Non bastano gli occhi per vedere questa città, anche perché non saprei da dove
iniziare, e non so nemmeno quanto tempo mi serve per riuscire a farmi un'idea
di cosa significhi vivere a Venezia, non lo sanno i turisti che ci passano
pochi giorni, non lo sa nemmeno che vi trascorre un mese, per lavoro o per
studio, devi essere nato pesce per capire, o devi essere nato isola, o anche
gabbiano, ecco, se fossi un gabbiano potresti capire tante più cose, me lo
disse gracchiando poche note stridule, come se fossi in grado di percepire
il gabbianese, ma non capisci che viviamo su pianeti diversi, noi due non
possiamo intenderci mai, ma non ero del tutto sicuro di quello che avevo appena
finito di dire, forse non avevo colto il vero senso del suo pensiero anche se,
a ben vedere, quando mi guardava con quei suoi occhi grandi era come se si dispiegasse
davanti a me un’enciclopedia da cui potevo trarre infinita ispirazione per la
mia attività preferita, e forse stava proprio in questo il senso del suo
messaggio e questo per me era una cosa del tutto inaspettata, mi riempiva di
un'emozione che non riuscivo a contenere, che si manifestava con versi
spontanei, ma anche per mezzo di concetti che non sapevo di poter esprimere, o persino
con interi periodi che non mi appartenevano e che invece adesso sentivo miei,
grazie proprio alle voci rauche che uscivano dalle bocche, o forse sarebbe
meglio dire dai becchi, di quegli animali da sempre disprezzati o anche solo
dileggiati, immagina se riuscissi ad ottenere la stessa cosa anche dagli altri
uccelli, o da altri animali, queste parole gliele dicevo o forse le sentivo
pronunciare, girando per le calli che non avrei mai imparato a conoscere e
individuare, così da potermi orientare senza fatica, senza finire cioè in un
vicolo cieco, anche se di vicoli non ve n'erano, era strana quella città, in
alcuni momenti mi veniva voglia di voltarla sottosopra, solo per la curiosità
di vedere cosa ci stava al posto dei sotterranei, e per capire dove sarebbe
andata a finire tutta quell'acqua, incredibile, come si può pensare di vivere
in un posto così assurdo, al limite delle capacità umane, io di certo non
potrei resistere più di qualche ora, e quando poi provo ad orientarmi non ci
capisco nulla, finisce che sbaglio sempre, anche quando mi ostino stupidamente
a seguire le indicazioni di qualche vecchio veneziano, o quando mi impunto
perché voglio a tutti i costi trovare quel tal locale consigliato dalla guida
che stoltamente ho comprato e che ancor più stupidamente cerco di seguire, senza
capire che a Venezia non c'è un inizio e una fine, è una città ricorsiva, puoi
provare a girarla in ogni verso e direzione ma non ci capirai mai niente, o
meglio, il tempo che ritorni da dove sei partito e quella non la ritrovi più
dov'era o com'era prima, fa presto Venezia a rigenerarsi, e così la gente che
ci abita, e anche quella che la visita, per questo quando voglio allontanarmi
dalla realtà, quando voglio ritrovare il gusto dell'immaginazione, della
fantasia, del sogno anche, non mi resta che venire da queste parti, io mi
presto a questo gioco, con convinzione, da una parte ci sono io, che mi
rigenero al solo pensarla, dall’altro la città che mi dona la forza di
scrivere, ed è davvero un dono, se a distanza di anni dall’ultima volta che
l’ho visitata, sto ancora qui a parlarne come fosse stato ieri, o meglio, come
se stessi passeggiando per le calli affollate per il Carnevale, o per la
Biennale, o comunque perché sono a Venezia, e la gente qui ci viene in tutti i
periodi dell’anno e non c’è al mondo altra città uguale, ma forse questa me la
potevo risparmiare, tanto è così per tutto e per tutte le città e però, Venezia
è davvero unica, anche se non so spiegarlo con altre parole ma dovete credermi,
fa parte dell’accordo, per il solo fatto che sono io a dirlo, altrimenti,
perché siete stati a perdere il vostro tempo a leggere quanto ho scritto fino a
questo punto?
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