Lettori fissi

mercoledì 20 febbraio 2019

Vorrei descrivere un momento


Poter dire finalmente “ho vissuto un momento di felicità”. Vivere una vita intera per quel momento. Un momento è un attimo. Oppure può durare di più.
Si usa questo termine per identificare una porzione di tempo non precisamente definita. Può essere più o meno lunga. Ma anche un momento breve, brevissimo, di felicità può essere sufficiente per riscattare una vita di miseria, di tristezza, di insoddisfazione. Vivere per quel momento.
Adesso vorrei descrivere un momento. Adesso descrivo un momento. Ma è già passato. Deve essere stato uno di quei momenti brevi, passeggeri, che non te ne accorgi nemmeno.
Stai lì a pensarci e, via, se ne è già andato, e allora? Devo pensarne uno un po’ più lungo, più duraturo, che mi dia il tempo di riflettere e pensarci, per inventare un brano di momento, così che possa restare nella storia.
Stanotte dormirò sul divano. Ho bisogno di stare vicino ai miei libri. Forse così potrò trovare l’ispirazione per descrivere un momento, quello giusto.
Ma quando leggo non faccio solo quello, cioè, non seguo solo l’andamento della narrazione e la storia raccontata. Vado sempre oltre, cerco di trovare un qualcosa che sta dietro le parole, che sicuramente c’è, ci deve essere, e anche se non c’è io lo voglio trovare lo stesso.
Così leggo più libri in uno. Quello scritto e anche quello che c’è ma non si vede o che non c’è del tutto. C’è che, però, io devo approfittare subito a cogliere tutti questi aspetti, tutte le versioni, direi, piuttosto. Altrimenti, se me ne faccio sfuggire qualcuna, poi mi tocca ritornare indietro. Insomma, diventa un lavoro, anche pesante. Faticoso, cioè.
Devo stare con gli occhi ben aperti. O con la mente aperta. Tra gli occhi e la mente spesso si instaura una relazione di contiguità e allora succede che agiscono in simbiosi. Ecco il motivo della reciprocità. Uno vale l’altro. Quasi due gemelli. La mente è più veloce degli occhi. Così dovrebbe essere. Leggere con la mente porta più lontano che leggere con gli occhi. Quando leggo sono molto più avanti col pensiero rispetto a ciò che vedo con gli occhi. Le parole hanno una forma e spesso mi soffermo ad osservare i disegni che compongono sulla pagina.
Questione di impostazioni tipografiche, certo, ma mai come in questo caso si può applicare il detto che anche l’occhio vuole la sua parte, interpretato in maniera farsesca, teatrale, cioè intendendo per parte il ruolo che vorrebbe giocare, come dovesse recitare su un palcoscenico la parte di un copione.
Sì, anche gli occhi recitano. Ne sono pressoché convinto.



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