Le navi viaggiano nelle nebbie di un inconscio confuso, stordito da anni di guerra coloniale inutile, dall’Angola indipendente ad un Impero ormai scomparso, in una Lixboa capitale di uno dei paesi europei più poveri.
L’Angola e le conseguenze della guerra coloniale a Lobo Antunes hanno cambiato la vita, un’esperienza da medico in prima linea a Luanda, agli inizi degli anni settanta, tra ospedali psichiatrici e gente disperata: da una parte gli angolani, divisi in fazioni rivali, entusiasti per l’indipendenza a lungo desiderata e finalmente conquistata, dopo anni di lotte e combattimenti ma che da lì a poco avrebbero dato vita ad una cruenta e lunga guerra civile, e dall’altra i portoghesi, costretti a scappare da Luanda, con la prospettiva di ritornare, dopo anni di guerra, perdenti, in una Lisbona dove non conoscono più nessuno, dove non hanno nemmeno un posto dove vivere, né tanto meno un lavoro.
È la tragedia di queste persone che ritornano in un paese che non li può accogliere, che Lobo Antunes ci racconta, descrivendo atmosfere tragiche, paradossali a volte, grottesche, con una scrittura visionaria, uno stile che non tiene conto delle più elementari regole narratologiche forse proprio per dare l’idea delle condizioni di schizofrenia e di confusione di cui sono vittime ed in cui sono improvvisamente scaraventati questi esseri che, dopo aver girovagato per una città indifferente ed egoista, vengono relegati in un sanatorio dove sono destinati a finire i loro giorni.
Le letture degli anni passati in qualche modo ritornano nei libri che leggo e così mi capita di ritrovare in questo libro lo stile o in qualche modo memorie di altri autori, elencati di seguito senza un ordine significativo e di certo dimenticandomene alcuni: José Donoso, García Márquez, Julio Cortázar, Allen Ginsberg, William S. Burroughs, José Saramago e chissà quanti altri che più in là ritorneranno.
Un altro di quei libri che non si finisce mai di leggere e che bisognerebbe ricominciare subito appena arrivati all’ultima pagina, per provare a capire di cosa ci parla ancora oggi.
Un altro di quei libri senza meridiani né paralleli.
1 commento:
Ben scritto.
E concordo sul ricominciare a leggere appena arrivati all'ultima pagina.
Posta un commento