Non me ne ero accorto. Avevo tutto davanti a me e mi stavo
lasciando sfuggire un’occasione d’oro. Gli elementi per una storia interessante
c’erano tutti, ma a volte, una leggera disattenzione, una lieve distrazione, e
tutto passa senza lasciare un segno.
Non so com'è successo, ma mentre stavo chiudendo il portone
d’ingresso, o per meglio dire il pesante cancello che dà sulla piazza, mi ha
attraversato la mente qualcosa di non ben definito ma comunque sufficiente per
richiamarmi al mio dovere, quello che ormai considero l’unica attività a cui
dovrei dedicarmi se davvero vorrò dare un senso a questa vita da tempo ormai
vuota e priva di significato.
Ovviamente sto parlando della scrittura. Sì, perché è di
quello che ormai dovrò nutrirmi in questi anni che mi restano, non ho altri
interessi, o non riesco a trovarne, se non nel tentativo di inventarmi nuovi
mondi che diventeranno nuove avventure, nuove esperienze di cui poter parlare
ed all'occorrenza evocare, un coniglio che tirerò a sorpresa da un cappello a cilindro
che troppo a lungo è rimasto nascosto ed inoperoso. Dicevo che si erano
accumulate in poco tempo delle occasioni che al momento non ero riuscito a
cogliere, e chissà dove si erano perse, ma che sono tornate in superficie, o
alla luce, proprio quando sono uscito in strada, come se questo passaggio dalla
parte del cortile interno del palazzo all'aria fresca del mattino che circolava
per tutta la piazza avesse risvegliato in me chissà quali antichi ricordi ma
che di antico avevano ben poco dal momento che la padrona di casa l’avevo conosciuta appena
un’ora prima, insieme alle due figlie, ai tre cani di varie dimensioni e colori
e al gatto che non avevo ancora visto ma che era nascosto in qualche angolo
remoto della casa, spodestato e spaventato dall'intrusione nel suo spazio di un
nuovo ospite.
Faceva sempre così, all'inizio se ne stava rintanato nella
sua cuccia e quando cominciava a prendere confidenza con la gente diventava
difficile tenerlo distante, pretendeva la sua abbondante dose di carezze dal
malcapitato di turno, come prezzo per avergli limitato lo spazio vitale.
La stanza che mi era toccata in sorte era piena di libri. Mi
trovavo bene in uno spazio del genere. È come se attorno a me si fosse elevata
una sorta di barriera di protezione. E se anche non conoscevo gran parte degli
autori, avvertivo come una sensazione che potevamo diventare amici o che in
ogni caso non avrei avuto difficoltà a starci insieme anche solo come semplici
conviventi.
Quanto agli animali che si aggirano per la casa, devo solo
stare attento che non entrino in stanza, soprattutto quando sono a letto, a
dormire, o anche solo a riposare. Non sopporto che se ne vengano in silenzio e
comincino a leccarmi le mani, i piedi. Per non parlare poi della faccia, è una
cosa che detesto, è più forte di me. Ecco, questo è uno dei pochi motivi per
cui potrei fare del male ad un cane.
Cari amici, siete avvisati, state alla larga da me, e
comunque non leccatemi, potreste avere delle sorprese a dir poco spiacevoli. Ma
basta anche di meno. Non è solo il fatto di leccarmi. Devo stare attento anche
a quel gatto. Se lo lasci fare, se mi distraggo un attimo, quello salta sul
letto e in poco tempo la coperta si riempie di quei fastidiosissimi e
schifosissimi peli che occorre una fatica disumana per toglierli, non se ne
vanno via facilmente, è un lavoraccio che mi tiene impegnato per ore di nervoso
lavoro senza peraltro ottenere grandi risultati, per cui, anche tu, caro il mio
gattino, tieniti alla larga, perché potresti avere anche tu una brutta
sorpresa. In un’ondata di terribili incubi l’avevo già visto giocare
divertendosi con i miei sneakers appena comprati, lasciando evidenti graffi su
gran parte della superficie della pelle che ormai pendeva a brandelli ai lati
di ogni scarpa. Stai attento che se solo ci provi non avrò nessuna remora ad
aprire la finestra e farti volare dal balcone giù nel vuoto per tutti e quattro
i piani, augurandomi fra l’altro di fracassarti quando ti schianti contro il
duro marmo che ricopre il marciapiede. No, mi dispiace per te, se mi sfiori le
scarpe non avrò pietà.
È questo il tono che volevo tenere con gli animali che si
aggiravano per la casa, non avevo nessuna intenzione di cedere o scendere a
compromessi, ognuno per sé e Dio con tutti. Non ricordavo precisamente il detto
e me l’ero riadattato così, il senso alle parole ero io che dovevo e volevo
darlo, non mi importava di niente. Pazienza che non capivano la lingua che
parlavo, però per queste cose non serve la conoscenza di particolari nozioni.
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