Lettori fissi

sabato 13 gennaio 2024

Altri segreti

Ritorno ancora una volta su Segreto a più voci, perché quando un'opera ti entra dentro non te ne liberi facilmente. Ti invita a ripensarla, a rivederla, ti chiede di rileggerne alcuni passaggi e a riparlarne.
Allora, la risposta necessaria è quella di accogliere l’invito, ottemperare a questi che si presentano come degli ordini e accettare la sfida, dando forma scritta agli stimoli che ogni volta nascono dalla nuova lettura.

Mi ritrovo molto nello stile usato da Fernando Bermúdez. Nel senso che capita anche a me quando scrivo di fare esercizi di metatestualità. E nelle sue opere, almeno in quelle pubblicate in Italia, di esercizi simili se ne ritrovano tanti.
Lo scrittore si sofferma sulle parole da usare. Le cerne anche dal ‘dizionario dei sinonimi’ (per citare un’espressione usata da un personaggio di un racconto di La metà del doppio) che ha dentro la testa. Si pone domande su quali siano quelle più adeguate alla fattispecie che si presenta mentre scrive, quando viene invaso da un’ispirazione a cui non riesce a star dietro. Tanto rapidamente scorre. Ogni parola una diramazione. Pensieri a voce alta, esposti alla mercé dei lettori. 

Tra le parti che più ho apprezzato in Segreto a più voci vi sono quelle tra parentesi, ma non nel senso che sono messe lì tanto per riempire le pagine. Niente affatto. Quelle tra parentesi quadre, riferite da Marica, sono parole che costituiscono una parte importante del romanzo, un punto di vista che completa la restanti parti e senza le quali non si comprenderebbe la trama. 
Mi perdo a seguire il discorso diretto di Marica, a ruota libera. Comincia col fare una dichiarazione, come per lanciare una proposta, una chiave del dibattito. Da lì, poi, partono le argomentazioni che servono a chiarire quella dichiarazione iniziale e, alla fine del giro, si ritorna al punto che si era lasciato per divagare e si riparte, cioè, si continua per un altro pezzo a raccontare la storia. Salvo poi a chiarire un altro particolare, a perdersi dietro dettagli che apparentemente non sembrano far parte della storia principale ma che invece costituiscono un altro tassello, che insieme a tutti gli altri e alle tante divagazioni contribuiscono a delineare un quadro più completo. 
La storia raccontata da Marica è un puzzle, le tessere non si individuano immediatamente, ma c’è come una guida interna che permette di risolvere il problema. È sufficiente non porsi troppe domande, basta seguire la voce della donna e alla fine tutto torna.
La testimonianza di Marica mi ha ricordato qualcuno che riesco a identificare bene. Sto pensando alla signora Milagros e alla sua deposizione in Rosaura a las diez di Marco Denevi, altro scrittore argentino. Sembra che abbiano qualcosa in comune questi due personaggi, se non altro la voce, il modo di raccontare, la riproduzione di un discorso orale attraverso la parola scritta. 
Questi argentini sono maestri nel coltivare l’amore per l’intreccio, la predilezione per un certo tipo di fantastico, per una struttura narrativa originale, i punti di vista diversificati. 
In Segreto a più voci c’è la compresenza di differenti generi letterari all’interno della stessa opera, storie che si costruiscono mentre si leggono ('La scrittura che scrive se stessa mentre si guarda scrivere', direbbe Giovanni Barone, traduttore in italiano dell’opera di Bermúdez).
Non è una mia consuetudine sottolineare i libri ma, in questo caso, fin dalle prime pagine, ho sentito la necessità di appuntare le date citate a lato delle relative pagine, come per tenere una traccia temporale degli eventi che si avvicendavano. 
Ho intuito, e non solo perché ci viene ricordato che un personaggio del romanzo 'Ha una fissazione per le date', che l’insistenza e la puntigliosità con cui venivano precisate quelle date dovevano avere qualche importanza nell’economia della storia. È una narrazione che include anche delle parti che simulano articoli di giornali dell’epoca dei fatti, come per dare l’impressione di una sorta di saggio, la descrizione di una pagina di storia nazionale. 
C’è un passaggio del romanzo in cui un personaggio si intromette nella narrazione e fa un resoconto di quanto è stato raccontato. Potrebbe essere un lettore qualunque di Segreto a più voci che, a metà circa della lettura del romanzo, si ferma e prova a fare il punto della situazione. Una sorta di riassunto, come per fare ordine su quanto già letto e detto. 
Niente di strano, si direbbe, se non che questo lettore insinua il dubbio che il personaggio in questione potrebbe essere lo stesso autore del romanzo, e cioè Fernando Bermúdez, il quale si presenta facendo anche riferimento ad alcuni momenti della sua carriera letteraria, fino ad arrivare al libro che quel presunto lettore tiene tra le mani e che sta leggendo. 
Il lettore vero si trova spiazzato, preso da una vertigine narrativa che non sa come interpretare, perso come dentro un vortice da cui non capisce come uscire. 
Il lavoro di Bermúdez è tanto altro ancora ma non vorrei andare avanti a svelare ulteriori elementi di questo romanzo perché, come dice il presunto personaggio Bermúdez, 'esiste un’etica del lettore che non ce lo permette'. 

Julio, 'perché ora stavo riportando quel nome?'
Julio, un nome che non deve essere stato scelto a caso. Non si può essere scrittori argentini senza tener conto di un certo Cortázar.
E Cortázar aleggia nel romanzo in varie occasioni, anche se in maniera minore che nei racconti di “La metà del doppio”, dove mi è capitato di sentire la sua voce echeggiare qua e là tra le pagine della raccolta.
Sarà perché entrambi condividono l’esperienza dell’esilio, sia pur per ragioni diverse, che tra le parole ritornano ricordi, memorie, abitudini? 'La tenacia di un’abitudine'.
Bermúdez fa dire a un suo personaggio: 'Le abitudini proprie, comunque, hanno la caratteristica dell’indiscutibile, sono assiomi della maniera di procedere in questo mondo', parole che ricordano tanto quelle di un racconto del Bestiario di Cortázar: 'Le abitudini […] sono forme concrete del ritmo, sono la quota di ritmo che ci aiuta a vivere'.

Leggendo Segreto a più voci ci interroghiamo sullo statuto della narrazione, della finzione e quindi della realtà tout court. E cosa possiamo chiedere di più a un romanzo? 
'Saranno reali i fatti che si narrano?' 
La letteratura non dà risposte.
Basterà dire che per Bermúdez la letteratura agisce sulla realtà, modificandola.

Questa, sarà chiaro a tutti, non è un’interpretazione del romanzo. 
È che quando leggo mi piace entrare talmente tanto dentro le pieghe della scrittura che non riesco a rimanerne fuori e qualcosa devo scrivere anch’io. 
Stavolta è andata così.

Fernando Bermúdez
Segreto a più voci 
Edizioni Spartaco
Trad. Gianni Barone

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