Gli occhi, i suoi occhi. Pensavo di parlare con lei, mi sbagliavo. Le parole non seguivano una logica, né tantomeno un discorso di senso compiuto, almeno non ne avevo coscienza.
Dovrei preoccuparmi forse quando parlo, per il timore di dire cose che potrebbero compromettermi, che potrebbero arrecarmi un qualche danno.
Non che abbia dei segreti da mantenere. Ma è che non ce la faccio a concentrarmi in quello che dico quando ho i suoi occhi davanti ai miei occhi. Mi stregano, forse si verifica un fenomeno del genere. Qualcosa che mi attrae irresistibilmente e che non lascia spazio ad altro. È più forte di me.
Così comincio un discorso, anche partendo da battute formali, le solite cose che si dicono in occasione di un incontro mancato o mancante da tanto tempo, forse ormai anche insperato, e pian piano mi perdo dentro i suoi occhi, perché quando parlo la osservo, cioè i miei occhi girano intorno al suo sguardo, oppure il mio sguardo fa un giro, come un’ispezione, attorno ai suoi occhi, forse in cerca dei suoi occhi, una forza incontrollabile mi porta a concentrare la vista solo e soltanto nei suoi occhi. Non ho ancora capito bene come funziona questa vista, cioè, se l’occhio destro si sofferma sul suo occhio sinistro, e quello sinistro sul suo destro, oppure ciascuno dei miei occhi ha una visione completa tale che entrambi osservano contemporaneamente i suoi. Non deve essere una faccenda di poco conto. Mi sembra che saperlo abbia una sua importanza che però non saprei quantificare.
Io comincio a parlare ed ho una visione di insieme del suo volto. A volte, ad esempio dopo pochi secondi, sento quasi l’esigenza, o la necessità, ma non saprei dire quale di queste due eventualità, se di questo si tratta, sia più impellente, di distrarmi, di volgere lo sguardo altrove, per non restare infatuato e bloccarmi del tutto.
Allora, arriva come un’ancora di salvataggio una distrazione provvidenziale, tanto per allentare la tensione, per innestare una marcia più adeguata nel percorso che intendo intraprendere, e a quel punto posso ricominciare a fissarla negli occhi, o giù di lì. Magari non direttamente negli occhi. Cioè, per ricominciare può andare bene anche una sbirciatina con la coda dell’occhio, ma non saprei di quale dei due, ad un orecchio, o al labbro superiore, ma penso che la cosa possa funzionare anche se osservo quello inferiore o persino la fossetta sul mento quando non addirittura lo spazio tra le labbra ed il naso, che se poi noto qualche peluzzo sfuggito alla ceretta, o un rossore conseguenza di una piccola ferita, ecco che allora la distrazione raggiunge il massimo ed a quel punto potrei tranquillamente riprendere a fissarla per un bel po’ senza rischiare di cadere in qualche incantesimo.
Ma dopo tutto questo argomentare ancora non ho capito di che colore sono i suoi occhi, cioè, a forza di perdermi nell’ispezione dell’iride, della pupilla, delle palpebre, delle ciglia, le sopracciglia, i coni, i bastoncelli e chissà quali altre particelle pressoché invisibili, perdo di vista, è il caso di dirlo, ciò che mi ero proposto di fare, riportare cioè il dialogo che ho avuto con lei in quell’occasione e tutto quello che ne è seguito.
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