Lettori fissi

lunedì 1 luglio 2019

Cara amica - 3

Cara amica, mi piacerebbe uscire fuori dai confini. 
Mi sono svegliato con questo pensiero oscuro, con questa frase in testa. Evidentemente di notte si è fatta strada e si è mantenuta in posizione di pausa fino al risveglio, fino a svegliarmi. In attesa di manifestarsi del tutto. Di uscire. Precisamente dai confini limitati della sfera dell’incoscienza, per palesarsi come una necessità prima ancora che come un invito. 
Sì, vorrei valicare i confini del lecito, quando penso a te, quando parlo di te, quando mi rivolgo direttamente a te perché non so farlo quando mi sei vicina. E allora vorrei dirti tante cose, a partire da quelle due parole che non mi escono, Ti amo, di cui un giorno forse riuscirò a capire il vero senso, l’autentico significato. Per poi proseguire, e provare a spiegarti qual è il modo in cui effettivamente mi piacerebbe amarti. 
La lenta trasformazione dovrebbe avvenire dentro me. Non riesco a coinvolgere nessun altro. Quando ci provo perdo il senso dello stare al mondo. E non c’è nessuno che possa aiutarmi in questo.
Vorrei parlare con te oppure raccontarti in qualche modo i nostri dialoghi.
Ma penso che occorra recuperare un po’ di amore, almeno un po’. Perché ci possa essere amore, mia cara amica, devo rinvenire la possibilità di scrivere una storia. Forse non l’avevi capito. E come potevi? Non ti ho mai parlato della mia passione. Col tempo è diventata qualcosa di più coinvolgente. Al punto da succhiarmi ogni briciolo di energia. Non vedo il mondo diversamente. 
Tu fai parte di questa storia, un personaggio di un romanzo senza fine. Talmente dentro che anch'io non riesco più a trovare la via d’uscita. Ho paura di abbandonare questo mondo. Non vedo niente fuori. Niente di degno di essere vissuto. Per questo vorrei stare con te. Adesso ci sei tu. Adesso sei la mia morte. Non so vivere senza di te. Mi capita spesso, o forse sempre. Ho bisogno di annullarmi come essere per poter ricominciare altrove. Non sto bene in questa vita. Non sto bene in questo mondo. Ho bisogno di fissare questi momenti. O potrei non incontrarti mai. Mai più. Per questo ti sto scrivendo. Sento nascere dentro me questo intreccio che riesco a sbrogliare solo raccontandoti.

A volte la menzogna è la più grande verità. O se non esattamente la più grande, per lo meno quella più accettabile. Ci faccio i conti di frequente con questa convinzione. E alla fine mi accorgo che si tratta di calcoli esatti, sia pur con una certa approssimazione. Quel margine di errore, l’idea di correggere le sbavature e le imperfezioni è ciò che maggiormente mi dà la forza di continuare. La prospettiva, cioè, di non dover più seguire l’esempio degli altri, ma di fare finalmente di testa mia, di assecondare solo le mie idee. Segno che dovrei averne ancora qualcuna degna di essere perseguita.

La menzogna è quello che vivo quando penso di essere con lei e che invece, anche quando ce l’ho di fronte, è come se non esistesse perché se anche ci parlo, se anche mi parla, sto pensando ad altro, sto cercando di capire come fare per trovarle un posto o un ruolo nella storia che ho in mente. 
La menzogna è non vivere proprio mentre sto vivendo. Sperimentare una dimensione diversa da quella in cui sono immerso. Tutto questo io lo considero un grande imbroglio. Imbroglio sono io, imbroglio è lei, imbroglio sono gli altri, chi assiste a questa scena, imbroglio chi sta scrivendo questa storia, imbroglio persino chi la sta leggendo o si appresterà a breve a farlo.

(continua) 


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