Si è abbassato il sipario sulla mia vita, troppo presto. Un
sabato mattina di gennaio, questo pensiero mi ha svegliato, me lo sono ripetuto
svariate volte durante la notte trascorsa da poco, ha attraversato i tanti
sogni che hanno abitato il sonno, si è introdotto nei gangli nervosi fino a
concretizzarsi come una certezza che non so più tacere. Dovevo trascriverlo,
solo così forse smetterà di tormentarmi, solo così potrò archiviarlo come
qualcosa di cui ho preso atto, per poter passare ad altro. Un tempo, almeno,
era questa la soluzione, agivo così, come fosse possibile rimuovere una verità
incontrovertibile, ma adesso no, non è facile, questo non è uguale ad altri
pensieri, questo è un attentato alla sanità mentale, da oggi niente sarà più
come prima, troppe le confidenze e le confessioni esternate negli ultimi giorni
per pensare che possano passare inosservate, e tutte in poco tempo, non sarà
una coincidenza, la depressione si sta facendo strada in me e si sta
impossessando dei miei organi vitali, lo sento. Me ne accorgo dal momento che
non sono più in grado di controllare le parole che pronuncio, i concetti che
esprimo, le conclusioni a cui pervengo e che manifesto apertamente ormai
davanti ad amici, veri o virtuali che siano, a parenti, a conoscenti, e non più
solo a me stesso. Forse è un modo per difendermi, un estremo tentativo di
arginare l’avanzata di quella che chiamo depressione, in mancanza di un termine
più appropriato alla situazione che sto vivendo. Pensare che parlarne possa
aiutarmi a capire cosa sta succedendo, a vedere in faccia la realtà e così
poterla affrontare, provando a cambiarla.
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