibolo, o comunque alla fine, declinata in un modo qualunque.
Non ho pratica di assoluzioni, al massimo resterò peccatore e dannato in eterno.

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