Lettori fissi

sabato 23 novembre 2024

Leggere

Anch’io ho il mio luogo di elezione per la lettura. Si tratta di un divano, più esattamente di un angolo del divano, che favorisce la concentrazione e dove mi rannicchio quando voglio leggere. 
Ho bisogno di molto silenzio per leggere. Se c’è qualcuno che parla, se c’è un televisore acceso o se ci sono rumori in giro, in casa e fuori, non riesco proprio a leggere. Il divano meglio se comodo, ma anche se non lo è col tempo trovo la posizione ideale. Importante è anche che ci sia un bracciolo largo, per appoggiarvi un quaderno e prendere appunti. Durante la lettura scrivo lasciandomi ispirare da ciò che leggo. Le due attività per me sono strettamente connesse e pressoché inscindibili. 
È per questo, proprio perché ho bisogno di silenzio, che non leggo quando viaggio, che sia in aereo, in treno o in autobus. Non sopporto il parlottio di sottofondo degli altri viaggiatori e soprattutto il chiocciare delle voci degli speaker che danno informazioni sulle stazioni di arrivo e di partenza dei treni. Non parliamo poi delle istruzioni impartite sugli aerei.
A letto, prima di addormentarmi, non riesco a leggere, semplicemente perché mi corico quando non ce la faccio più a stare in piedi o con gli occhi aperti. Lo stesso in bagno. Non ho bisogno di ispirazioni per evacuare. Ci vado solo quando lo stimolo per farlo è abbastanza maturo e ci resto il tempo strettamente necessario per le operazioni del caso.
Devo alla varicella, e alla lunga successiva convalescenza, il mio approccio a Proust e alla Recherche, con precisione al primo e a parte del secondo volume. Solo l’idea di un lungo periodo di assenza dal lavoro e di reclusione forzata poteva farmi affrontare un’opera così imponente, e non solo dal punto di vista del numero di pagine. Una volta guarito dalla malattia ho messo da parte i volumi dell’autore francese e solo di rado ho ripreso qualche pagina.
Quanto alle onde del mare, per me sono state da sempre fonti di ispirazioni per prose più o meno spontanee. Resto ancora oggi incantato dal suono, dal fragore, dal rumore, dalle voci delle onde, che passano dal mare, o dall’oceano, direttamente a me. 
Ho ricordo di antiche letture, Big Sur, un romanzo di Kerouac, e dei versi alla fine del libro, in cui lo scrittore americano si lasciava incantare e ispirare dai suoni dell’oceano, che ha trasformato nel poema Mare - Suoni dell’Oceano Pacifico a Big Sur.
Considerando i libri ordinatamente esposti nei ripiani delle librerie di casa potrei leggere per decenni ancora. Non solo i libri comprati da poco, anche quelli comprati da più tempo, mai letti, o che ho letto e che non ricordo più nemmeno di possedere o di avere letto. 
A volte mi viene da pensare che bastano pochi libri per garantirmi anni di letture perché un libro non si finisce mai di leggere, perché quando si rilegge siamo cambiati rispetto al tempo della prima lettura e riusciamo a cogliere aspetti diversi del testo, e perché comunque se si tratta di un buon libro avrà sempre qualcosa di nuovo da dirci e da darci.
Dico che i libri sono ordinati ma si tratta di un ordine variabile. Mi diverto di tanto in tanto a cambiarne la disposizione nelle mensole, ad esempio a seconda del luogo di origine degli autori, o a volte anche in base al genere degli autori. Così, riordinando i libri, mi capita di sistemare quelli di autori italiani su uno o più ripiani, e quelli di autrici italiane su altri. Lo stesso vale per scrittori di altri paesi. Sui ripiani più alti o su quelli più spessi ripongo libri d’arte, oppure enciclopedie, o atlanti, ma anche dizionari o grossi tomi.
A volte dentro i libri ritrovo degli appunti solitamente vergati a matita. Non mi piace lasciare tracce di penna sulle pagine dei libri. E ultimamente non sottolineo nemmeno passaggi per me significativi. Piuttosto prendo nota nel quaderno di cui sopra, oppure scrivo a penna degli appunti su un foglio di carta che poi lascio tra le pagine. 
Un modo che mi consente di tener conto di una cronologia dei libri comprati è scrivere, sempre a matita, sul frontespizio, la data di acquisto del libro, e a volte anche il luogo.
Conservo anche una consistente raccolta di segnalibri, di tutti i tipi, materiali e luoghi di provenienza che però non sempre assolvono al compito per cui sono stati concepiti. Non sempre, cioè, li uso per tenere traccia della pagina in cui sono arrivato nella lettura. Anche perché una volta finito di leggere un libro, il segnalibro non serve più e allora, in questo caso, li conservo in delle scatole appositamente comprate. 
Uso i segnalibri perché non mi piace fare le orecchie ai libri. Sarebbe come infliggere una ferita alle pagine e per me un libro è una cosa viva, e in quanto tale non deve soffrire nemmeno una piccola scalfittura. 
A volte tra le pagine ritrovo delle foglie o dei fiori schiacciati.  
Quando prendo un libro tra le mani può succedere che ritrovi anche l’autografo dell’autore, anche di alcuni 
famosi. Mi ritrovo così a pensare alle occasioni in cui ho vissuto i momenti emozionanti degli incontri ravvicinati con quei personaggi così importanti del mondo letterario.
Non sempre finisco di leggerlo un libro. A volte mi bastano alcune pagine per giustificare i soldi spesi per comprare quel libro. Sono più che sufficienti le pagine che leggo e penso che proseguire nella lettura non mi darebbe nient’altro. Questo perché la lettura di un testo non mi serve come mezzo di evasione dalla realtà, non sempre sono interessato a seguire una storia, o a capire come va a finire. Preferisco concentrarmi sull’analisi della forma, sullo studio dello stile, sull’esame delle tecniche di scrittura, utilizzando, cioè, il testo come pretesto da cui partire per scrivere, anche se non necessariamente di quel testo appena letto.
Dal testo che leggo cerco di estrapolare quanto più possibile le cose che mi servono, per scrivere molto spesso di me, per esternare sentimenti, per esprimere incertezze, per evocare fantasmi di un passato con cui non sono riuscito a fare i conti, per esorcizzare paure, quelle del futuro, del tempo che passa, dell’età che avanza, e dei problemi connessi con tutto ciò. 
Non intendo comunicare alcunché con questi scritti dal valore terapeutico, che servono solo a me. Poi, se qualcuno leggendoli vi trova qualcosa di interessante e utile, tanto meglio.
Le cose si accumulano in me fino a raggiungere un punto in cui non possono essere più controllate o contenute. Devono in qualche modo uscire all’esterno, palesarsi, che siano coscienti o meno.