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La resa
Jelena Lengold - La resa - Voland
venerdì 14 giugno 2024
Di un amore lontano
Se tutto fosse svelato fin dall’inizio, però, non avrei alcun interesse a proseguire nella lettura.
Faccio fatica ad andare al di là delle parole esibite. Per questo cerco di stare attento quando leggo. Faccio di tutto per non distrarmi. Spesso rileggo anche, illudendomi che così facendo possa riuscire a penetrare nella mente di chi scrive.
Solo che presto cominciano ad affiorare dubbi e allora mi pongo tante domande. Per esempio, quale potrebbe essere l’età di un uomo giovane? Ed è importante saperlo?
E le risposte? Spero arrivino prima della fine. Ma va bene anche alla fine.
È sceso da un pullman, su questo non ci piove. Se si tratta di dar credito a queste prime frasi il gioco si presenta facile. Ma devo stare all’erta. Le insidie si possono nascondere dietro ogni angolo. Non sono ammesse distrazioni.
Questo tipo si aggira come per scoprire una meta. Non è chiaro se conosca già la destinazione o si lascerà andare ai pensieri, se si farà trascinare dall’estro del momento o incontrerà qualcuno che gli darà un suggerimento su come arrivare nel luogo che intende raggiungere. Sembra indeciso, ha le idee confuse e forse non conosce nemmeno la meta finale.
Mi viene in mente che forse dovrei andare in suo soccorso, ma non è che sappia come muovermi. Ho bisogno di qualche altro dettaglio per elaborare un primo aiuto. Sento che presto scenderò in campo anch’io.
È stanco, ancora debole, e non solo per il viaggio. È appena uscito da una lunga convalescenza, avrà senz’altro bisogno di assistenza.
E se mi sostituissi completamente a lui, a questo viaggiatore, se così posso definirlo, e mi lasciassi trascinare dai propositi di chi sta scrivendo questo racconto?
Eccomi, pronto a mettermi a sua disposizione, sebbene mi sembra che anche quello che scrive, nemmeno lui abbia le idee tanto chiare su come far andare avanti la storia.
Cioè, anche lui sembra si faccia guidare dal caso, dalla contingenza o dalla ‘precarietà delle situazioni stabili’. Così definisce le circostanze che sta vivendo, ma non mi convince molto.
Ho difficoltà a capire quale parte interpretare, se quella del primo viaggiatore, che di tanto in tanto scompare alla vista, oppure quella di un segugio, uno che vorrebbe seguirlo senza farsi notare, al solo scopo di soddisfare una curiosità che col volgere delle pagine sta aumentando a dismisura.
In ogni caso, mi ritrovo su un tram, ovviamente lo stesso tram su cui sta viaggiando anche lui. Ormai non posso lasciarlo. Stavo per dire, ormai non posso lasciarmi. Ho l’immagine di una sovrapposizione, corpi che si compenetrano fino a diventare uno, o che arrivano a scambiarsi finanche l’anima.
Mi siedo davanti a lui. È come se ci conoscessimo da sempre, due amici che si sono ritrovati dopo tanto tempo e che cominciano a rievocare vecchi ricordi, nel tentativo di far rivivere storie dimenticate, quasi perdute.
Sapete cosa penso? Che vi state facendo un’idea sbagliata di me, e forse non avete tutti i torti e per un motivo molto semplice, e cioè che anch’io ho le idee un po’ confuse non solo su di me, ma soprattutto su come continuare questa storia.
Mi viene da pensare che sarebbe bello, per esempio, a questo punto, introdurre una donna, così da cercarla, mettermi alla sua ricerca, seguire i suoi passi. Una di cui ho poche notizie. Sento, però, che potrei venire a conoscenza di particolari che mi consentiranno di definirla chiaramente.
E il viaggiatore, quello che ho incontrato nelle prime pagine? Forse scomparirà nel nulla così come dal nulla si era palesato. Oppure lo incontrerò più avanti. Una decisione che prenderò più in là.
Per adesso la mia attenzione è rivolta a quella donna. Non devo distrarmi, devo fare attenzione a non farla andare via, come se ci conoscessimo da tanto tempo. Non deve essere un problema attaccare discorso, anche se sembra una ragazza nel fiore degli anni, abbastanza giovane, comunque più di me. Niente di più difficile, dal momento che io, ormai, giovane non lo sono da molto.
Forse la incontrerò davvero un giorno. Vorrei vivere per lei, essere determinato a raggiungerla e seguirla in capo al mondo. Uno stimolo di questo tipo potrebbe tornarmi utile, fornirmi una ragione di vita.
Quel viaggiatore, intanto, l’ho mai perso di vista? L’ho forse scartato come idea necessaria allo scopo, quello di condurmi in qualche modo a lei? Meglio non affrettare le conclusioni. È preferibile che sia lui a impegnarsi nella ricerca.
Per questo è entrato in un hotel a chiedere di lei. Scopre subito però che non è là e forse non vi è mai nemmeno entrata. A questo punto questo viaggiatore, sì, sto parlando sempre di lui, si dirige verso un albergo più modesto, che potrebbe chiamarsi anche Ritz, uno frequentato da minatori, dove prende una camera doppia.
Provo una certa ritrosia a introdurre quella giovane donna. Non sarebbe difficile ritrovarla al mio fianco mentre attraverso le strade e le piazze di questa città. Un semplice atto di volontà ed eccoci insieme.
Non so quanto potrà durare l’illusione ma vorrei incontrarla anche nella realtà, non solo in quella che mi sforzo di creare.
Ho come l’immagine di un ponte lontano che un giorno unirà i nostri destini, il ricordo di qualcosa di già visto, o di già letto.
Vorrei dirti che ti conosco, mio inarrivabile fiore. Sì, che ci siamo già visti, anche se non ricordo il tuo nome, e che un giorno attraverseremo un ponte, tu da una parte, io dall’altra, e ci incontreremo esattamente nel centro di quel ponte, il luogo ideale per la realizzazione di un desiderio a lungo sognato, recuperare una storia perduta, incontrarti tra le pagine di un diario lontano.
giovedì 18 aprile 2024
Destinazioni
Serena, o forse Carla,
mentre ti leggo provo a figurarmi la tua immaginazione, la
tua capacità di immaginare, il momento esatto in cui cominci a scrivere per
dare forma alle idee che ti crescono dentro, arrivate chissà da dove e covate a
lungo prima di sbocciare.
Ti seguo mentre parli, cerco di cogliere finanche le
sfumature più sottili dei tuoi pensieri, dei tuoi sottintesi, al punto da
identificarmi in tutto e per tutto con il destinatario delle tue confessioni.
È a me che ti stai rivolgendo, è con me che stai parlando.
Non so come sia avvenuto questo passaggio, come si sia insinuata in me questa
convinzione. Se siano state le tue parole a catturarmi, a trovarmi predisposto
ad accettarle, ad accoglierle.
Non so se abbiano questo potere, se sia stata tu a dotarle
di quella proprietà, come una magia celata che mi ha stregato e adesso non so
cosa fare. Non sono in grado di affrontarle, tantomeno respingerle.
È da te, con te che vorrei ripartire. Non ti sembra vero,
sono sicuro che non te l’aspettavi e adesso ti toccherà rivedere le fondamenta
del tuo romanzo, dovrai creare altre destinazioni per i tuoi pensieri. Oppure
rassegnarti a concederti a me, alle mie bizzarre ancorché improduttive
fantasie.
Mi verrebbe da rivolgermi a te iniziando la frase con
l’attributo che solitamente si usa in questi casi. Cara. Ma voglio evitare la
triste cacofonia accostandolo al tuo nome, e allora ne scelgo un altro, Cara
Serena, e mi sorge spontaneo il dubbio se abbia qualche diritto di entrare
nella tua vita, nella tua intimità.
Eppure, proseguendo nella lettura mi sembra che le tue
storie mi invitino a farlo senza alcuna reticenza.
Come valutare altrimenti le narrazioni dei tuoi rapporti con
Paolo, un mio alter ego? O un semplice pseudonimo? Anche se ti avrei tenuta
tutta per me e non ti avrei mai portata in un luogo di perdizione, se così
vogliamo considerare taluni posti dove si praticano scene di sesso multiplo o
promiscuo. O forse sì, chissà.
Non ho capito quanto di te ci sia nel tuo personaggio. Forse
solo frivole fantasie, quelle che ancora riesco a permettermi, a concedermi.
Continuo a immaginarti mentre solleciti l’immaginazione.
Forse non è un grande scotimento, forse è solo un recepire i sussurri
provenienti da una storia che qualcuno ha scritto per te.
E la mia parte in tutto ciò qual è, se pure ne è stata
prevista una degna di questo nome?
“Non bisogna
pretendere che il nostro prossimo sia disposto a guardare l’inferno che
portiamo dentro”
Non possiedo nemmeno una piccola porzione della tua capacità di
inventare i ricordi. Mi fa difetto quell’immaginazione che invece in te si
trasforma in fiume straripante appena poggi la penna sul quaderno. Così ti
vedo.
Non riesco a starci dietro e non riesco più a immaginarti,
come pure accadeva quando leggevo le prime pagine del tuo diario.
Sei già troppo avanti rispetto a me. Attenta a mille
particolari, che per te hanno ancora un senso.
Io, al contrario, non sono interessato ai dettagli. Vado
subito al sodo. Do tutto per scontato. Cioè che chi legge non abbia bisogno di
un quadro più chiaro di quello che vagamente di solito abbozzo.
Sono altre le cose che mi aspetto che un lettore richieda da
me.
E da te, cosa mi aspetto? Che tu sia serena, e non solo di
nome. Che apprezzi le mie sincerità, non ti nascondo niente, che insegui le mie
aperture nei tuoi confronti.
Le tue parole sono un castello costruito con tessere
perfettamente giustapposte. Mi ci inoltro con l’intento di decifrare formule
arcane. I tuoi slanci mi fanno venire il capogiro.
“Con te sono stata
serena”, ho letto, illudendomi che fossero parole rivolte esclusivamente a me.
Mi sono perso dentro le tue storie. Ed è stato un perdermi
lento in una dolce vertigine.
"Quel che è sicuro, è
che c’è un’immagine che non mi ha mai lasciato. Poco importa, ormai, sapere da
dove provenga, se dalla realtà o dalla fantasia”.
mercoledì 20 marzo 2024
Orfane bianche
lunedì 4 marzo 2024
Quella è calda.
Quella è calda, basta vederla e ti accorgi subito che le schiumano le fregole da tutti i pori. E io che mi facevo problemi, sempre mi sono fatto di questi problemi perché chissà che cosa pensavo, è questo che vuole?, ma per chi m’ha preso, a soreta, a mammeta e via discorrendo, questa invece, non ci sono dubbi, non potevo sottrarmi, c’ha un culo che mi canta le serenate a scena aperta, e io resto imbambolato ad ascoltarla, con quei pantaloni neri e stretti, poi, hai voglia quante cose farei, c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Qualsiasi cosa, non si faccia problemi a chiamare, ma mi è venuto subito in mente che di problemi non me ne sarei fatti proprio, anzi, sto qua a completa disposizione, come mai mi era successo. Questa tipa è il miracolo fatto donna, e proprio a me stava capitando. Che fortuna!
Entri, non stia sulle scale, faccia come se fosse casa sua, la invitai a entrare con la scusa del pagamento dell’affitto, come se quel monolocale che avevo preso per qualche giorno non fosse effettivamente casa sua. Per questo si era messa a ridere. Ma secondo me già pregustava l’avventura con lo straniero. Certe donne si legge in faccia le voglie che hanno, non sono capaci di nasconderle quando proprio non ce la fanno più, e che so, scemo?, non me la faccio scappare affatto.
Possibile che non faccio in tempo ad aprire la porta che questa qua già sta pensando a spogliarsi? Mi ha preso di sorpresa, non ero per niente pronto, e chi se l’aspettava una storia del genere? Mica capita tutti i giorni, perché quando vedo una femmina il primo pensiero che mi viene è quello, se poi ci si mette anche lei, allora la cosa è bell’e combinata. Non per discolparmi, ma questa stavolta ci ha messo proprio del suo. Non che sia una colpa avere voglia di scopare, intendiamoci, ma è giusto dire come stanno le cose, cioè, come sono andate, io me ne stavo per i fatti miei, è stata lei che mi ha chiamato.
Io non è che so contarle bene le cose, tutti i pensieri ce li ho dentro, ma all’occorrenza provo a farli uscire solo che non sempre vengono come vorrei e perciò c’ho bisogno di spiegare meglio le cose. Che poi, mi dico, non è che li devo spiegare a qualcuno i miei pensieri, basta che li so io, però certe volte mi gira l’uzzolo di cedere e se qualcuno mi chiede come è andata con quella, allora invece di inventarmi su due piedi una storia, me la vado preparando, che così sembra che è stata una cosa realmente accaduta, e non mi chiedo nemmeno se quello ci crede o no, l’importante è che sembri una storia verosimile.
Se c’è qualcuno che mette in dubbio i miei pensieri, perché mi fa una domanda a trabocchetto, cerco di prendere tempo, di arrampicarmi sugli specchi, senza però darlo a vedere. Sembra che mi debba giustificare di qualcosa, sto sbagliando tutto. Facciamo allora che non ho detto niente di queste ultime riflessioni e torniamo a quella là.
Dov’eravamo rimasti? Che il mio birillo si era già intostato prima ancora che si spogliasse del tutto, altro che non ero preparato! Io no, ma lui appena sente odore di fessa non sta a perdersi certo in chiacchiere. Così lei si butta sul letto, spalanca le gambe e si mette a aspettare. Che faccio?, mi mollo ovviamente, anche perché nel frattempo lei non è rimasta molto a guardare, sembrava non aspettasse altro, ha preso il mio coso e se l’è infilato dritto dritto là dentro, in mezzo alle cosce, sembrava un’ossessa e com’era vorace, al punto che mi sono chiesto se dovevo temere per la mia virilità. Non si sa mai in questi casi, è bene guardarsi alle spalle, ma anche… le palle. Ma andò tutto bene, anzi benissimo, andò come non era mai andata.
Non saprei come raccontarla questa storia imprevista. Forse sono quelle che riescono meglio. Non è stato soltanto uno spingersi e un tirarsi addosso l’un l’altra. Le ho schiacciato le tette ma senza farle del male, tutt’altro, pareva godesse ogni volta che affondavo i denti in quei bottoncini, che sembravano di ebano e di altri colori, per quanto erano duri e chiazzati a causa dei morsi. Era un piacere anche per lei, che gridava, erano proprio voci di piacere, non c’erano dubbi, perché più li stringevo e più ne voleva.
Era affamata, insaziabile e anch’io, che non sono mai stato un campione di resistenza, in quell’occasione tutto è andato in maniera perfetta. Più affondavo e più mi sembrava di averne, la forza la prendevo anche da lei, che assecondava le spinte come per una danza in cui il ritmo cresceva in maniera direi parossistica.
Dove l’ho trovata la forza ancora non riesco a spiegarlo. Temevo persino che il cuore, ma anche altro, potesse scoppiare, il fiato non c’era più ormai, tutto si svolgeva in un’apnea delirante. Non sapevo di essere in grado di tanto. Anch’io provavo dolore, o forse mi confondo, non solo nel ricordo, perché quando l’ha preso in bocca, durante una pausa, ho rischiato davvero di vederlo mozzato per sempre. Succhiava e strappava anche coi denti, come se dovesse scuoiare un coniglio con fauci possenti. Era comunque un dolore piacevole, frammisto con fasi di voluttà mai provata prima.
Era calda, altro che, caldissima, e il letto si stava smollando da quanto veniva sollecitato. Se ad ogni cliente riservava un simile trattamento avrebbe dovuto cambiare l’arredo ogni volta. Di certo dovrebbe aggiungere una tassa sul materasso insieme al prezzo della stanza, ma questo nella pagina delle prenotazioni online non poteva scriverlo, o solo come una voce extra che, semmai, avrebbe illustrato lì per lì al momento della consegna delle chiavi.
Ma perché mi sto perdendo dietro inutili particolari? Stavo così bene con quella e si mettono in mezzo questioni venali. Ho ispezionato tutto il suo corpo, i suoi orifizi, e anche lei ha fatto lo stesso con me, con la lingua e non solo. Anzi, il corpo ormai era solo un accessorio pressoché inutile. Non lo sentivo più, c’era altro che mi dava piacere, altro che non saprei descrivere, il corpo era un tramite, tutto passava attraverso di esso.