Me ne stavo a casa a leggere. Ogni volta qualcosa di diverso.
Raccoglievo pensieri dalle pagine sparse dei libri che iniziavo, poi
interrompevo, riprendevo, confondevo, impastavo, facevo lievitare in idee senza
senso.
Poi ricostruirò una storia.
Confrontavo le frasi che emergevano dal sonno che, pesante,
incombeva non appena accendevo una lampada. La luce artificiale mi oscurava la
vista.
Facevo uno sforzo tremendo per rimediare qualche parola,
poche frasi di senso compiuto, che il giorno dopo mi toccava ricostruire,
interpretare, giustapporre con quanto avevo già scritto, per farle combaciare
con le mie aspettative, con il sogno di ritrovare Mara, o Sara, o chi per lei,
o di incontrarla al bar, per fare colazione insieme.
Ho ricevuto dei buoni consigli la notte appena trascorsa, ma
non so chi ringraziare per questo soccorso, sta di fatto che lei mi aspettava,
come se ci fossimo dati appuntamento.
Era già seduta al tavolino giusto di fronte alla vetrina delle
paste. Per me un cornetto ripieno di marmellata di albicocca, lei preferiva la
crema, e poi un caffè, un cappuccino ed una storia tutta da inventare, ognuno
la sua parte.
La mia durava lo spazio di un respiro, che cercavo di
trattenere più a lungo possibile. Lei era più sciolta, parlava rapidamente,
ripetendo i concetti ogni volta con le stesse parole, come un disco incantato,
di quelli di una volta.
La crema fluidifica i discorsi, rende scorrevole la
conversazione, facilita la confidenza, agevola la vicinanza. Di questo era
convinta.
Ho voglia di baciarti, aspetto che sia tu a dirmelo, a
chiedermelo, a propormelo, non è il mio ruolo, non fa parte della mia parte.
Mi immedesimo con cautela nella sua identità. Non vorrei
commettere errori grossolani.
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