Quella di Saposcat è la prima delle storie che ha in mente
di scrivere, e ci prova anche, ma senza grandi risultati.
Si annoia, non ricava soddisfazioni, qualcosa non va per
come vorrebbe, non capisce cosa, deve prestare maggiore attenzione, dovrà
riflettere di più.
Prova a ripartire, a definire il personaggio, i suoi amici,
i genitori, il contesto in cui si muove, a creargli un passato, ad immaginare
una vita, a fugare dubbi, a rispondere a quesiti. Si prende gioco di questo
personaggio, ma si lascia anche adescare, condurre per mano, invaghito delle
sue sollecitazioni e fantasie.
Ho paura di perdere il filo del discorso, a forza di seguire
i ragionamenti di questo malato, di questo paziente, mi verrebbe da dire, perché
per immaginare storie così, per costruirle, ci vuole davvero molta pazienza, ma
ancor di più ne serve per seguirle, per star dietro ai suoi intricati pensieri
e fantasiosi ragionamenti.
Deve tornare a riflettere, a fermarsi un attimo, per trovare
l’energia necessaria per riprendere a ragionare. Adesso frugo un po’ nelle mie cose, per mettere ordine nelle mie
idee altrimenti che mi seguirà più?
Mi capita a volte, mentre leggo, di pensare di aver colto un
segnale di non difficile lettura, o di comprensione non immediata, e penso che
forse sto dando un’interpretazione alquanto inverosimile a quanto vado
leggendo, lontana dalle reali intenzioni dell’autore, una visione solo mia, la
mia immaginazione sembra che riesca finalmente a seguire quella di chi ha
creato quelle pagine, che possono apparire astruse, ma solo di primo acchito, perché
ad una successiva ed attenta lettura, anzi no, dopo varie letture, qualcosa di più
o meno chiaro all'orizzonte comincia ad apparire.
Ma poi, quando la concentrazione comincia ad andare via, allora
i pensieri sfumano, le idee svaniscono, la chiarezza viene meno, ed occorre
ricominciare di nuovo dall'inizio della frase, del paragrafo o della pagina.
Ecco perché ho bisogno di tempo per leggere Beckett.
Nessun commento:
Posta un commento