Lettori fissi

mercoledì 8 maggio 2019

Grande Era Onirica - 3

Lo sai che sto investendo su di te? Non dico il tempo. O non solo. La senti questa responsabilità? E ti imbarazza la cosa? Oppure ti inorgoglisce?
Dopo questa trasformazione ancor più di prima mi piacerebbe scoparti ed anche essere scopato da te. Vorrei essere la tua donna, anche se non riesco ad immaginare la scena. So solo che da oggi in avanti anch'io vorrò essere depresso, prendere di questi farmaci che ritardano l’eiaculazione. Voglio durare per sempre, vivere un eterno orgasmo con te. Chissà come sarebbe.
Vorrei tradurre questo romanzo. Cioè avrei voluto ritrovarmi di fronte ad un testo scritto in una qualsiasi lingua straniera da volgere in italiano, nel mio italiano, cioè, come lo intenderei, o meglio, come lo interpreterei io. Invece le parole le capisco quasi tutte e lo spazio che rimane per l’immaginazione è alquanto angusto al punto che mi tocca fare uno sforzo enorme per strappare una conquista, per ottenere un qualche vantaggio dalla lettura.
Voglio diventare te, forse non l’hai capito ancora. E forse è anche normale questo desiderio, non vedo altro modo per possederti. 

Sto usando tre quaderni diversi per dialogare con altrettanti libri e relativi autori e autrici. A volte però mi confondo e scrivo nel quaderno sbagliato. Immagino un momento in cui tutto si mescolerà. La mia mente è già un caos unico.
La barriera di libri attorno a me mi sta avvolgendo giorno dopo giorno, cresce a vista d’occhio. Presto sarò sbattuto fuori da questi invasori molesti. Casa occupata sta facendo il suo effetto. Insieme al libro dell’inquietudine, ai disturbi luminosi e a tutti gli altri lavori che raccontano i malesseri e le depressioni.
Mi sto coerentemente chiudendo dentro un bozzolo da cui non spunterà nessuna farfalla nonostante, o meglio, a causa delle infinite trasformazioni che, però, non porteranno da nessuna parte. Sono semplicemente precisamente infinite, ed anche incessanti, interminabili.
La Grande Era delle Metamorfosi Ricorsive.

Io questo libro vorrei mangiarlo. Impastato con un po’ d’acqua, o ancora meglio con del vino, per rendere più morbide le pagine, e anche più appetibili. Dentro me, alla fine del processo, qualcosa resterà, il mio corpo tratterrà ed assorbirà qualche elemento, non lo espellerà del tutto. Chissà in quale punto andrà a piazzarsi il bolo residuo. So che me lo porterò con me per un bel po’. 
Quante pagine saranno necessarie per un pasto decente? Sto provando a fare due conti per capire per quanto tempo riuscirò a farmelo bastare prima di comprare un’altra copia, oppure prima di cambiare cibo, o pietanza, o pasto, o ricetta, o ingredienti, o manicaretto, o vivanda, o alimento, o chissà cos'altro.
Strana impressione quella di sentirsi attraversare il corpo da un libro, sia pur ridotto a poltiglia, e avvertire il lento passaggio da un organo all'altro delle frasi, sentire le voci dei personaggi che ti rimbombano dentro, che vengono risucchiate in un turbinio di borborigmi lungo un tratto dell’intestino tenue, filtrate e distillate dai reni e infine espulse insieme all'urina che per l’occasione fluisce nera d’inchiostro, macchiando di chiazze un po’ erudite le pareti del water e producendo uno zampillo a forma di parole che scrivono una nuova storia, dopo l’ennesima trasformazione.
Temo che entrerò a tal punto in confidenza con te che fare sesso sarebbe quasi un atto incestuoso. Oppure una masturbazione permanente. Forse dovrei allontanarmi un po’. Almeno il pensiero. Perché per altro, non ti ho molto presente.
Anch'io fingo che non sia così. La differenza è che la mia esistenza si svolge in attesa praticamente da una vita. 
Vorrei poter dire, adesso ho incontrato te, adesso ho conosciuto una che mi può capire. Adesso comincerò ad uscire con lei, adesso potrò costruire una storia, non solo inventare. Una storia vera, con persone, non personaggi, con materia, non pensieri, con sostanza, non fumo. 
Io non saprei ritornare al mio passato, nemmeno in maniera irregolare. Giusto qualche vago ricordo, niente di ben articolato. Cioè, non so se ero io.
Cosa mi sta dando? È cambiato qualcosa in me da quando giro e rigiro ossessivamente questo libro tra le mani? Sto cercando la mia strada. 
So che, una volta dato alle stampe, un libro non appartiene più a chi l’ha scritto. O non solo. E ogni lettore in quel libro cerca qualcosa che lo avvicini sempre più a se stesso. Assume che quel libro sia stato scritto solo perché possa trovare la strada giusta. 
Io sto ancora cercando. Non so se mi renderò conto di averla trovata qualora dovessi riuscirci davvero. Sarà una strada percorribile? E la destinazione finale? Come sarà questa trasformazione? Potrei riempirmi di domande più di quanto pieno non lo sono già, e di dubbi, e di incertezze. 
Non ho una strada da seguire, ne sono sicuro, nonostante provi ad illudermi, non ho una storia da raccontare, nemmeno stralci di passato. Vivo alla giornata. Vivo alle pagine che riesco a leggere dalla mattina alla sera, a volte anche di notte. Non una strada da percorrere che non siano le pagine dei libri, di questo libro, che, chissà perché, mi ostino a leggere, anche se non mi sta dando niente. 
Ma, sono niente queste parole che fuoriescono senza regole? Forse il mio corpo si sta faticosamente liberando delle tossine accumulate negli anni. È il senso di questo vomito. Sarà questa la tanto agognata trasformazione? Aspetto, prima di cantar vittoria. Prima di verificare che sono diventato altro da quello che ero fino a poco tempo fa, quando ancora non avevo scoperto questo libro.
Avrò fatto bene, mi chiederò alla fine, a impiegare il poco tempo rimasto dedicandomi al resoconto delle grandi ere oniriche che questa tipa mi sta subdolamente propinando? Oppure sarà stato un altro fallimento, l’ennesimo investimento sbagliato?
Vorrei capire soprattutto quando arriverà la fine. Nel frattempo le ho inviato una mail in cui ho raccontato alcune idee, no, impressioni, no, considerazioni, no, proposte, insomma, un po’ di tutto questo, qualcosa che è venuto fuori dalla lettura del suo libro. 
Avevo scritto qualche pagina e non riuscivo a tenermela solo per me, volevo condividerla con qualcuno e in questi giorni il mio interlocutore è lei e non ho trovato di meglio da fare che metterla a parte dei miei progetti, di tutti quei pensieri che ho formulato leggendo il libro. Un dialogo a distanza. Con un account, per adesso, un avatar più o meno anonimo, un’epifania che tarda a manifestarsi, o che si palesa soltanto nei miei sogni turbati, per niente sereni. 
Passo le mie giornate su internet ed è quasi impossibile non incontrarla. Non è una frase mia, però si attaglia bene al caso e me ne sono appropriato visto che è arrivata nel momento più opportuno. Non importa che i riferimenti siano altri, questo testo è una scusa, o piuttosto un pretesto per avvicinarmi sempre più a lei. Anche nel senso di approssimarmi fisicamente.
Quello che mi interessa è assorbire finanche i suoi modi di dire, i suoi comportamenti, fino alla completa giustapposizione. 
Quel libro lo sto scrivendo. Da quando te ne sei liberata, affidandolo alle stampe, me ne sono impadronito con un’autorità a ben vedere più che giustificata, se non altro per tutto il tempo che sto dedicando all'impresa della lettura, e anche per l’intensità con cui mi sto cimentando ad interpretare ogni singola tua frase, nonostante i propositi iniziali. Penso sia il minimo.
Io, questa Marta, non importa quale, comunque vorrei essere io. Vorrei conoscerla, incontrarla. Non so bene per farci cosa e nemmeno in quale dimensione. So solo che vorrei possederla, ma non so come. Mi attira e allo stesso tempo mi irrita. C’è qualcosa di poco chiaro che mi porta verso lei. 
Non sempre ho coscienza dell’incoscienza con cui mi spingo a fare di queste dichiarazioni. In alcuni momenti mi sembra di leggere una Kinsella qualunque. Se questo paragone ti offende sappi che non ho mai letto niente di quella scrittrice ma immagino che abbia poco a che vedere con la grande letteratura. 
Avrei voluto ritrovarci, non dico Beckett, non dico Borges, non dico Cortázar, che, questi sì che li ho letti, ma da qui a dovermi accontentare di un argentino che fa lo psicoterapeuta ce ne vuole. Che delusione! 
Neanche uno straccio di Saramago che, pure, da quelle parti ci è passato e si è anche ispirato per scrivere un romanzo. Che doppia delusione!
O forse quel prenderti sottogamba dei primi momenti non era esattamente un inganno?

(continua)

Marta Zura-Pontaroni
GRANDE ERA ONIRICA

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