Lettori fissi
giovedì 29 maggio 2025
Tango a Porto
video della presentazione di Tango a Porto https://youtu.be/WW_5jhaBsoI?feature=shared
sabato 10 maggio 2025
Tango a Porto
Grazie a Gianni Barone che ha letto Tango a Porto, edizioni Qed, e ne ha scritto in questi termini.
Antonio Danise, Tango a Porto, Qed 2025.
Conosco almeno una decina di scrittori che apprezzerebbero molto questo breve romanzo di Danise. Uno fra tutti, l'argentino Fernando Bermúdez. E conosco anche tantissimi lettori che ne rimarrebbero estasiati, quei lettori che cercano nei libri interrogativi, riflessioni sui flussi del destino, sul senso della vita, sulle strategie delle trame, sulla dialettica realtà / immaginazione, e soprattutto cercano valore letterario.
"Tango a Porto", oltre a rispondere a precisi canoni della letteratura ( monologo interiore, intertestualità, citazionismo, metanarrazione) è figura simbolica anche di certe funzioni dell'ottica. Il libro è come uno specchio che riflette altri libri, sia quello di Lobo Antunes che fa da spunto alla narrazione, sia un romanzo precedente di Danise, "La signorina Maria", una sorta di interfaccia, con la figura femminile di Sofia di questo romanzo che esisteva già nel precedente nelle ossessioni erotiche che girano nella mente del narratore come un nastro di Moebius. Ma è anche uno specchio che riflette il mero atto di scrivere di Danise, come se l'autore stesse scrivendo su una superficie riflettente e osservasse, staccata da sé, la propria scrittura nell'atto stesso dello scrivere. È chiaro che il flusso mentale si moltiplica per gemmazione, si creano divagazioni ma allo stesso tempo vengono tenute sotto controllo. La scrittura di Danise è come un fiume, spesso ci sono macigni (ossessioni, psicosi, sensi di colpa) che ostacolano il fluire; si creano allora dei flussi laterali che poi si ricompongono in un andare e venire della scrittura, in un allontanarsi dal tema centrale e a un ricongiungersi. Tutto si tiene in questo breve ma denso romanzo, tutto confluisce: libri, autori, personaggi di libri, memorie, storie, altri libri dello stesso autore. Vi troviamo il rimosso che riaffiora, ma ancora non del tutto messo a nudo. Le realtà vengono a volte travisate a seguito di specchi deformanti o di ottiche che non riescono o non vogliono mettere perfettamente a fuoco; c'è un gioco continuo tra verità e finzione, tra realtà e immaginazione.
Ma il miracolo di Tango a Porto, in questo panorama di iperletterarietà, è che non troveremo nessuna esibizione, nessun esercizio di stile, nessun freddo né calcolato espediente tecnico. L'abilità, il talento autoriale di Danise, risiede nell'usare la scrittura come un flusso di pensieri che ha precedenti colti nella nostra letteratura novecentesca. La trama, anche se è un pretesto per l'interessante congegno letterario costruito da Danise, è assolutamente accattivante e ricca di richiami per chi ama il Portogallo, la letteratura e i luoghi di quel paese.
"Tango a Porto" è stato senza ombra di dubbio uno dei più stimolanti romanzi che io abbia letto in questa parte dall'anno, e voglio ancora una volta rendere merito alla casa editrice Qed per le capacità di saper intercettare e proporre ai lettori opere e autori di sicuro valore.
venerdì 9 maggio 2025
Tango a Porto
In occasione dell'uscita del mio nuovo libro, dal titolo Tango a Porto per le edizioni Qed, pubblico una lettura dell'amico Pasquale De Luca.
Arrivato a Porto, l’incontro con Sofia – la donna che gli affitterà l’alloggio per la settimana del convegno - suscita immediatamente nel protagonista una forte attrazione fisica e mentale. Questi sette giorni sono dominati dalla figura di Sofia, mentre il convegno sulla letteratura portoghese rimane sullo sfondo. Rientrato a casa, il narratore non fa che pensare alla donna portoghese e prova l’intenso desiderio di scrivere un romanzo su di lei, con la convinzione che scrivendone, e solo scrivendone, quell’esperienza sopravviverà. Ma in realtà quello che aumenta e si consolida nel suo animo è la confusione fra il ricordo reale e la reinvenzione dei fatti e delle persone che la sua mente va elaborando, con l’inevitabile conseguenza che il turbamento interiore finisce per ricondurlo, come a chiusura di un percorso circolare, allo stato di infelicità e impotenza esistenziale di cui era prigioniero prima del soggiorno a Porto.
Sofia è entrata prepotentemente nella testa del protagonista ed è oramai diventata una vera e propria ossessione. Lui avrebbe bisogno di parlare, di sfogarsi, di confidare i suoi problemi esistenziali – la moglie malata, l’incapacità di fare scelte e mettere costanza e tenacia nelle cose – ma non ha nessuno con cui aprirsi. Vorrebbe scrivere in modo organico una storia intorno alla settimana trascorsa a Porto ma non si sente pronto, non ha le idee chiare. Allora si mette a raccontare solo di Sofia, di come l’ha conosciuta, di quello che c’è (o sogna che ci sia) stato fra di loro. E lo fa navigando fra verità e immaginazione, coinvolge nel gioco il lettore e mischia le carte rendendo suggestivamente incerto se stia raccontando la vera storia di quei sette giorni a Porto con Sofia oppure se la stia reinventando.
In “A morte de Carlos Gardel”, il romanzo di António Lobo Antunes di cui l’io narrante ha parlato al convegno letterario a Porto, domina il tango perché il protagonista Alvaro è un uomo infelice (abbandonato dalla moglie, non amato dal figlio, si isola dal mondo ed è) ossessionato dalla musica di Carlos Gardel, grande compositore e cantante di tango. A dispetto del titolo, invece, in “Tango a Porto” la musica che domina non è il tango bensì il fado. Non che se ne parli espressamente nel testo, intendiamoci, ma le pagine dalla prima all’ultima trasudano saudade (di cui il fado è l’espressione musicale suprema), quel sentimento difficile da poter definire, ma che sicuramente include in dosi variabili il rimpianto, la malinconia, la nostalgia, il desiderio di ciò che non c’è (più), lo struggimento per l’assenza. Del resto l’io narrante di “Tango a Porto” ad un certo punto evoca apertamente una “atroce saudade che paralizza la mia esistenza quando penso a lei, a Porto, al portoghese, che amavo ascoltare quando giravo per la città!”. Ma non c’è alcuna contrapposizione fra il tango del titolo e il fado che risuona nel testo, perché l’autore riesce a far convivere l’intensa passionalità del tango e la struggente malinconia del fado.
Quello che maggiormente determina la qualità letteraria di questo pregevole romanzo di Antonio Danise è la cifra stilistica, una scrittura avvolgente, connotata da un monologo interiore accorato, a tratti straripante, alternato a pagine di narrazione più agile e veloce. Uno stile efficace e suggestivo che a momenti si fa vero e proprio flusso di coscienza che scorre come un torrente in piena e la scrittura spalanca al lettore la porta d’accesso ai processi interiori dell’io narrante, denotando una forza introspettiva che rimanda a “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo. Ma è soprattutto a un altro autore che la lettura di “Tango a Porto” mi ha fatto pensare, a Giuseppe Berto e alle poderose pagine de “Il male oscuro”. Non tanto per l’assonanza, a tratti sorprendente, del monologo interiore – che è e resta pur sempre una tecnica di scrittura – e nemmeno per la cauta allusione alla funzione terapeutica della scrittura (“Tango a Porto” non evoca alcuna nevrosi né la “lunga lotta col padre” che segna il capolavoro di Berto), quanto per l’intensità emotiva dell’atmosfera, uno spleen assai ben rappresentato che riesce a stabilire fin dalla prima pagina una relazione empatica con il lettore.
L’analisi del mondo interiore del protagonista (sogni, ricordi, frustrazioni, rimpianti, rimorsi, sensi di colpa e di inadeguatezza) prevale sulla narrazione di azioni ed eventi, i luoghi e le descrizioni appaiono specchi dei suoi tormenti interiori e questo fa sì che “Tango a Porto” possa a buon diritto essere considerato un romanzo psicologico, di cifra marcatamente intimista.
Un romanzo che consiglio a tutte/i coloro che amano la buona letteratura.
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