Aveva cominciato a piovere. Una
pioggia minuta, quasi timida, ma che presto divenne insistente.
Istintivamente bestemmiò, una
reazione incomprensibile, inspiegabile. Salì in fretta le scale e si avviò
verso il primo piano di una casa di cui conosceva solo la facciata esterna, la studiava
ogni volta che andava a trovare la madre, di domenica, appuntamento fisso che
non trascurò nemmeno quando finalmente si decise di sottoporsi ad un intervento
al fegato o da qualche parte là vicino, aveva scelto di farsi ricoverare di
lunedì apposta, per non mancare il consueto appuntamento con il ragù del giorno
del Signore e le deliziose polpette calde come antipasto che l’avevano
accompagnato per tutta l’età giovanile. Ancora adesso non sapeva farne a meno.
La pioggia lo infastidiva sopra ogni
cosa. Pur di non rovinare il Borsalino che aveva ricevuto in regalo in
occasione del suo quarantesimo compleanno da una nuova fiamma, l’ultima di una
ragguardevole serie, si era infilato su per quelle scale senza sapere dove lo
avrebbero condotto.
La curiosità mista ad una sensazione
o piuttosto timore di fare una magra figura, mi spinsero a seguirlo. Forse
avrei avuto anch’io l’occasione di scoprire un mistero che mi aveva tenuto
occupato per anni, soprattutto d’estate, allorché la bella stagione mi
consentiva di sdraiarmi comodamente sul balcone ed ammirare il paesaggio
urbano, insieme agli esseri che orbitavano attorno a quel condominio. Mi si
sarebbe svelato un mondo nuovo.
Finsi anche di cercare le chiavi di
casa nel fondo dello zainetto nero e simulai persino un po’ di incazzatura, per
gli infiniti oggetti che contribuivano ad appesantirlo, decine di floppy di cui
ignoravo il contenuto, erano anni che me li portavo dietro, spostandoli ogni
volta che cambiavo borsa o zaino, penne di vari colori tante che ormai non
scrivevano più e che avevano di certo visto giorni migliori, fogli con appunti
di ore, giorni, mesi andati, ormai l’unica testimonianza, un giorno ricostruirò
la mia storia, metterò insieme episodi dimenticati o che ritenevo
irrimediabilmente andati perduti, per riscoprire il passato, il mio, non
ricordo più, apro istintivamente lo zaino per cercare altri elementi, anche uno
zaino può contribuire al mio progetto, non serve andare molto lontano, mi ha
seguito in mille strade, mi ha aiutato in momenti difficili, anche questa volta
non mi ha tradito, mi restituisce le chiavi di casa quando l’uomo è già di
sopra, non ha sospettato nulla, posso continuare ad agire indisturbato,
osservando le sue mosse, senza correre il rischio di essere smascherato.
Devo fare attenzione ai suoi
movimenti, anche i più piccoli, quelli che all’apparenza sembrano
insignificanti. La verità ha mille volti e si può nascondere dappertutto. Non
devo lasciarmi sfuggire l’occasione. Non si affrontano le scale solo per
preservare un cappello, sia pure un Borsalino, sia pure un regalo di quella
donna appena conosciuta, che comunque prometteva bene, avevo già fatto tanti
progetti, tante idee in testa che tuttavia non riuscivo a prevedere né a
seguire. Era anche per questo che avrei fatto di tutto per non lasciarmelo
scappare.
Avevo dunque un motivo in più ma non
volevo trascurare gli stimoli che mi avevano dato forza fino ad allora, la
forza di vivere, anche se può sembrare una parola grossa, però ormai non faccio
più distinzioni tra le cose che mi vengono spontanee anche perché penso siano
le più importanti, ai più svariati propositi e fini.
Non potevo lasciarlo agire,
lasciargli l’iniziativa, dovevo intervenire, pesantemente.
Lo studio dell’atrio attraverso i testi
di arredamento, d’arte, di architettura, poteva fornirmi un valido aiuto.
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