Un chiurlo, ma dev'esser ben altro che un semplice uccello, emette una nota monotona e mi riporta al presente. Cosa potevo sapere di quest’oggi a quei tempi? Erano giorni in cui mi perdevo a rincorrere sogni o, peggio ancora, utopie, a chiedermi, Chi sono?, a indagare il futuro. Com'è chiaro, le risposte non c'erano, non uguali a ciò che poi è stato.
Il presente è propizio per rinchiudermi ancora di più e non perdo occasione, sono pronto, ormai, da una vita. E il futuro di oggi è ancora più incerto. Forse è questa la cappa che opprime di più, l’incertezza di una vita già appesantita, non solo dei momenti presenti, senza tempo, senza vita. C’è tutto quello che è stato che non mi convince, e non mi conforta, i segmenti pregressi, come del tutto estranei a me stesso.
A volte penso a come sarebbe bello poter ripartire, ma il pensiero non sa andare più avanti, capire, cioè, come volevo che fosse, come volevo che fossi. Non sono solo le parole a mancare, è l’immaginazione a farmi difetto, ciò che non sono stato non è stato per sempre, e non sembri affermazione banale.
I punti di vista alla fine si allacciano, come in un gioco di enigmi. La figura che ne esce è una sintesi che non sempre si riconosce, tanto meno si apprezza. Quel che resta è un consumo di anni sprecati, o perduti, come i giorni che stiamo vivendo, per paura di una causa invisibile.
Non molto è cambiato per me, lo capisco dopo un breve raffronto, ma non so se meglio il prima che è stato, o l’adesso che è niente, il prima, quando qualcosa poteva sbocciare, o l’adesso che non è niente di niente, il prima, una finta per vivere, o quest’oggi, che mi azzardo a non volere più niente.
Ma forse questo niente è stato quello che a conti fatti ho cercato da sempre. Non so spiegarmi altrimenti le strade intraprese fuori dai percorsi tracciati, alla ricerca ogni volta, per spirito di pura rivolta, di alternative che comunque han prodotto ben poco.
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