In tutto questo mondo qual è il mio ruolo? Il mio compito? Solo osservare, o c'è dell'altro? Intanto prendo nota di ciò che mi circonda. Mi lascerò guidare dagli eventi.
La storia c'era tutta. Dovevo solo svilupparla. Non doveva essere un lavoro complicato. Girare tra i banchi del mercato, dove trovare di meglio? Afferravo un brano di discorso e lo facevo mio, lo piegavo ai miei scopi. Anche l'occhio vuole la sua parte. Non l'ho mica inventato io questo detto. Chi l'ha pensato doveva avere le sue buone ragioni per farlo. Ma sono detti che risalgono all'origine dei tempi. E adesso me lo ripetevo, perché suonava bene, ed erano gli occhi, benché supportati dagli occhiali, che mi avevano fatto notare quella tipa. Doveva venire da qualche paese dell'America del Sud, i tratti erano quelli, intenta a osservare un indumento intimo, che girava e rigirava tra le mani come per immaginare come poteva starle addosso. Era una canottiera bianca, con dei ricami nella parte superiore, che favorivano una trasparenza evidente, funzionale a far intravedere a un eventuale osservatore il reggiseno sottostante. Mi aspettavo che mi chiedesse un parere, era visibilmente indecisa se acquistare il capo, mi ero avvicinato di proposito, perché era evidente che aveva bisogno di un consiglio, si vedeva da come volgeva la testa a destra e a manca senza essere in grado di prendere una decisione, di fare una scelta. Per questo genere di indumenti non era previsto il cambio. Una volta comprato non potevi restituirlo e prendere qualcos'altro se non ti stava, o se cambiavi idea. L'avviso era ben visibile, scritto a caratteri cubitali su un cartello che non lasciava dubbi. Forse era questo che tratteneva l'india da un acquisto affrettato. Aveva bisogno di tempo, di valutare bene, per non commettere errori.
Ma non è solo di scene simili che mi servo. Prendo spunto anche dalle frasi che leggo nei libri. A volte da un romanzo non distillo che poche parole, che tuttavia reputo sufficienti a giustificare il prezzo pagato per l'acquisto. Mi accontento di poco, mi verrebbe da dire, e mi dispiace per lo scrittore che, chissà quanto ha impiegato a scrivere tutte quelle pagine per me praticamente inutili, o quanto meno inutilizzabili, inutilizzate, o sottoutilizzate. Ci sarà di certo qualcun altro che saprà apprezzarle, com'è giusto che sia.
Dei discorsi che intercetto per strada o delle frasi che reputo interessanti quando leggo non è che abbia idea immediata di come utilizzarli. Sono cose che arrivano quando meno ci penso. Registro tutto e a tempo debito si ripresentano come un conto da pagare, senza che riesca a capire o a ricordare quando avrei contratto il debito. Queste cose non hanno una spiegazione logica apparente. lo non sono in grado di trovarla e, a dire il vero, ci ho anche rinunciato, ormai,
Quando mi guardo allo specchio non devo rispondere a nessuno se non a quel tipo che mi sta di fronte e che mi fissa, e che io mi ostino a osservare, nel tentativo, o speranza, di trovare un perché ai tanti interrogativi che mi passano per la testa e che si vanno accumulando per ogni giorno che passa, senza avere idea di dove si depositino, in quale parte di me si accalchino, più o meno confusamente. Sono fatto di tutto questo? Anche di questo? E qual è il peso delle domande senza risposte? Quanto spazio occupano dentro il mio corpo? E quando sarà saturo completamente, sarà allora che arriverà la fine? Oppure in determinate circostanze, e a certe condizioni, evaporano come succede per il sudore, consentendo il ricambio? Nel dubbio, ho aperto un buco nel colmo della testa ormai pressoché calva. Un altro sfogo, un nuovo orifizio, un'ulteriore valvola di sfiato.
Non riesco a sostenere il peso dei ricordi, dei pensieri, delle parole. Sono fragili, non lo sapevo. Con gli anni si accumulano. Non mi aiuta parlare, né scrivere. Oppure non lo faccio a sufficienza. Il cuore è come soffocato. E poi, non evacuo abbastanza. È più quello che incamero di ciò che riesco a buttar fuori. No, non solo in quel che mangio, è che non riesco a trovare la giusta osmosi. È un problema di equilibrio, l'ho capito. O meglio, di mancanza di equilibrio.