Guardavo gli altri per sapere come fare, forse per imitarli, persino nei gusti, ma ben presto mi accorsi che guardare non serviva a niente, quando cercavo di ricordarmi cosa avevo visto nel corso della giornata, o anche nella vita passata, mi rendevo conto che non avevo imparato a guardare, non ricordavo niente, perché l’attenzione si concentrava su aspetti secondari e di ciò che più mi sarebbe interessato rimaneva poco.
Come fare per ricordare quei momenti, che non sono solo momenti, si addossano uno all’altro a comporre un sedimento pesante che non mi fa vivere?
So solo che non riuscirò tanto facilmente a recuperare quelle ore, gli anni che se ne vanno come niente, non riesco più nemmeno a decidere dove, non saprei come ripescarli, da quale fondale, speravo che potesse condurmi per mano grazie alle sue capacità, indicarmi la strada, farmi indovinare un finale, che avrei saputo scorgere al momento opportuno.
Mi stavo facendo prendere la mano e sentivo svanire la mia autonomia, non avevo altra scelta, affidarmi completamente a lui, alle sue arti magiche, aveva il compito non certo semplice di farmi ricordare le cose trascurate, dimenticate, di tanto in tanto doveva far trillare in me un campanellino d’allarme, un promemoria che mi rievocasse appuntamenti, o altro, le parole, le frasi e a volte persino i paragrafi uscivano spontanei ma allo stesso tempo compressi, come zippati, frasi fatte, luoghi comuni, parole fruste vuote di significato, in attesa di elaborare un codice che mi permettesse di comunicare più apertamente col resto del mondo, con quanto viveva e si muoveva al di fuori di me e della mia persona.
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