tag:blogger.com,1999:blog-64080037867716734652024-03-28T00:13:54.014+01:00meridiani e paralleliLetture in corso - Scritture in corsoA.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.comBlogger238125tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-52335170576261164672024-03-20T19:17:00.007+01:002024-03-20T19:19:30.177+01:00Orfane bianche<div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;"> <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi66OIg2KPX5pKgUu2ql9hwqkBVz-tOhQfI11_K1rVAk-SYYiOHdQsDK-Nw7KeUGbRS8WAJKaRiwuSdnspbSX1r6FXG6od4NEJOPQiA1TIEpv0Zd6t0mqZzpUAjENhZIB2Xrjd9-kJxHawjQ9U_3DcBbEqoOQQya6OgFFp9BsGXSiCEbB15phTmT8XxfLQ/s2048/Orfane%20bianche.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1536" height="441" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi66OIg2KPX5pKgUu2ql9hwqkBVz-tOhQfI11_K1rVAk-SYYiOHdQsDK-Nw7KeUGbRS8WAJKaRiwuSdnspbSX1r6FXG6od4NEJOPQiA1TIEpv0Zd6t0mqZzpUAjENhZIB2Xrjd9-kJxHawjQ9U_3DcBbEqoOQQya6OgFFp9BsGXSiCEbB15phTmT8XxfLQ/w331-h441/Orfane%20bianche.jpg" width="331" /></a></div><br /></div><div style="text-align: justify;">Cara Fiammetta, se così posso rivolgermi a chi ho conosciuto di sfuggita a un recente incontro sui libri.</div><div style="text-align: justify;">Ma forse sì, se pure cara non lo eri all’inizio, poi sei diventata anche un po’ mia amica, perché siamo stati insieme per alcuni giorni, il tempo della lettura del romanzo.</div><div style="text-align: justify;">Non so se hai avvertito qualcosa, se ti sono fischiate le orecchie, come si usa dire in questi casi, ma io quanto meno ti ho pensato ed è così che sono diventato tuo amico.</div><div style="text-align: justify;">Cara Fiammetta, dicevo, c’è un motivo per cui ho deciso di scriverti, l’ho pensato oggi.</div><div style="text-align: justify;">Cioè ho capito che anche tu potevi far degnamente parte dei destinatari delle mie lettere, se così posso definire certe mie reazioni che scaturiscono spontanee alla lettura di un libro, e soprattutto che non avresti sfigurato nella schiera di quanti sono venuti prima di te.</div><div style="text-align: justify;">Scrivo lettere mai spedite, agli autori dei libri che leggo, preferibilmente alle autrici.</div><div style="text-align: justify;">Mi capita spesso di servirmi di un libro per instaurare un rapporto con gli altri, partendo dalla storia descritta e continuando senza sapere dove andrà a parare il fiume che in me scaturisce leggendo quel libro.</div><div style="text-align: justify;">Ho cominciato a leggere le prime pagine del tuo romanzo e mi sono fatto l’idea, ma forse sbaglio, che è tutto già detto fin dall’inizio e che non ci si dovrebbe aspettare niente di nuovo nel corso della lettura. Che non dovrebbero esserci sorprese, appena qualche piccola variazione sul tema.</div><div style="text-align: justify;">Chissà di cosa le riempirai le pagine che residuano e che fra l’altro non sono nemmeno poche.</div><div style="text-align: justify;">Sarà sufficiente la comparsa di una donna nelle vesti di suora a ravvivare l’atmosfera per niente festosa di questa casa?</div><div style="text-align: justify;">O il delirio delle donne alle prese con un’anatra puzzolente?</div><div style="text-align: justify;">O l’indolenza di un cane che si aggira qua e là stancamente per le stanze della casa?</div><div style="text-align: justify;">O l’autentica <i>madre bianca</i> che arriva nelle vesti di una pedicure bulgara?</div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;">Fin dall’inizio della lettura ho preso appunti, ho scritto, cioè, su un foglietto, che ho usato a mo’ di segnalibro, i nomi delle figlie e delle rispettive madri perché non riuscivo a fissare correttamente le reciproche relazioni, e ogni volta che trovavo il nome di un personaggio non mi ricordavo più chi era, se la madre, la figlia, e di chi. Così, era sufficiente dare uno sguardo al foglietto e il problema era risolto.</div><div style="text-align: justify;">Quando, dopo decine di pagine, mi sembrava finalmente di aver capito come stavano le cose, hai deciso di scombinare le carte, ed ecco che come per un colpo di bacchetta magica le figlie si sono scambiate le madri da accudire.</div><div style="text-align: justify;">Colpo mortale alle mie capacità di distinguere una volta per tutte i personaggi (o le personagge).</div><div style="text-align: justify;">No, questo proprio non dovevi farmelo. L’ho vissuto come un attentato alla mia labile serenità, una minaccia al mio già precario equilibrio mentale.</div><div style="text-align: justify;">Quando mi sono riavuto, in qualche modo che non ho ancora capito, e sono riuscito a riprendere la lettura, dopo aver superato abbondantemente le 200 pagine non ho fatto più caso alla caratterizzazione dei personaggi.</div><div style="text-align: justify;">Poteva essere uno qualunque a parlare o ad agire, al punto che mi ero convinto che la storia non poteva cambiare di molto se pure i ruoli si confondevano in me. Ma forse mi sbaglio.</div><div style="text-align: justify;">Fortuna che poi è arrivata la suora, che almeno quella mi sembra di riuscire a distinguerla dalle altre.</div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;">Se devo tracciare un bilancio vorrei dirti che c’è dello stile in questo romanzo, ed è ciò che più ho apprezzato.</div><div style="text-align: justify;">Il tuo “<i>preteso poetare</i>” è fin troppo avvertibile. Come una dolce armonia mi ha accompagnato per buona parte del libro.</div><div style="text-align: justify;">Era ciò che più in me risuonava nel mentre che leggevo, allorché il metro arrivava finanche a sovrastare il senso delle parole, come spesso succede nella buona poesia e al lettore arrendevole, a me, non restava altro che seguire il consiglio, assecondare il tuo invito.</div><div style="text-align: justify;">L’ho fatto con molto piacere, ottenendone un buon rendiconto.</div><div style="text-align: justify;">Certe ellissi, poi, mi ricordano alcune cose del primo Pizzuto. In altri punti del testo, invece, prevale la metrica lirica <i>à la Bufalino</i>.</div><div style="text-align: justify;">Fiammetta cara, mi viene da concludere, con una citazione teatrale che forse ti farà piacere, e cioè che le tante donne che abitano questo romanzo, in particolare queste sei personagge, hanno trovato in te un’autrice assolutamente valida. Aspetto la conferma alla prossima prova.</div><div style="text-align: justify;">Fiammetta Palpati</div><div style="text-align: justify;">La casa delle orfane bianche</div><div style="text-align: justify;">Laurana Editore</div></div><div style="text-align: justify;"><br /></div>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-42945680643808570592024-03-04T09:00:00.003+01:002024-03-16T08:07:50.148+01:00Quella è calda.<p style="text-align: justify;"> </p><p style="text-align: justify;">Quella è calda, basta vederla e
ti accorgi subito che le schiumano le fregole da tutti i pori. E io che mi
facevo problemi, sempre mi sono fatto di questi problemi perché chissà che cosa
pensavo, è questo che vuole?, ma per chi m’ha preso, a soreta, a mammeta e via
discorrendo, questa invece, non ci sono dubbi, non potevo sottrarmi, c’ha un
culo che mi canta le serenate a scena aperta, e io resto imbambolato ad
ascoltarla, con quei pantaloni neri e stretti, poi, hai voglia quante cose
farei, c’è solo l’imbarazzo della scelta.</p>
<p style="text-align: justify;">Qualsiasi cosa, non si faccia
problemi a chiamare, ma mi è venuto subito in mente che di problemi non me ne
sarei fatti proprio, anzi, sto qua a completa disposizione, come mai mi era
successo. Questa tipa è il miracolo fatto donna, e proprio a me stava
capitando. Che fortuna! </p>
<p style="text-align: justify;">Entri, non stia sulle scale,
faccia come se fosse casa sua, la invitai a entrare con la scusa del pagamento
dell’affitto, come se quel monolocale che avevo preso per qualche giorno non
fosse effettivamente casa sua. Per questo si era messa a ridere. Ma secondo me
già pregustava l’avventura con lo straniero. Certe donne si legge in faccia le
voglie che hanno, non sono capaci di nasconderle quando proprio non ce la fanno
più, e che so, scemo?, non me la faccio scappare affatto. </p>
<p style="text-align: justify;">Possibile che non faccio in tempo
ad aprire la porta che questa qua già sta pensando a spogliarsi? Mi ha preso di
sorpresa, non ero per niente pronto, e chi se l’aspettava una storia del
genere? Mica capita tutti i giorni, perché quando vedo una femmina il primo
pensiero che mi viene è quello, se poi ci si mette anche lei, allora la cosa è
bell’e combinata. Non per discolparmi, ma questa stavolta ci ha messo proprio
del suo. Non che sia una colpa avere voglia di scopare, intendiamoci, ma è
giusto dire come stanno le cose, cioè, come sono andate, io me ne stavo per i
fatti miei, è stata lei che mi ha chiamato.</p>
<p style="text-align: justify;">Io non è che so contarle bene le
cose, tutti i pensieri ce li ho dentro, ma all’occorrenza provo a farli uscire solo
che non sempre vengono come vorrei e perciò c’ho bisogno di spiegare meglio le
cose. Che poi, mi dico, non è che li devo spiegare a qualcuno i miei pensieri,
basta che li so io, però certe volte mi gira l’uzzolo di cedere e se qualcuno
mi chiede come è andata con quella, allora invece di inventarmi su due piedi
una storia, me la vado preparando, che così sembra che è stata una cosa
realmente accaduta, e non mi chiedo nemmeno se quello ci crede o no,
l’importante è che sembri una storia verosimile. </p>
<p style="text-align: justify;">Se c’è qualcuno che mette in
dubbio i miei pensieri, perché mi fa una domanda a trabocchetto, cerco di
prendere tempo, di arrampicarmi sugli specchi, senza però darlo a vedere.
Sembra che mi debba giustificare di qualcosa, sto sbagliando tutto. Facciamo
allora che non ho detto niente di queste ultime riflessioni e torniamo a quella
là.</p>
<p style="text-align: justify;">Dov’eravamo rimasti? Che il mio
birillo si era già intostato prima ancora che si spogliasse del tutto, altro
che non ero preparato! Io no, ma lui appena sente odore di fessa non sta a
perdersi certo in chiacchiere. Così lei si butta sul letto, spalanca le gambe e
si mette a aspettare. Che faccio?, mi mollo ovviamente, anche perché nel
frattempo lei non è rimasta molto a guardare, sembrava non aspettasse altro, ha
preso il mio coso e se l’è infilato dritto dritto là dentro, in mezzo alle
cosce, sembrava un’ossessa e com’era vorace, al punto che mi sono chiesto se
dovevo temere per la mia virilità. Non si sa mai in questi casi, è bene guardarsi
alle spalle, ma anche… le palle. Ma andò tutto bene, anzi benissimo, andò come
non era mai andata. </p>
<p style="text-align: justify;">Non saprei come raccontarla
questa storia imprevista. Forse sono quelle che riescono meglio. Non è stato
soltanto uno spingersi e un tirarsi addosso l’un l’altra. Le ho schiacciato le
tette ma senza farle del male, tutt’altro, pareva godesse ogni volta che
affondavo i denti in quei bottoncini, che sembravano di ebano e di altri
colori, per quanto erano duri e chiazzati a causa dei morsi. Era un piacere
anche per lei, che gridava, erano proprio voci di piacere, non c’erano dubbi,
perché più li stringevo e più ne voleva. </p>
<p style="text-align: justify;">Era affamata, insaziabile e
anch’io, che non sono mai stato un campione di resistenza, in quell’occasione
tutto è andato in maniera perfetta. Più affondavo e più mi sembrava di averne,
la forza la prendevo anche da lei, che assecondava le spinte come per una danza
in cui il ritmo cresceva in maniera direi parossistica.</p>
<p style="text-align: justify;">Dove l’ho trovata la forza ancora
non riesco a spiegarlo. Temevo persino che il cuore, ma anche altro, potesse
scoppiare, il fiato non c’era più ormai, tutto si svolgeva in un’apnea
delirante. Non sapevo di essere in grado di tanto. Anch’io provavo dolore, o
forse mi confondo, non solo nel ricordo, perché quando l’ha preso in bocca,
durante una pausa, ho rischiato davvero di vederlo mozzato per sempre.
Succhiava e strappava anche coi denti, come se dovesse scuoiare un coniglio con
fauci possenti. Era comunque un dolore piacevole, frammisto con fasi di voluttà
mai provata prima. </p>
<p style="text-align: justify;">Era calda, altro che, caldissima,
e il letto si stava smollando da quanto veniva sollecitato. Se ad ogni cliente
riservava un simile trattamento avrebbe dovuto cambiare l’arredo ogni volta. Di
certo dovrebbe aggiungere una tassa sul materasso insieme al prezzo della
stanza, ma questo nella pagina delle prenotazioni online non poteva scriverlo,
o solo come una voce extra che, semmai, avrebbe illustrato lì per lì al momento
della consegna delle chiavi. </p>
<p style="text-align: justify;">Ma perché mi sto perdendo dietro
inutili particolari? Stavo così bene con quella e si mettono in mezzo questioni
venali. Ho ispezionato tutto il suo corpo, i suoi orifizi, e anche lei ha fatto
lo stesso con me, con la lingua e non solo. Anzi, il corpo ormai era solo un
accessorio pressoché inutile. Non lo sentivo più, c’era altro che mi dava
piacere, altro che non saprei descrivere, il corpo era un tramite, tutto
passava attraverso di esso. </p>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-67051481893056002892024-03-02T15:50:00.002+01:002024-03-03T22:57:24.362+01:00La signorina Maria e il suo bestiario.<div style="text-align: justify;">La signorina Maria non è un vero e proprio bestiario anche se è popolato di una variegata fauna, reale e anche metaforica.<br /></div><div style="text-align: justify;">Tra le pagine del libro si palesano mammiferi di piccole, medie e grandi dimensioni, rettili, uccelli, insetti, specie marine di vario tipo e, sia pur di rado, anche degli esseri mitologici.</div><div style="text-align: justify;">Questi animali non vivono in una vecchia fattoria e non sono nemmeno rinchiusi dentro un giardino zoologico. </div><div style="text-align: justify;">Sembrano semmai convivere alla rinfusa all’interno di un’enorme arca di Noè primordiale, anche se di diluvio nemmeno a parlarne. O forse sì, ma in questo caso si tratta piuttosto di un profluvio, di parole ovviamente, quelle che servono per descrivere le storie in cui si muovono e agiscono gli animali, e non solo.</div><div style="text-align: justify;">C’è un elefante triste. Gli elefanti, si sa, sono animali associati a lentezza, e nell’immaginario comune ormai sono anche esempi di stanchezza, forse anche di noia e anzi, a lungo andare, sono destinati a diventare sempre più stanchi, gli occhi si avvicineranno alla punta della fronte, le proboscidi volteggeranno con disarmoniche alterazioni nell’aria circostante. Da qui la tendenza alla tristezza di questi poveri pachidermi.</div><div style="text-align: justify;">C’è anche una nobile giraffa brasiliana, un concetto spontaneo, spuntato fuori all’improvviso. Bisogna prendere le cose per come vengono.</div><div style="text-align: justify;">Non solo animali della savana, però. Ci sono anche topi scorrazzanti per corridoi o scaffali pieni di articoli strampalati.</div><div style="text-align: justify;">C’è un porcellino miope, ingessato nel pur ingombrante gessato. </div><div style="text-align: justify;">Ci sono asini che cascano, tanto per non smentire la fama proverbiale che li circonda, altrimenti che asini sarebbero? </div><div style="text-align: justify;">Discorso diverso per le capre che, benché vecchie e spennate, tuttavia non perdono occasione di esibire la loro agilità arrampicandosi dappertutto.</div><div style="text-align: justify;">Nel mondo ricostruito, all’interno della sgangherata imbarcazione, trovano posto cani indisturbati intenti a riflettere, immersi non è facile intuire su quali pensieri. </div><div style="text-align: justify;">C’è la Regina dei camaleonti che verranno. Basta avere fiducia e un po’ di pazienza e qualcosa arriverà.</div><div style="text-align: justify;">Le storie hanno molte vite, come i gatti, rinascono, si sviluppano attorno a un centro, crescono inaspettatamente senza sosta, come gramigna che infesta la testa. </div><div style="text-align: justify;">In questo contesto al lettore potrà capitare di vedere di tutto, sanguisughe, pesci essiccati, zanzare spaventate, coralli in fondo agli orecchini e attorno al collo, e chissà dove altro ancora, della protagonista, la signorina Maria, che nelle grandi occasioni esibisce anche un fermacapelli a becco di tucano, tempestato da piccoli diamantini sfavillanti sotto la luce della volta celeste artificiale. </div><div style="text-align: justify;">C’è poi la classica rondine che si ripresenta al suo nido a ogni nuova stagione, e una tartaruga marina che nuota per migliaia di chilometri per ritrovare luoghi noti dove deporre le uova. </div><div style="text-align: justify;">Ci sono ancora tanti altri animali in questo romanzo, ma se vi state chiedendo se ci sono anche dei coniglietti, ebbene, la risposta è no, però è come se ce ne fossero dappertutto.</div>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-17812245162724375592024-02-15T19:00:00.001+01:002024-02-15T19:00:05.019+01:00Anche se fosse vero<p></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><br /></i></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><br /></i></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJcDJ_LhB6GXAgx02DzJCtEIMRJ9In0-f5YWCMUr5FJslvkYNYpr1idory5vYirz9QHkUxIzVi2iPOQdhO_Qk44cGRxyVY40t10gnCRS4XIyxoz5ZFW4lkq8B4JjB9k0DbGiahxMKI2BBFxn84bxOA2tNptV6YA5JZB3Fx0sonS6mdE7he3hbgVQOc1EQ/s1683/Anche%20se%20fosse%20vero.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1683" data-original-width="1112" height="529" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJcDJ_LhB6GXAgx02DzJCtEIMRJ9In0-f5YWCMUr5FJslvkYNYpr1idory5vYirz9QHkUxIzVi2iPOQdhO_Qk44cGRxyVY40t10gnCRS4XIyxoz5ZFW4lkq8B4JjB9k0DbGiahxMKI2BBFxn84bxOA2tNptV6YA5JZB3Fx0sonS6mdE7he3hbgVQOc1EQ/w349-h529/Anche%20se%20fosse%20vero.jpeg" width="349" /></a></div><i><div style="text-align: center;"><i>Nessuno qui esiste, nemmeno l’autore,
è tutto un romanzo</i></div></i><p></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; tab-stops: 333.15pt; text-align: justify;">Ho appena finito di leggere <i>Anche se fosse vero</i>, romanzo di Davide Antonio Pio, pubblicato
dalla casa editrice <b>Il ramo e la foglia</b>.</p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; tab-stops: 333.15pt; text-align: justify;"><o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; tab-stops: 333.15pt; text-align: justify;">Ciò che ho appena finito di dire, tuttavia, anche
se fosse vero, dovrebbe essere considerato alla stregua di una menzogna bella e
buona, perché una volta arrivati alla fine del libro non si può che
ricominciare a leggerlo dall’inizio, dal momento che non è esatto dire che
questo romanzo abbia una fine, anche perché è come se fosse composto da tanti
libri e ognuno si può leggere in maniera diversa dall’altro. <o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Leggendolo si ha come l’impressione che ci sia bisogno quanto meno di individuare
il filo rosso che unisce le storie perché qualcosa cominci a diventare chiaro. Non
sarà un caso che l’editore abbia inserito una piccola guida nelle ultime pagine,
allo scopo di farci orientare tra i tanti personaggi che si muovono qua e là.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Che sensazione mi lascia la lettura di questo libro? Non conosco l’autore
e mi sembra irriguardoso nei suoi confronti dire che la sensazione avuta sia
quella di essere stato preso, ma forse sarebbe più corretto dire portato, in giro per tutta la durata della lettura. Il
problema è mio, semmai, non di chi ha scritto il romanzo.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Durante la lettura è emerso un mio limite, e cioè non sono riuscito a
seguire l’andirivieni delle storie raccontate, forse perché ho letto il romanzo
senza prestare attenzione alle date poste in cima a ogni capitolo (sempre che di
capitoli si possa parlare). C’è da dire, a tal proposito, che i capitoli non sono esposti nell’ordine
cronologico in cui i fatti sono raccontati. <o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">A questo punto mi tocca ritornare all’inizio e rileggere con più
attenzione, può darsi che così riesca a capirci qualcosa in più. O forse mi
sembrerà di leggere un altro libro, il che non sarebbe del tutto male. Due libri, e anche più, al prezzo di uno!<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">A una lettura poco attenta può sembrare che Davide Antonio Pio non sia
stato particolarmente generoso nei confronti di chi legge. Descrive i fatti
senza descriverli. Così anche per i ritratti. Solo qualche accenno, pochi
indizi, da cui il povero lettore deve partire per ricostruire la faccenda e se qualche
dettaglio viene perso allora la narrazione può apparire oscura. <o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">L’impressione che ho avuto io è che l’autore abbia voluto lanciare
dei semi da cogliere per poter ricomporre la storia. <o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Non è un romanzo quindi per lettori pigri. Al contrario, chi legge è
chiamato a partecipare attivamente. Non è forse questo che uno scrittore
desidera? Che ci sia, cioè, un lettore complice nella costruzione della storia,
che disveli le mille facce di un racconto, anche quelle che lo stesso scrittore
non ha mai immaginato, o che ignora del tutto? Non è questo un modo di tenere in
vita l’opera nel corso del tempo? E non è anche questo il modo di scrivere che
interessa ai lettori attenti ed esigenti?<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Questo romanzo è strutturato come una sorta di puzzle. Davide Antonio
Pio (o, se volete, Paride Ammonio Vio) ha distribuito le tessere lungo le
pagine del libro e al lettore non resta che l’arduo compito di ricostruire la
vicenda. <o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Il fatto è che le tessere appaiono difficili da incastrarsi tra di loro,
perché l’autore non è che abbia fatto molto per facilitare il compito. Non
sembra nemmeno immediato capire che rapporto abbiano fra di loro i vari personaggi,
le relazioni reciproche sono difficili da cogliere e l’impresa è resa ancor più
ardua dal fatto che a un nome a volte corrisponde anche più di un personaggio. <o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Anche se fosse vero</i> è un
modo senz’altro originale di raccontare una storia. Avremmo bisogno di abituarci
a strutture del genere, per disavvezzarci dalle solite scritture lineari che
sembrano ormai aver fatto il loro tempo.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Un’opera da leggere? Senza alcun dubbio e soprattutto da rileggere
perché, in fondo, quanto a forma, ma anche a sostanza, in questo romanzo ce ne
sono abbastanza e la sua lettura non lascia indifferenti.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Un plauso agli editori che hanno avuto il coraggio di pubblicare un
lavoro che forse non diventerà un best seller ma che ha il pregio di far riflettere
sulle forme della scrittura. E di questi tempi non è poco.<o:p></o:p></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b>Davide Antonio Pio - Anche se fosse vero - Il ramo e la foglia edizioni</b></p><br /><p></p>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-39573599820537810122024-01-20T20:05:00.002+01:002024-01-20T20:05:33.901+01:00Segreti matematici.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiI4lYQGPfzd9bS9xFuNao7ImNW7wFKB3KQaKIyEQVIX7f206fLVN71PvBZ2GGzhRKvoLDorp5TYyMsOnKzTkRLs0WxzfntkN960eHLD6ihMeH0qkSeymGUkDzqmzr1KFByudgvmTiH2ok-66vXJMJiBnDHMH1xkNWT67yPZ2TaK1-vWEjh9JEHRxeeDF0" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;">
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiI4lYQGPfzd9bS9xFuNao7ImNW7wFKB3KQaKIyEQVIX7f206fLVN71PvBZ2GGzhRKvoLDorp5TYyMsOnKzTkRLs0WxzfntkN960eHLD6ihMeH0qkSeymGUkDzqmzr1KFByudgvmTiH2ok-66vXJMJiBnDHMH1xkNWT67yPZ2TaK1-vWEjh9JEHRxeeDF0" width="400">
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</div><div><div>Bermúdez, o delle scienze matematiche applicate alla letteratura.</div><div>Mi viene in mente che per certe costruzioni letterarie Bermudez abbia attinto a piene mani dalla matematica. </div><div>Si tratta di un'affermazione che si basa più che altro sull'analisi di strutture ed espressioni usate in alcuni racconti, oltre che nel romanzo tradotto e pubblicato per la prima volta in assoluto in Italia. (Ho detto assoluto?)</div><div>Che dire del titolo della raccolta di racconti 'La metà del doppio'? </div><div>Gia questo sembra un quesito matematico di ardua soluzione. </div><div>Se poi ci inoltriamo all'interno della raccolta capiterà di imbatterci in un racconto dal titolo più che enigmatico "Esatta come due più due fa tre". </div><div>Non saprei dire quanto ci sia della scienza esatta in questo titolo, che sa tanto di verità assiomatica, in ogni caso una logica (matematica?) dovrà pur esserci. </div><div>C'è poi il protagonista di un altro racconto che non riesce a porre un argine al lavorio della mente a causa della moltiplicazione delle storie che scaturiscono incontrollate.</div><div>La geometria è una parte importante della matematica. A soccorso di quanto affermato all'inizio di questo intervento giova evidenziare la particolare struttura narrativa ricorrente nella maggior parte dei racconti, ma anche in 'Segreto a più voci'.</div><div>('Le abitudini proprie, comunque, hanno la caratteristica dell’indiscutibile, sono assiomi della maniera di procedere in questo mondo').</div><div>Dalla lettura di questi testi emergono elementi che si possono far risalire a esempi tipici delle geometrie non euclidee.</div><div>Si parte da due, o più, storie che in un momento iniziale sembrano destinate a scorrere parallele e non doversi mai incontrare ma che, invece, alla fine, in un modo poco chiaro, convergono in un punto comune. </div><div>È qui presente il meccanismo caratteristico di taluni racconti fantastici, laddove però di matematico c'è ben poco se non la conferma della struttura narrativa che ogni volta si reitera ('Che incubo sarebbe stata la vita senza la reiterazione dei comportamenti').</div><div>Anche la lettura di questi racconti ha bisogno di una reiterazione.</div><div>Occorrono, cioè, più letture per entrare nei meccanismi narrativi che Bermúdez mette in atto nell'elaborazione dei testi che compongono questa raccolta e nel romanzo 'a più voci'.</div><div><br></div></div><div>Fernando Bermúdez</div><div>Edizioni Spartaco</div><div>Trad. Giovanni Barone</div>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-59613208319913058652024-01-13T22:45:00.001+01:002024-01-13T22:45:53.717+01:00Altri segreti <div>Ritorno ancora una volta su Segreto a più voci, perché quando un'opera ti entra dentro non te ne liberi facilmente. Ti invita a ripensarla, a rivederla, ti chiede di rileggerne alcuni passaggi e a riparlarne.</div><div>Allora, la risposta necessaria è quella di accogliere l’invito, ottemperare a questi che si presentano come degli ordini e accettare la sfida, dando forma scritta agli stimoli che ogni volta nascono dalla nuova lettura.</div><div><br></div><div>Mi ritrovo molto nello stile usato da Fernando Bermúdez. Nel senso che capita anche a me quando scrivo di fare esercizi di metatestualità. E nelle sue opere, almeno in quelle pubblicate in Italia, di esercizi simili se ne ritrovano tanti.</div><div>Lo scrittore si sofferma sulle parole da <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjV0_SubIWgFIf55dC4zilGuyQ9p_klTwfNXZRiuzWe0wueWl703S-nUgvYLknANedIBFet7LsYcZxyYVnZk1h9_EmmNCw45nYpbtP1NKpnPsChPoWVlNDkEYfiSlsaPJah-RV3F7ZH8xJ2429D87PsdiZgM25YgnOzGhqj5nfASYCT-Nsah9VWX3o9_00" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;">
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</div>usare. Le cerne anche dal ‘dizionario dei sinonimi’ (per citare un’espressione usata da un personaggio di un racconto di La metà del doppio) che ha dentro la testa. Si pone domande su quali siano quelle più adeguate alla fattispecie che si presenta mentre scrive, quando viene invaso da un’ispirazione a cui non riesce a star dietro. Tanto rapidamente scorre. Ogni parola una diramazione. Pensieri a voce alta, esposti alla mercé dei lettori. </div><div><br></div><div>Tra le parti che più ho apprezzato in Segreto a più voci vi sono quelle tra parentesi, ma non nel senso che sono messe lì tanto per riempire le pagine. Niente affatto. Quelle tra parentesi quadre, riferite da Marica, sono parole che costituiscono una parte importante del romanzo, un punto di vista che completa la restanti parti e senza le quali non si comprenderebbe la trama. </div><div>Mi perdo a seguire il discorso diretto di Marica, a ruota libera. Comincia col fare una dichiarazione, come per lanciare una proposta, una chiave del dibattito. Da lì, poi, partono le argomentazioni che servono a chiarire quella dichiarazione iniziale e, alla fine del giro, si ritorna al punto che si era lasciato per divagare e si riparte, cioè, si continua per un altro pezzo a raccontare la storia. Salvo poi a chiarire un altro particolare, a perdersi dietro dettagli che apparentemente non sembrano far parte della storia principale ma che invece costituiscono un altro tassello, che insieme a tutti gli altri e alle tante divagazioni contribuiscono a delineare un quadro più completo. </div><div>La storia raccontata da Marica è un puzzle, le tessere non si individuano immediatamente, ma c’è come una guida interna che permette di risolvere il problema. È sufficiente non porsi troppe domande, basta seguire la voce della donna e alla fine tutto torna.</div><div>La testimonianza di Marica mi ha ricordato qualcuno che riesco a identificare bene. Sto pensando alla signora Milagros e alla sua deposizione in Rosaura a las diez di Marco Denevi, altro scrittore argentino. Sembra che abbiano qualcosa in comune questi due personaggi, se non altro la voce, il modo di raccontare, la riproduzione di un discorso orale attraverso la parola scritta. </div><div>Questi argentini sono maestri nel coltivare l’amore per l’intreccio, la predilezione per un certo tipo di fantastico, per una struttura narrativa originale, i punti di vista diversificati. </div><div>In Segreto a più voci c’è la compresenza di differenti generi letterari all’interno della stessa opera, storie che si costruiscono mentre si leggono ('La scrittura che scrive se stessa mentre si guarda scrivere', direbbe Giovanni Barone, traduttore in italiano dell’opera di Bermúdez).</div><div>Non è una mia consuetudine sottolineare i libri ma, in questo caso, fin dalle prime pagine, ho sentito la necessità di appuntare le date citate a lato delle relative pagine, come per tenere una traccia temporale degli eventi che si avvicendavano. </div><div>Ho intuito, e non solo perché ci viene ricordato che un personaggio del romanzo 'Ha una fissazione per le date', che l’insistenza e la puntigliosità con cui venivano precisate quelle date dovevano avere qualche importanza nell’economia della storia. È una narrazione che include anche delle parti che simulano articoli di giornali dell’epoca dei fatti, come per dare l’impressione di una sorta di saggio, la descrizione di una pagina di storia nazionale. </div><div>C’è un passaggio del romanzo in cui un personaggio si intromette nella narrazione e fa un resoconto di quanto è stato raccontato. Potrebbe essere un lettore qualunque di Segreto a più voci che, a metà circa della lettura del romanzo, si ferma e prova a fare il punto della situazione. Una sorta di riassunto, come per fare ordine su quanto già letto e detto. </div><div>Niente di strano, si direbbe, se non che questo lettore insinua il dubbio che il personaggio in questione potrebbe essere lo stesso autore del romanzo, e cioè Fernando Bermúdez, il quale si presenta facendo anche riferimento ad alcuni momenti della sua carriera letteraria, fino ad arrivare al libro che quel presunto lettore tiene tra le mani e che sta leggendo. </div><div>Il lettore vero si trova spiazzato, preso da una vertigine narrativa che non sa come interpretare, perso come dentro un vortice da cui non capisce come uscire. </div><div>Il lavoro di Bermúdez è tanto altro ancora ma non vorrei andare avanti a svelare ulteriori elementi di questo romanzo perché, come dice il presunto personaggio Bermúdez, 'esiste un’etica del lettore che non ce lo permette'. </div><div><br></div><div>Julio, 'perché ora stavo riportando quel nome?'</div><div>Julio, un nome che non deve essere stato scelto a caso. Non si può essere scrittori argentini senza tener conto di un certo Cortázar.</div><div>E Cortázar aleggia nel romanzo in varie occasioni, anche se in maniera minore che nei racconti di “La metà del doppio”, dove mi è capitato di sentire la sua voce echeggiare qua e là tra le pagine della raccolta.</div><div>Sarà perché entrambi condividono l’esperienza dell’esilio, sia pur per ragioni diverse, che tra le parole ritornano ricordi, memorie, abitudini? 'La tenacia di un’abitudine'.</div><div>Bermúdez fa dire a un suo personaggio: 'Le abitudini proprie, comunque, hanno la caratteristica dell’indiscutibile, sono assiomi della maniera di procedere in questo mondo', parole che ricordano tanto quelle di un racconto del Bestiario di Cortázar: 'Le abitudini […] sono forme concrete del ritmo, sono la quota di ritmo che ci aiuta a vivere'.</div><div><br></div><div>Leggendo Segreto a più voci ci interroghiamo sullo statuto della narrazione, della finzione e quindi della realtà tout court. E cosa possiamo chiedere di più a un romanzo? </div><div>'Saranno reali i fatti che si narrano?' </div><div>La letteratura non dà risposte.</div><div>Basterà dire che per Bermúdez la letteratura agisce sulla realtà, modificandola.</div><div><br></div><div>Questa, sarà chiaro a tutti, non è un’interpretazione del romanzo. </div><div>È che quando leggo mi piace entrare talmente tanto dentro le pieghe della scrittura che non riesco a rimanerne fuori e qualcosa devo scrivere anch’io. </div><div>Stavolta è andata così.</div><div><br></div><div>Fernando Bermúdez</div><div>Segreto a più voci </div><div>Edizioni Spartaco</div><div>Trad. Gianni Barone</div>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-7847113027901836032023-11-29T12:04:00.000+01:002023-11-29T12:04:00.349+01:00Segreto a più voci.<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnZyLsNR8IiUftSEMZ_25XPMiSDvkMH8IFoDRkcgmfz5KbWKwZ39rKyVEALVEbdnp4UlLPbQkJvubkNMH8D9F_BGhKagwyX9WF0OHzTom22G-yeUiYO61jxkW4oHHtrtffDIXz3wd3CtJsZ3w4Q3C-UATWTHkZt5l9_Pv8SgGbqHRXPeI3d3FqmlaTe6I/s1600/Segreti.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1013" height="586" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnZyLsNR8IiUftSEMZ_25XPMiSDvkMH8IFoDRkcgmfz5KbWKwZ39rKyVEALVEbdnp4UlLPbQkJvubkNMH8D9F_BGhKagwyX9WF0OHzTom22G-yeUiYO61jxkW4oHHtrtffDIXz3wd3CtJsZ3w4Q3C-UATWTHkZt5l9_Pv8SgGbqHRXPeI3d3FqmlaTe6I/w372-h586/Segreti.jpg" width="372" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">È morto! </div><p></p><div style="text-align: justify;">Non deve essere una gran cosa, per chi legge, sapere che un racconto inizi così. Leggere le prime parole e venire a sapere che qualcuno è morto. </div><p style="text-align: justify;">Ma chi? Io vorrei saperlo subito chi è morto. L’autore non può lasciare questa frase in sospeso, dicendo che qualcuno è morto, senza svelare di chi si tratta. Il gatto, Paolo il fornaio, il giornalaio sotto casa. Potrebbe essere la figlia del dottore, la nonna di Alice, l’anaconda che ieri ho visto in televisione. La speranza di capire qualcosa dalla vita, la voglia di vivere e, in questo caso, definitivamente, per cui si potrebbe pensare a un suicidio. La pianta che avevo comprato a prezzo scontato al mercatino delle pulci, che si tiene tutte le domeniche sotto casa della signorina Maria. </p><p style="text-align: justify;">Il dubbio può essere fugato abbastanza rapidamente se proseguo nella lettura. Così almeno spero, perché non è detto che l’autore voglia svelare subito l’identità del morto e, se è scorretto, potrebbe anche non svelarlo mai, perché, ad esempio, vuole mantenere in una condizione di sudditanza i lettori o, semplicemente, perché vuole prendersi gioco di loro, di quanti, cioè, ripongono così tante speranze in lui e nel suo libro, per trascorrere qualche ora, divertendosi. Almeno per chi ritiene sia questa la funzione della lettura. Ma so già che non è l’evasione lo scopo di questo lavoro. Questo tipo, Bermúdez si chiama, lo conosco, per aver già letto i racconti di “La metà del doppio”. I suoi scritti richiedono un minimo di impegno. Sono destinati soprattutto a chi sa apprezzare la buona letteratura.</p><p style="text-align: justify;">È morto!</p><p style="text-align: justify;">Caro il nostro autore, questo l’ho capito, ma se proprio non vuoi svelare subito chi è morto, non farmi stare in ansia. Dimmi almeno cosa faceva quel disgraziato, dove viveva, come è morto, così che possa cominciare a farmi un’idea, che possa fare delle associazioni, per dare un’immagine a questa cosa che non c’è più, ma che io invece comincio a far nascere nella mia mente, nella mia immaginazione.</p><p style="text-align: justify;">Può capitare, quindi, che un romanzo cominci con questa frase: ”<i>È morto</i>”, e che il plot e la storia si allontanino da un punto iniziale, divaricandosi sempre più, allontanandosi uno dall’altra, seguendo strade diverse, e non è detto che un giorno si incontreranno. In questo caso sembra invece che le storie siano destinate a convergere, anche se in un punto non definito. Succede spesso nei racconti di Bermúdez. Seguiamo i personaggi mentre percorrono strade diverse ma poi, non è chiaro come, avviene uno scarto, la storia di uno si incrocia fatalmente con quella dell’altro. Il fantastico funziona così. Inutile cercare una spiegazione. </p><p style="text-align: justify;">È morto!</p><p style="text-align: justify;">Una dichiarazione del genere metterà pure la parola fine all’esistenza di un personaggio, ma aprirà un mondo, mille mondi. Ma che dico?, infiniti mondi a chi si appresta a leggere. Le strade che si irradiano da quel ceppo piantato lì, all’inizio della pagina, conducono a destinazioni sconosciute e intraprendere una di queste biforcazioni è un’impresa che ha dell’avventuroso e di cui non si riesce a prevedere il finale. Significa essere catapultati in un vortice, essere presi da una vertigine da cui non si è sicuri di poter uscire indenni, così da poterla raccontare agli altri. Ci sto provando, a modo mio ma quando si legge Bermúdez è consigliabile dotarsi di una bussola, per non perdersi negli insidiosi labirinti che si aprono davanti, man mano che ci si inoltra nella lettura.</p><p style="text-align: justify;">È morto!</p><p style="text-align: justify;">Nel vero senso della parola. Non che le parole non vadano intese nel loro senso, però, si sa, gli scrittori a volte sembra si divertano a penderci in giro, facendo passare per vere cose che sono del tutto inventate, cose che apparentemente non hanno un minimo di fondamento nella realtà. Almeno nella realtà in cui ognuno immagina di vivere mentre sta leggendo, al punto da domandarsi di continuo: Saranno reali i fatti che questo tipo sta narrando?</p><p style="text-align: justify;">È morto!</p><p style="text-align: justify;">Potrei anche chiuderla qui e non proseguire nella lettura. E se a morire fosse stata proprio la signorina Maria? Non María Carmen, quella del romanzo. Un’altra. Come potrei accettare una notizia così sconvolgente? Siamo stati insieme per così tanti anni! Ci volevamo bene. Poi, si sa, le storie prima o poi finiscono e, a volte, c’è anche qualcuno che le racconta, che ci costruisce su un romanzo. Non potrei accettare una notizia del genere. No. Voglio proprio rimuovere questo pensiero. Maria non può essere morta. Non è lei, ne sono certo. Chi, allora? Non farei prima a proseguire nella lettura? Già, facile a dirsi. Sarebbe come affrontare un rischio, un serio pericolo da cui non c’è via di scampo. Sento che è così. Adesso, più che mai, avverto che il peso di una notizia tragica potrebbe schiacciarmi, potrebbe stritolarmi.</p><p style="text-align: justify;">Fortunatamente, a liberarmi da un gioco che stava diventando pesante, mi viene in soccorso il telefono. Metto da parte il libro appena iniziato, non c’è bisogno del segnalibro, sono appena alla prima pagina, alla prima frase, me lo ricorderò, e mi precipito a rispondere. Non so dove abbia trovato il mio numero di telefono, ma dall’altra parte c’era Gianni Barone, proprio lui, il traduttore in italiano del libro, che si affrettava a tranquillizzarmi, che mi stava consigliando di continuare, di non fermarmi alle prime parole del libro, che il bello doveva ancora venire, che più avanti ci sarebbero stati dei chiarimenti, che la signorina Maria non c’entrava niente, che se avessi avuto la pazienza di proseguire nella lettura la trama avrebbe riservato delle sorprese, che si sarebbe chiarito chi era il morto, e anche quando era morto, che c’erano altri personaggi che aspettavano di entrare in scena, che forse anche lo stesso Bermúdez si sarebbe palesato tra le pagine del libro a informarci che quelli narrati erano tutti fatti reali, che a suo dire la letteratura agiva sulla realtà, modificandola e forse, ma questo lo dico io, poteva esserci un posto anche per me nelle trame del romanzo, se solo avessi accettato il patto che di solito si instaura in questi casi.</p><p style="text-align: justify;"><b>Segreto a più voci </b>è un romanzo psicologico, è un romanzo di investigazione, è un giallo poliziesco, è una storia autobiografica, è un saggio di storia, è un’opera fantastica. È tutto questo e molto di più. </p><p style="text-align: justify;">Un regalo prezioso che la Letteratura di tanto in tanto ci offre.</p><p style="text-align: justify;">Bermúdez è un maestro nel coltivare l’amore per l’intreccio, la predilezione per un certo tipo di fantastico, per una struttura narrativa originale, i punti di vista diversificati. Il segreto è a due e anche a più voci. C’è la compresenza di differenti generi letterari all’interno della stessa opera, storie che si costruiscono mentre si leggono (“<i>La scrittura che scrive se stessa mentre si guarda scrivere</i>”, direbbe Giovanni Barone).</p><p style="text-align: justify;">Il lettore vero si trova spiazzato, preso da una vertigine narrativa che non sa come interpretare, perso come dentro un vortice da cui non capisce come uscire. Il lettore vero è questo che cerca in un libro. </p><p style="text-align: justify;">Un grazie a <b>Fernando Bermúdez</b>, che è ‘ricaduto’ nel vizio della scrittura, a distanza di anni dalla precedente raccolta di racconti. </p><p style="text-align: justify;">A <b>Gianni Barone</b>, che ha tradotto magistralmente il romanzo. </p><p style="text-align: justify;">Alla <b><a href="https://www.edizionispartaco.com/">Edizioni Spartaco</a></b>, che ha saputo apprezzare l’opera scegliendo di pubblicarla e di farla conoscere così anche al lettore italiano.</p>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-14897788940239153092022-12-23T21:59:00.000+01:002022-12-23T21:59:16.062+01:00Pensare di aver esaurito il tema<p style="text-align: justify;">Pensare di aver esaurito il tema, così che possa passare oltre, vedendo meglio le cose, o vedendole del tutto, dove prima era cecità assoluta. Liberarmi da un assillo, il premio migliore che potessi guadagnare. Parlare più chiaro, dire tutto apertamente, senza calcoli o costrizioni formali.</p><p style="text-align: justify;">Quando riuscirò a sperimentare questa liberazione sarò un uomo felice. Ma la felicità, si sa, non sempre è a portata di mano, e c’è anche chi dice che non è di questo mondo. Vorrei non crederci e darmi qualche possibilità.</p><p style="text-align: justify;">Insomma, essere un altro, dire io senza pensare più a me. Non sarebbe difficile dotare quest’essere di caratteristiche che possano arrecare qualche forma di felicità, basta pensare a qualcuno diverso da me e il gioco è già fatto. </p><div style="text-align: justify;"><br /></div>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-60542693013108983992022-10-09T11:38:00.001+02:002022-10-09T11:38:37.396+02:00Ferrovie del Messico<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhV1WhnMxJiZ54d28GgJ3JePPIPnSK5vzFOzHv9Qgt7ZF6VXakdGOFHx3Tngu9tgFzwlyENKtjdQguXW_60_ooDnGrCi9To-IKZDZGKBXPe11c7ACU4H3G_jPZI5zW387NkOf4_j-klM3TSpjj3IlDQXNQHI6aLJBpKaVU7BXW0QOorCXJdcpoZCY-E/s612/FdM.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="612" data-original-width="424" height="372" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhV1WhnMxJiZ54d28GgJ3JePPIPnSK5vzFOzHv9Qgt7ZF6VXakdGOFHx3Tngu9tgFzwlyENKtjdQguXW_60_ooDnGrCi9To-IKZDZGKBXPe11c7ACU4H3G_jPZI5zW387NkOf4_j-klM3TSpjj3IlDQXNQHI6aLJBpKaVU7BXW0QOorCXJdcpoZCY-E/w258-h372/FdM.jpg" width="258" /></a></div><p style="text-align: justify;">Una massa spropositata di parole, mattone non rende l’idea, è più di un mattone, anche scomodo da tenere in mano. Se fosse un sacrificio da sopportare per poche pagine potrei anche riuscirci, ma un malloppo così grande è una vera fatica, leggerlo a letto prima di addormentarmi nemmeno a parlarne, come potrei reggerlo? Decisamente non un libro da letto. </p><p style="text-align: justify;">Ho voluto comprarlo, non sono riuscito a resistere al battage pubblicitario, se così si può definire, su Facebook, sono stato attratto irresistibilmente da qualche sirena astuta, vabbè, se a promuoverlo, oltre all’autore, c’è anche quella vecchia volpe del Mozzi, forse qualche merito dovrebbe averlo questo tomaccio, e se continuavano a susseguirsi quasi solo e soltanto recensioni positive a mo’ di commento ai post dei suddetti, beh, forse qualcosa di buono doveva pur esserci in mezzo a quelle centinaia di pagine. </p><p style="text-align: justify;">Insomma, dopo averlo comprato ho anche cominciato a leggerlo. La storia in sé mi ha preso, ma non è alla storia che guardo in primis quando affronto un romanzo. Presto più attenzione agli aspetti formali della scrittura, a quelli tecnici, stilistici. La storia può anche non esserci. Mi interessano le parole e come vengono composte. E qui di stile non ne manca, anzi, ce ne sono di tanti tipi.</p><p style="text-align: justify;">Andando avanti nella lettura, dopo un bel po’ di pagine, mi sono accorto che non c'erano refusi. O forse non me ne sono accorto e quindi mi saranno sfuggiti. Però, da un certo punto in avanti, mentre leggevo facevo attenzione a questo aspetto, se cioè, qua e là, non spuntava un errore, qualche svarione sfuggito al correttore di bozze. Non parlo dei titoli dei capitoli, o delle frasi in tedesco, che non ho mai nemmeno provato a studiare, le date, o i luoghi, quelli ho cominciato a saltarli fin da subito, cioè non li ho più letti, non riuscendo a seguire l’andirivieni tra passato, presente e futuro, gli eventi potevano essere ambientati in qualsiasi periodo della storia del mondo o in qualunque luogo dell’universo, per me sarebbe stato lo stesso. </p><p style="text-align: justify;">Ciò che mi importava era scovare un refuso e arrivato alla metà la mia ricerca si era rivelata del tutto infruttuosa. Ma restavano tantissime altre pagine da scrutinare, avevo quindi ancora qualche speranza. Sì, perché ormai la lettura era diventata una sfida, altro che libri da trovare, altro che mappe da disegnare, la mia ferrovia del Messico si era trasformata ben presto nella ricerca dei refusi del Griffi.</p><p style="text-align: justify;">La lettura procedeva a rilento perché stavo attento a ogni parola, ma non tanto al significato, alla massa di denotazioni e connotazioni che si portava dietro, quanto alle lettere che la componevano, pronto a individuare finalmente quell’errore che ormai era diventato l’unico motivo che mi spingeva ad andare avanti nella lettura. E più andavo avanti, più mi perdevo tra le irritanti enumerazioni caotiche che ammorbavano le pagine, più riuscivo a individuare le citazioni che più o meno subdolamente si nascondevano tra le pagine, ecco, più mi perdevo in questo trip e più mi rendevo conto che stavo perdendo la partita col testo, non sarei riuscito a rintracciare alcun refuso perché ormai tutto si era trasformato in un refuso, non ero più sicuro di leggere ciò che effettivamente era impresso nelle pagine, le parole col tempo si erano andate trasformando dando vita a storie forse diverse da quelle pensate e concepite dall’autore.</p><p style="text-align: justify;">Ho capito che quel romanzo era fatto di storie, ma non le solite storie, o non solo. Si tratta di storie che al loro interno ne contengono tante altre, o ipotesi di altre storie, abbozzi da sviluppare da chi legge. </p><p style="text-align: justify;">Altro che labirinti, altro che biforcazioni, qua c’è un frattale ricorsivo autoriproducentesi ad libitum o all’infinito, pane per i denti per chi ama le buone letture e che vadano a quel paese i refusi da me inutilmente cercati e già che ci sono a quel paese ci vado anch’io anche se, a dire il vero, non so se è esattamente il Messico.</p><p>Gian Marco Griffi</p><p>Ferrovie del Messico</p><p>Laurana Editore</p>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-74367974932188643852022-10-05T16:42:00.000+02:002022-10-05T16:42:11.470+02:00L’essenza dell’estinzione del Marabù, tendenzialmente assente nella saggezza delle linee parallele<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjhf4b7vRv82Zcj0nHEPdHgohKOfhtXSV8tEL9j1c0abknnf6MJHXV_G2X-25OIHRAd6fifLO42XO2uySF2kWSkNFyRdjW7nMHrBhU-y_fShZDmtTJnVrc3c_EnZrDtgSPB_pMx9R0I0EkCkRrCjL2eXCFI3L1e-NVDnS7zvjUlgM0Y2qtqFAlNqfV6" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="552" data-original-width="390" height="368" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjhf4b7vRv82Zcj0nHEPdHgohKOfhtXSV8tEL9j1c0abknnf6MJHXV_G2X-25OIHRAd6fifLO42XO2uySF2kWSkNFyRdjW7nMHrBhU-y_fShZDmtTJnVrc3c_EnZrDtgSPB_pMx9R0I0EkCkRrCjL2eXCFI3L1e-NVDnS7zvjUlgM0Y2qtqFAlNqfV6=w261-h368" width="261" /></a></div><br /><br /><p></p><p style="text-align: justify;">C’è un autore che avverte che la vena artistica sta lentamente svanendo e che tuttavia ha ancora voglia di scrivere un nuovo romanzo. Per far questo, un po’ a corto di idee, convoca alcuni personaggi dei libri già pubblicati, da cui spera di ricavare qualche idea, un suggerimento o un sostegno. </p><p style="text-align: justify;">Inevitabilmente, nella costruzione di questo nuovo romanzo, troviamo spesso citazioni tratte dai lavori precedenti che diventano parte integrante della storia. Procedendo nella lettura si ha l’impressione che nello scrivere i primi romanzi, l’autore avesse già in mente di scrivere un’opera in cui tirare le somme, intrecciando storie e personaggi presenti nella produzione precedente. Oppure questo romanzo è stato concepito proprio per chiudere un ciclo e aprire la prospettiva a qualcosa di completamente nuovo e diverso?</p><p style="text-align: justify;">Sembra che nei dialoghi fra i personaggi e l’autore dei romanzi, ogni battuta presuppone una domanda che sorge spontanea nella mente del lettore, almeno a me è capitato così, a cui poi fa seguito la risposta già pronta del personaggio di volta in volta interpellato, come per quella legge fisica dell’azione a cui fa seguito una reazione obbligata, o come per una rigida costruzione matematica. Insomma un meccanismo perfetto. </p><p style="text-align: justify;">In certi momenti si viene catapultati come dentro una profondissima e vertiginosa <i>mise en abyme</i>, in cui il povero lettore rischia di smarrirsi non riuscendo più a definire il confine tra la fantasia e la realtà. </p><p style="text-align: justify;">Ma forse è proprio questo lo scopo della letteratura, ammonire il lettore sull’impossibilità della rappresentazione autentica della realtà, e Pietro Calabretta, con questo romanzo, ci è riuscito in maniera impeccabile. </p><p style="text-align: justify;">Un romanzo che in alcuni passaggi può essere considerato un trattato di filosofia, ma allo stesso tempo un’opera che può essere fatta rientrare a pieno titolo nel filone della letteratura postmoderna, se solo si considera la componente autoriflessiva dei personaggi che riflettono sulla propria natura, sulla circostanza che quei personaggi si confrontano di continuo con gli altri personaggi e finanche con l’autore, che quei personaggi ha creato.</p><p style="text-align: justify;"><i>L’essenza dell’estinzione del Marabù, tendenzialmente assente nella saggezza delle linee parallele</i>, questo il lunghissimo titolo dell’ultimo lavoro di Pietro Calabretta, ha tutta l’aria di rappresentare la chiusura di un cerchio che, auspicabilmente, presuppone un nuovo inizio, che i lettori aspettano con rinnovato interesse. </p><p style="text-align: justify;">Pietro
Calabretta</p><div style="text-align: justify;"><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm;"><o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm;">L’essenza
dell’estinzione del Marabù, tendenzialmente assente nella saggezza delle linee
parallele<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm;">Mauro
Pagliai Editore<o:p></o:p></p><br /></div>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-47513352771042682282022-01-08T17:20:00.001+01:002022-01-08T17:23:49.369+01:00L'ora della lettura <p> </p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="328" src="https://www.youtube.com/embed/QZgMG0ssxlI" width="395" youtube-src-id="QZgMG0ssxlI"></iframe></div><p></p><span style="text-align: justify;"><div><span style="text-align: justify;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;">Ho bisogno di bere, un goccetto di rhum è quello che ci vuole, è il momento di un buon bicchierino di Zacapa, che dà il senso di cosa veramente significa un gusto rotondo, qualcosa che scivola nel palato, delicatamente, senza ostacoli e così mi ritrovo, senza nemmeno accorgermene, a riprendere il discorso, lentamente, da dove l’avevo lasciato, sospeso, ad osservare il pubblico presente, affacciato da oblò improvvisati, che gesticola con mostruose articolazioni delle labbra, e con accenni che si fanno vieppiù artificiosi e di difficile lettura.</div></span>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-86628899215020523102021-11-24T23:25:00.003+01:002021-11-24T23:25:21.504+01:00La signorina Maria<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZpkp9tQ8DZyKKeyYGNjlI54wsh-1FfkJxPMJM5hKoxAXLA0lqlQnLyMuGn6grYRw_shaVSvpVvKhhhihvlyL3on4gC6_jTxiMVrusO44D6p5kUoN9oDQaV_eiajImVtIJshoq_Fz0EgM/s2048/la-signorina-maria.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1334" height="376" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZpkp9tQ8DZyKKeyYGNjlI54wsh-1FfkJxPMJM5hKoxAXLA0lqlQnLyMuGn6grYRw_shaVSvpVvKhhhihvlyL3on4gC6_jTxiMVrusO44D6p5kUoN9oDQaV_eiajImVtIJshoq_Fz0EgM/w244-h376/la-signorina-maria.jpg" width="244" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal"><o:p></o:p></p><p style="text-align: justify;">Finalmente è arrivato anche il mio momento, eccomi qua. Non vedevo l'ora che arrivasse. Sarà forse perché mi hanno messo questa fascia sugli occhi? Ma perché mai gialla? Ci dev'essere qualcosa di misterioso che aleggia in tutta questa operazione, ed il giallo è il colore che rende un po' l'idea del mistero, di qualcosa di poco chiaro. O non si tratta piuttosto di un simbolo, come di una barriera che si frappone fra la realtà finzionale e il resto del mondo?</p><p style="text-align: justify;">Mi sa che dopo averlo scritto mi toccherà anche leggerlo, se vorrò capirci qualcosa, almeno qualcosa.</p><p style="text-align: justify;">Vi farò sapere. </p><p style="text-align: justify;">Intanto se volete provarci insieme a me, non vi resta che comprarlo e leggerlo. Più saremo a provarci meglio riusciremo a trovare una risposta. Forse.</p><p style="text-align: justify;">Buona lettura.</p><p style="text-align: justify;">Dimenticavo, é possibile acquistare il libro direttamente dal sito della casa editrice. C'è anche lo sconto, cosa chiedere di più?</p><p style="text-align: justify;"><a href="http://www.portoseguroeditore.com">www.portoseguroeditore.com</a> </p><p style="text-align: justify;">Antonio Danise - La signorina Maria - Porto Seguro Editore</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"> </p><p style="text-align: justify;"><br /></p>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-50917248424167944852021-05-09T23:45:00.003+02:002021-05-09T23:45:57.593+02:00Corsie preferenziali<p style="text-align: justify;">Venga di qua, ed io invece avevo capito, non so perché, o forse lo so, avevo capito, Vieni con me, ed ovvio che l’ho seguita, dopo il gesto con l’indice abbastanza eloquente e la strizzatina d’occhio non potevo fare altro, ma mi stava solo accompagnando alla prima cassa libera, più esattamente la stava aprendo appositamente per me, e una volta finite le operazioni di rito, uno scambio di battute che non doveva essere del tutto casuale, una volta che le ho porto la carta per il pagamento, senza dimenticare il codice della lotteria degli scontrini, un’altra occasione che non si è lasciata sfuggire per augurarmi non so che fortuna, non so bene però se si trattava della stessa cosa che immaginavo o speravo io, a quel punto ha chiuso la cassa, ha lasciato la postazione ed è andata via, ma non ho indagato in quale direzione, né ho avuto la prontezza di spirito di chiederle qualcosa che poteva interessarmi, che ne so, la scadenza della raccolta dei bollini, i tempi del ritiro dei premi, cose così, ma forse ha fatto un cenno che non ho saputo interpretare, anzi sarà stato senz’altro così, dopo che le avevo fatto i complimenti per i capelli nerissimi, erano mesi che l’avevo notata e finalmente avevo l’occasione di parlare con lei, anzi, l’occasione me l’ha data lei, invitandomi a seguirla in cassa ma forse voleva condurmi da qualche altra parte, quello era solo l’anticamera di qualcosa di più piccante, ed una battuta sui peperoncini che avevo adagiato sul nastro deve averla concepita di sicuro, senza tuttavia arrivare ad esplicitarla, ma non ci vuole molto a capire cosa le stava passando per la testa e comunque finalmente ho preso il coraggio a due mani, o forse, come un novello Shiva, anche di più e devo averle chiesto qualcosa, che non ricordo più, a proposito dei capelli, lunghi, nerissimi, di un nero più nero della pece e folti, qualcosa del tipo, È da un po’ che volevo dirglielo, che ha una chioma che mi piace da morire, ogni volta che la vedo mi viene da impazzire, cioè non è esattamente questa la reazione che mi provoca ma in quell’occasione non ho saputo dire di meglio, mi sono venute solo quelle parole e lei, come risentita, mi ha chiesto, Ma solo ai capelli è interessato, non me l’aspettavo proprio questa improntitudine, non ero preparato, e però ho avuto come un senso di orgoglio e ho trovato chissà dove il coraggio, sembra strano che di coraggio si possa parlare in occasioni del genere, ma è proprio quello che provavo, in ogni caso la mia risposta non si è fatta attendere e ha preso la forma di una battuta del tipo, Del resto non posso giudicare, non ho abbastanza elementi per valutare, una frase così, un po’ vaga, che però l’ha lasciata alquanto interdetta, almeno apparentemente perché non è che ci abbia pensato molto ed ha rilanciato cominciando a fare commenti sugli articoli che scorrevano sul nastro, roba del tutto normale, non solo i peperoncini piccanti, niente di che, ma non ricordo, ad essere sincero, cosa mi ha detto, so solo che dopo poche parole avevo già cominciato a farmi chissà che film, anche se non so esattamente di che tipo, no, un momento, lo so che state pensando ad un porno, ma non è propriamente il genere di film che preferisco, mi aspettavo qualcosa di avventuroso, forse anche pieno di scene passionali, tra due persone che di vista si conoscono da tempo e che in qualche modo poco chiaro si piacciono pure ma che non si sono mai scambiate due parole e, una volta rotto il ghiaccio, non c’era verso che interrompessero le relazioni, i rapporti o le comunicazioni, che peraltro si concretizzavano nelle forme più disparate, e se il buon giorno si vede dai capelli, figuriamoci nel corso della giornata cosa avrei potuto vedere di lei, della sua figura del suo corpo, tutto questo ovviamente faceva sempre parte del film che mi stavo facendo che, a questo punto, era anche qualcosa più di un semplice film, la realtà aveva preso il sopravvento scalzando ogni ipotesi di finzione o immaginazione, ecc. ecc.</p>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-3819939559651584262021-04-13T00:37:00.000+02:002021-04-13T00:37:03.758+02:00Storie di maggio<div style="text-align: justify;">Dovessi parlare di tutte le cose che dico a me stesso - non solo quando sono davanti allo specchio, che ci sto poco, e per di più nemmeno mi ci guardo, se non di rado, ma anche in altri momenti - di certo passerei meno tempo a scriverle, se solo le ricordassi. </div><div style="text-align: justify;">Potrei sempre imbellettare certi rimasugli di ricordi con aggiunte che apparirebbero senz’altro inconferenti. Non si noterebbe e sarebbe una storia diversa da quella che sgorgherebbe dai pensieri che mi ottundono la mente di continuo, almeno da quando, non saprei, forse da sempre. </div><div style="text-align: justify;">Ma non è importante individuare il punto di inizio, non ai fini che qui ci riguardano, l’inizio dei miei problemi, che sarebbe come dire da quando sono nato, o giù di lì. </div><div style="text-align: justify;">Ho già perso il filo del discorso, che potrei anche ripescare facilmente se solo trovassi la forza, o meglio, la voglia, di ritornare indietro e rileggere ciò che ho scritto. Solo che mi perderei di nuovo, ed è quello che mi capiterebbe esattamente se mi mettessi in testa di raccontare tutte le cose che dico a me stesso nelle varie occasioni, ecc. ecc. </div><div style="text-align: justify;">Insomma sono ritornato di nuovo all’inizio, come se tutto quello che ho scritto fino ad ora, tutto lo sforzo fatto per trattenere il respiro, non fosse servito a niente. Avrei potuto utilizzarlo per occasioni più propizie. </div><div style="text-align: justify;">Se solo avessi un posto dove andare! Un progetto da realizzare, o anche soltanto su cui provare a lavorare! </div><div style="text-align: justify;">A volte mi viene da pensare che anche lo scrivere, sì, la scrittura, può rappresentare un obiettivo da raggiungere! Scrivere con uno scopo, voglio dire, non solo mettere parole o frasi in fila, una dietro l’altra, così, solo per arrivare ad una qualche conclusione e poter dire, Sono uno scrittore. </div><div style="text-align: justify;">Ma che senso avrebbe? Eppure è un’attività che svolgo da anni, da decenni, senza arrivare mai a niente. E cos’è il niente, in questo caso? E il suo contrario? </div><div style="text-align: justify;">Sfuggo di continuo alla mia persona, e non solo. Frasi come queste escono così, non so se anche spontaneamente, comunque senza un motivo e soprattutto sembrano non avere alcun significato. Ci capite qualcosa, voi? </div><div style="text-align: justify;">Verrebbero fuori tante di quelle cose che darebbero di me un’immagine che perfino io stesso farei fatica a riconoscere come mia. E allora, come ho desiderato a volte, o anche spesso, perché trattenermi? Avrei la possibilità di sperimentare una nuova identità, qualcosa di irriconoscibile. Sarei completamente diverso da quello che sono. </div><div style="text-align: justify;">Intraprendere questa avventura mi mette i brividi, forse anche le ali ai piedi, mi infonde uno spirito esilarante, qualcosa che, tuttavia, non riuscirò a controllare facilmente. Ma è ciò che ho sempre voluto, o meglio, da un po’, un nuovo io, perché del mio mi sono stancato da un pezzo, non ne posso proprio più. Allora, Via, partiamo, mi sono detto, davanti allo specchio, dopo aver fatto la barba e lavato i denti e tutto il resto.</div>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-38242376591118154902021-02-15T18:11:00.000+01:002021-02-15T22:09:54.891+01:00Raccontami<p>Raccontami, allora.</p><p>Non so da dove cominciare.</p><p>Non importa, racconta e basta.</p><p>Cosa devo dirti?</p><p>Quello che vuoi.</p><p>Ma non so se voglio.</p><p>Allora è diverso, sforzati di volere.</p><p>Perché?</p><p>Perché così anch’io posso scrivere qualcosa.</p><p>Ma non puoi scrivere da solo, senza che io racconti?</p><p>Non saprei cosa scrivere.</p><p>E lo vuoi sapere da me?</p><p>In due viene meglio.</p><p>Ma non saprei di cosa parlare.</p><p>Se vuoi te lo suggerisco io.</p><p>Proviamo.</p><p>Parla di te.</p><p>E cosa devo dire? </p><p>Come ti chiami, ad esempio.</p><p>Mi chiamo Paola.</p><p>Tutto qua?</p><p>È questo il mio nome.</p><p>Qualcos’altro?</p><p>Cosa?</p><p>Ad esempio cosa fai, se lavori, dove abiti, cosa ti piace fare …</p><p>Cioè cose che riguardano me, come se dovessi raccontarti la mia vita?</p><p>Sì, ecco, qualcosa del genere, l’importante è cominciare, poi le cose verranno da sole.</p><p>Sì, però preferisco che tu mi faccia delle domande, così mi è più facile rispondere.</p><p>Ma non deve essere un’intervista, devi raccontare sotto forma di storia, una storiella se vuoi, ma non qualcosa del tipo io ti faccio una domanda e tu rispondi, deve essere come una dichiarazione spontanea.</p><p>Ho capito, praticamente come se fossi un’attrice su un palco, come una specie di autobiografia.</p><p>Se la vuoi mettere così, recita pure la tua parte.</p><p>Praticamente sarebbe un monologo.</p><p>Non esattamente, immagina che davanti a te ci sia qualcuno a cui stai raccontando di te, o anche un pubblico in un teatro, gente che è venuta ad assistere ad uno spettacolo in cui un attore o nel tuo caso un’attrice parla di sé, racconta un’esperienza, o anche più di una, fai tu.</p><p>Sì, bello, dev’essere bello, però, penso che dovrei prepararmi un po’.</p><p>Ma cosa vuoi preparare, non ti conosci abbastanza? Non sai chi sei? Hai bisogno di tempo anche per parlare di te?</p><p>Ho paura di sì, penso che dovrei almeno organizzare un discorso, che so, ordinare le idee, altrimenti, mi perdo, non sono così sicura di riuscire a tenere una linea coerente, o uniforme, insomma a mantenere il filo del discorso entro giusti binari, ecco, vedi, già mi sento a disagio al solo pensarci, mi viene l’ansia, un senso di panico, non so esprimermi, qualcosa di difficile, comunque.</p><p>Va bene, ma quanto tempo ti serve per prepararti?</p><p>Mah, non saprei, dovrei cominciare, dovrei provare per sapere quanto ci metterò.</p><p>Ma non potresti cominciare? Vedrai che man mano che vai avanti acquisti fiducia, e così potrai affrontare il lavoro con più sicurezza.</p><p>Non ne sono così sicura.</p><p>Ma se non provi non potrai mai saperlo.</p><p>È che in certi momenti mi sento pure di poter cominciare ...</p><p>Ecco, vedi, devi approfittare di queste situazioni.</p><p>Sì, ma poi ci vuole poco a ricadere nel panico.</p><p>Ma tu non pensarci, vai avanti che le cose verranno da sé, il mondo non si è mica fatto in un solo giorno.</p><p>È vero, però dall’altra parte non c’era un pirla qualunque.</p><p>Ma tu nemmeno sei una cretina, l’importante è essere convinti, te l’ho già detto, con la buona volontà si ottiene tutto.</p><p>Ma lo sai che hai dei modi accattivanti? Cioè, volevo dire convincenti, ma mi è venuta quella parola, non so se esprime quello che realmente intendevo.</p><p>Non preoccuparti, non devi farti problemi, quando si parla non sempre viene tutto bene, a volte qualcosa può sfuggire, un errore, un’imprecisione, un lapsus, anche a me succede quando scrivo, non pensarci.</p><p>Propongo una pausa.</p><p>Ma come, non abbiamo nemmeno iniziato.</p><p>È per riflettere un po’, raccogliere le idee, voglio pensarci, e poi, anche perché ho voglia di mangiare qualcosa, mi è venuto un leggero languorino, una mela, o anche spiluccare qualche ciliegina, le ho comprate proprio oggi, sembrano buone, ed erano anche in offerta, insomma ho bisogno di distrarmi un po’, questa tua proposta, quella di raccontare, mi ha fatto venire strane idee.</p><p>Ad esempio.</p><p>No, adesso non ho voglia di parlarne, ci possiamo vedere più tardi, o sarebbe meglio domani, ti va bene vederci alla stessa ora, qui a casa mia?</p><p>Sì, magari la notte porta buoni consigli, chissà, forse ti viene l’ispirazione, i sogni potranno aiutarti, darti un’idea, d’accordo, ci vediamo domani.</p><p>Anche tu con questa storia della notte che porta consigli?</p><p>È solo un modo di dire, a volte succede, funziona davvero.</p><p>In che senso?</p><p>Eh, nel senso che anche se non ci pensi direttamente, però qualcosa nel sonno lavora, ed al mattino può capitare che ti svegli con idee nuove.</p><p>Sei di quelli che pensano che i sogni rappresentano la realizzazione di un desiderio, qualcosa del genere?</p><p>Tutt’altro, credo che quello che sogniamo, dopo potrà avverarsi, se solo riusciamo a trovare il modo di mettere in pratica l’oggetto dei sogni, dopo averli opportunamente decifrati ed interpretati.</p><p>Non so cosa intendi con quell’avverbio, e poi, io, difficilmente sogno di notte, o meglio, sognare sogno, solo che al risveglio non me li ricordo più.</p><p>Anche quella è una questione di volontà, cosa pensi? Solo una questione di esercizio, basta fare un piccolo sforzo ed anche i sogni te li ritrovi al mattino, o in qualsiasi momento, tutti svelati e dispiegati davanti a te</p><p>Così, tu te li ricordi i sogni che fai?</p><p>Non sempre, però me ne ricordo tanti.</p><p>Ma allora perché non scrivi dei tuoi sogni, invece di aspettare che sia io a raccontarti qualcosa di me?</p><p>Sì, potrei, ma quello che faccio è semplicemente una ricostruzione dei sogni, non sono poi tanto sicuro di aver sognato quelle cose lì.</p><p>Beh, ma cosa te ne frega, l’importante è scrivere, no? A voi piace comunque intrecciare storie, incrociare trame, se poi sono vere o sono inventate conta poco, se sono sogni o cose reali è secondario, dico bene?</p><p>No, non ti sbagli affatto, ma quando si scrive si sceglie anche di cosa parlare, ed io vorrei scrivere di te, e adesso non mi chiedere perché. </p><p>Eppure, sono curiosa di sapere perché ti sei messo in testa di parlare di me, cosa ci trovi di così interessante?</p><p>Tu parla, racconta, lo capirai da sola, e senza nemmeno dover aspettare tanto.</p><p>Tanto quanto?</p><p>Te ne accorgerai, lo capirai da sola.</p><p>Sono troppo curiosa, non puoi anticipare qualcosa?</p><p>Ma cosa vuoi che ti anticipi? E poi, non avevi detto che volevi pensarci un po’? Mi avevi dato anche appuntamento a domani.</p><p>Sì, è vero, ma mi sa che non riuscirò facilmente a dormire al pensiero di queste cose.</p><p>Meglio, così domani avrai tutto pronto e potrai sfoderare le tue doti di oratore che nemmeno pensavi di possedere, anche tu ti meraviglierai, vedrai come ti verrà tutto più semplice.</p><p>Lo pensi davvero?</p><p>Tutto andrà liscio, racconterai ogni cosa per filo e per segno, ti sorprenderai persino di raccontare storie che non sapevi di conoscere, succede così, credimi, a domani e buon riposo.</p><p>Allora ci vediamo domani.</p><p>Sì, stessa ora.</p><p>Sogni d’oro.</p><p>Ancora con quei sogni?</p><p>Ma è un modo di dire.</p><p>Un altro?</p><p>Sì, più o meno, un modo di augurare buona notte.</p><p>Ma voi usate sempre modi di dire per esprimere altri concetti? </p><p>È la ragione della scrittura, viviamo di questo noi scrittori.</p><p>Beati voi.</p><p>Ma che beati? Non pensare sia facile, sai.</p><p>Allora, se non è facile, chi ve lo fa fare? Non sarebbe meglio dire le cose come stanno, chiamare le cose col loro nome, senza girare attorno alle parole?</p><p>Senti, Paola, ti chiami così, vero? Ognuno ha il suo modo di raccontare, di scrivere, di vivere.</p><p>Sarà.</p><p>È.</p><p>Ma non ti innervosire, non voglio farti arrabbiare.</p><p>Non pensarci, ogni tanto mi salta il tic.</p><p>E ti succede spesso?</p><p>Ti ho detto ogni tanto, no ogni spesso.</p><p>Allora buona notte.</p><p>Buona notte.</p><p>A domani.</p><p>Ciao.</p><p>Sempre che ci sia un domani.</p><p>Oh madonna, cosa ti viene in mente adesso?</p><p>Non è detto che ci sarà, non si sa mai, niente è sicuro, al giorno d’oggi sembra tutto così difficile.</p><p>Ma questo è così da sempre, cosa vai blaterando? In ogni momento può succedere qualcosa.</p><p>È che di tanto in tanto mi vengono di questi pensieri.</p><p>Sì, ma sono pensieri che non hanno ragione di esistere.</p><p>Lo dici tu.</p><p>Ma non ha senso ...</p><p>Però, se mi vengono, un motivo ci sarà.</p><p>Sì, va bene, ma non vorrai scoprirlo a quest’ora della notte?</p><p>Perché no? Cosa me lo impedisce?</p><p>Io sono davvero stanco, mi si chiudono gli occhi, sarà per via del vino.</p><p>Ma se in due non ne abbiano bevuto nemmeno una bottiglia.</p><p>Ma non sono abituato a bere questo tipo di vino, era forte, mi ha dato anche un po’ alla testa.</p><p>Cosa ti senti?</p><p>Ho come un cerchio che mi stringe tutto attorno.</p><p>Sarà anche la stanchezza, sarà meglio andare a riposare.</p><p>È quello che penso anch’io, ma non riesco a fartelo capire, è tutta la serata che ci provo …</p><div><br></div><p><br></p>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-58431323650584358462020-07-10T22:37:00.001+02:002020-07-10T22:37:00.605+02:00Non so se voglio dirlo - 17<div style="text-align: justify;">Con lei è di storie che mi piace parlare, è più facile, di quelle che noi due amiamo leggere e su cui spesso ci troviamo d’accordo, nel senso che abbiamo delle preferenze comuni, scrittori conosciuti da entrambi, e ammirati, e incontrati anche di persona, romanzi già letti, letture che ritornano, e non solo per motivi di studio, anche per il piacere di approfondire la conoscenza di un autore, e capita di parlarne spesso, di scambiare opinioni, parlo volentieri di queste cose con lei, ormai la conosco anche in questo aspetto.</div><div style="text-align: justify;">Ma devo continuare a parlare ancora di lei?, vorrei liberarmene, non so, forse non era questo il motivo per cui mi ero messo a scrivere, Ah è così?, allora dillo, vorresti liberarti di me?, ammettilo, una volta tanto, che non vuoi stare più con me, che ti sei stancato, che non sei capace di reggere più questa situazione, anche a me succede a volte, cosa credi, ma cerco di superarle queste incertezze, questi dubbi, che vorrei cancellare per sempre dalla mia vita, lo faccio perché ti voglio bene, accetto tutto perché ti amo, perché non voglio farti male, perché non potrei vivere senza te,<span></span></div><a href="https://meridianieparalleli.blogspot.com/2020/07/non-so-se-voglio-dirlo-17.html#more">Continua a leggere...»</a>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-39202222886155171342020-07-07T00:40:00.001+02:002020-07-07T00:40:52.250+02:00Non so se voglio dirlo - 16<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><div><div style="text-align: justify;">Non ho alcun passato da difendere</div><div style="text-align: justify;">Non ho alcun passato di cui vantarmi</div><div style="text-align: justify;">Non ho alcun passato di cui andare orgoglioso</div><div style="text-align: justify;">Non ho alcun passato di cui decantare la grandezza</div><div style="text-align: justify;">Non ho alcun passato di cui raccontare imprese clamorose. </div><div style="text-align: justify;">Non ho alcun passato di cui raccontare gesta gloriose, ma neanche semplici.</div><div style="text-align: justify;">È che vorrei riuscire a smetterla di lamentarmi di continuo, di piangermi addosso, di elargire noiosi reportage dal profondo del mio io malato. </div><div style="text-align: justify;">Vorrei uscire da me stesso, diventare un altro, l’ho già detto? Fa niente, lo ripeto, devo continuare a ripetermelo, fino a convincermene, forse così facendo le cose andranno meglio. </div><div style="text-align: justify;">Allora, c’è una ragazza che vorrei amare, anzi no, che avrei voluto, anche se non so come, o forse ognuno ama a modo suo, e va bene lo stesso, nella misura in cui sta bene, cioè è soddisfatto del rapporto che ha instaurato.</div><div style="text-align: justify;">Poi c’è anche un amico, ma non so se voglio parlarne, se è il momento, cioè, di introdurre un altro personaggio. Mi capita spesso di sbagliare, però, c’è questo amico, una di quelle persone che non c’è bisogno di ricordare, tanto, si sa che non potrà mai uscire dalla tua vita, in nessun caso, ed invece a me è successo.</div><div style="text-align: justify;">Non so che fine abbia fatto, ne ho perso le tracce da tempo immemorabile, non mi sono curato di contattarlo, di cercarlo. Ora è lontano, non solo fisicamente, lontano come mai avrei pensato fosse possibile, forse non c’è più, non sono del tutto sicuro di riconoscerlo, intendo dire se dovessi imbattermi casualmente in lui. </div><div style="text-align: justify;">Del resto, non riconoscerei me stesso da giovane, me stesso più giovane, non sarebbe dunque una gran colpa se non riconoscessi lui, nonostante tutto. Comunque, ci sono questi due personaggi, che da soli potrebbero tenermi impegnato per tanto tempo, se solo mi mettessi all'opera con convinzione. </div><div style="text-align: justify;">A lei, ad esempio, vorrei, anzi no, dovrei insegnare a far l’amore. È ancora giovane, forse troppo giovane, devo dirlo?, mi piacerebbe che davvero fosse vergine, ma non ho niente da insegnare a nessuno, figuriamoci ad una come lei.</div><div style="text-align: justify;">Comincio sempre così, Cara, non ho nulla da darti, non devi aspettarti niente da me. Sembra funzionare, il più delle volte queste poche parole provocano una reazione immediata. </div><div style="text-align: justify;">Ma cosa dici? Non immagini nemmeno quanto sei importante per me. Ed in effetti, detto tra noi, è anche vero, che oltre queste premesse non riesco ad andare, ma comunque, cose così, me le hanno dette in tante, e anche lei non si è sottratta a questo copione. Dovrei averlo imparato bene, ed effettivamente è così, lo ripeto anche con lei, questo giochino, e inevitabilmente ci casca, subito, non mi sfugge niente, una parte più che collaudata, non rappresenta alcuna novità, non mi aspetto sorprese, tutto già scritto, ma forse così è fin troppo facile, ci vorrebbe qualcosa per confutare vecchie credenze ruvidamente incistate fin dentro l’anima, per ravvedermi di tutti gli errori commessi, più o meno gravi, per prendere coscienza una volta per tutte delle mie incapacità, perché, in fondo, cosa potrei insegnarle?, non saprei proprio, nemmeno da dove iniziare, ora che ci penso non ci ho mai pensato, mai fatto un piano, forse non possiedo neanche gli strumenti adatti, se ce ne sono, eppure, le troverò, le ritroverò tutte le parole che mi ha rivolto, ogni volta che le ripetevo le solite litanie, non dovrebbe essere difficile distinguerle nel confuso mondo che mi sono creato, come per mettere le mani avanti, Non posso darti niente, uno dei tanti modi per palesare la mia inveterata incapacità di assumermi delle responsabilità, anche in questo caso, anche in queste cose, che dovrebbero essere piacevoli, nel senso che potrebbero apportare una discreta dose di piacere, le ripescherò quelle parole, dal fondo dei mille e più discorsi che ho continuato a fare con me stesso, da epoche antichissime, me ne ha dette tantissime di cose belle, di parole che ho conservato nel cuore, nelle parti più intime del cuore, che mi hanno tenuto compagnia nei momenti difficili, e che hanno sostenuto il mio pressoché inesistente senso di autostima, soprattutto quando raggiungeva livelli inaccettabili, ed erano dolori, stavo male veramente, invece, bastavano poche sue battute ed il mondo riprendeva a girare nel verso giusto.</div><div style="text-align: justify;">Ma forse tutto andrà meglio quando mi arrenderò all'evidenza e mi dedicherò esclusivamente alla diaristica, non sono portato per la finzione, non riesco a costruire fantasie, sono troppo attaccato, forse avvinghiato, al mio mondo per poter volare e prendere coscienza di quest’altra incapacità è una mazzata che non potrei reggere.</div></div><div><br /></div>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-69813784172761250702020-07-04T00:36:00.001+02:002020-07-04T07:15:50.422+02:00Non so se voglio dirlo - 15<div style="text-align: justify;">Però, quando prima avevo detto che una delle cose che non sono capace di fare era cominciare, forse non sono stato del tutto sincero, o preciso, perché, di inizi ne ho avuti tanti, di incipit scritti tantissimi. È il proseguimento che è mancato, ma forse è anche una questione di tempo, ed io non so gestirlo bene, il mio tempo, quello rimasto ormai è poco, e si riduce sempre più, ma forse l’ho già detto, e quello trascorso, beh, ormai posso farci poco, e penso di non essere stato capace di ritagliarmi un momento, o anche più, per le mie storie. </div><div style="text-align: justify;">Però adesso mi piacerebbe prendere un impegno e soprattutto mantenerlo, ho fiducia che possa riuscirci. Sono le buone intenzioni, i propositi, che il più delle volte invece svaniscono, ma questa volta, ho come la sensazione di aver trovato la formula giusta per portare a termine un progetto con successo. Non voglio dire con soddisfazione, ma almeno concludere in qualche modo un percorso, uno dei tanti intrapresi.</div><div style="text-align: justify;">Ho accumulato tanto materiale, si tratta solo di organizzarlo, anche se non sarà un lavoro semplice, lo so, e quella risposta, che ho atteso con impazienza quella sera in pizzeria, alla fine è arrivata, sotto forma di altre sue domande, con tanta esitazione, con tanto pudore, che però è riuscita inaspettatamente a trasformare, anche se non senza difficoltà, in una serie di battute tra il brillante e qualcosa che celava una voglia di svelarsi a me con una certa disinvoltura, senza vergogna. </div><div style="text-align: justify;"><i>Anticosa</i>?, eh?, mi sa che non ho capito bene, davvero me lo stai chiedendo?, qui poi?, in una pizzeria?, ma ti sembra il luogo?, anticoncezionali? La gente quando non sa di cosa parlare, parla del tempo, non chiede quali anticoncezionali usa. A volte fai domande davvero inopportune, soprattutto ad una ragazza. Ma poi, da cosa sorge questa domanda?</div><div style="text-align: justify;">Non la capiva questa curiosità improvvisa, o forse la capiva bene, insomma non era una curiosità generica, c’era una porta, un lucchetto, non lo diceva facilmente, non si esponeva mai, magari lo lasciava intuire, lo faceva capire, insomma, in parte aveva paura di sembrare strana, È strana una ragazza della mia età che non ha avuto ancora esperienze importanti?, aveva paura di quelle domande, eh sì, perché lo sa che se avesse detto la verità, quella verità, avrebbe suscitato una certa curiosità, sarebbero iniziate altre domande, e si sarebbe trovata in difficoltà, come se avesse dovuto convincerlo, come era successo in passato con altri. </div><div style="text-align: justify;">Conosce il dolore che provoca quel sorriso che spunta all'improvviso, quella risata a mezza bocca quando cerca di spiegare i possibili motivi, quello che pensa, quello che crede, e le paure che vive. Conosceva già quel senso di inadeguatezza, e aveva paura, ma sperava anche che lui l’avrebbe capita, che non avrebbe fatto niente per metterla in imbarazzo, ma che fare?, parlare? dire la verità?, così nuda e cruda?, Sono ancora vergine, non ho mai fatto l’amore, oppure girarci intorno, lasciarla intuire?, Non ho molta esperienza in questioni di sesso, ma poi lì, in quel bar?, con tutta quella gente? No, non era così, non poteva essere in quel posto, doveva essere in un luogo aperto, dove avrebbe avuto la possibilità di scappare con lo sguardo, da quegli occhi che le facevano tante domande, che restavano lì increduli, come se conoscessero già le cose che le orecchie stavano ascoltando. </div><div style="text-align: justify;">Sì, sarebbe stato dopo, per strada, passeggiando, rompendo quel silenzio che lei aveva contribuito a creare, perché insomma quella domanda non era delle più facili, non per una come lei. Gli avrebbe preso la mano, gli si sarebbe stretta al braccio e l’avrebbe detto, che il suo anticoncezionale erano venticinque anni di pace assoluta, sì, insomma, che non si era fidata di nessuno, non era stata con nessuno mai, Ma perché me l’hai chiesto?, a cosa ti serve saperlo?, ma poi perché in quel modo?</div><div style="text-align: justify;">Usare due o più punti di sospensione, o interrogativi ed esclamativi può dare meglio l’idea della sua meraviglia, dello stupore, della sorpresa, un po’ come usare svariati sinonimi per esprimere uno stesso concetto. È una tecnica che serve a rafforzare una convinzione, o anche un dubbio. </div><div style="text-align: justify;">Erano questi i pensieri che mi venivano in mente a sentirla parlare così, non stavo badando alle parole che aveva appena finito di pronunciare, ci avrei pensato più avanti. Erano altre le cose che mi interessavano, succede sempre così, col risultato che perdo occasioni. Ma non so fare diversamente, mi eccitano taluni riferimenti alle tecniche narrative, al punto da perdere di vista ciò che mi sta davanti, e così era scomparsa come nel nulla. Mi stavo perdendo dietro a teoremi che non avevano alcun contatto con la realtà, e lei intanto non c’era più. Non sapevo cosa voleva comunicarmi, non avevo colto i messaggi che mi aveva, anche abbastanza esplicitamente, lo capisco solo adesso, trasmesso.</div><div><br></div>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-24630581887628515012020-07-02T00:27:00.001+02:002020-07-02T00:27:00.277+02:00Non so se voglio dirlo - 14<div style="text-align: justify;">Ecco, storie come queste ritornano con insistenza a tempestarmi la vita, in ogni occasione, in ogni momento, forse perché non sono consapevole dei miei anni, non più. Cioè, non sono all'altezza dell’età che devo avere. </div><div style="text-align: justify;">Inadeguatezza esistenziale, così la definisco, e in quest’espressione ci sta tutto. C’è molto, sicuramente, molte delle incapacità e insicurezze, e forse un po’ dei miei rammarichi ed anche qualche rimorso. </div><div style="text-align: justify;">Il rimorso, lo dice la parola stessa, è qualcosa che morde, morde dentro, anche più di una volta, anche a distanza di molto tempo da quando è successo, o non è successo, l’evento che l’ha originato. È qualcosa che ritorna, periodicamente. Ma si può definire lo stesso rimorso, anche se non si conosce la causa? In ogni caso, quella cosa, comunque la si voglia chiamare, ogni tanto mi sembra di avvertirla. Forse è l’aver intrapreso una strada sbagliata, ma dell’errore ci si accorge sempre dopo, e allora? </div><div style="text-align: justify;">Potessi volgermi al passato, avessi la capacità di cambiare il corso della storia, adesso scriverei altro, sempre riguardante la mia persona, sia chiaro, perché di andare oltre, davvero non mi riesce, è più forte di me, non so fare altro che ripescare episodi già vissuti, a volte malamente vissuti, ma sempre miei. È il limite più grande della mia scrittura, a cui non riesco a sottrarmi. Mi difetta, e tanto, la capacità di immaginare, e quindi vado avanti così, ho deciso. </div><div style="text-align: justify;">Vorrei continuarla questa storia, che mi sta facendo compagnia, è diventata presente, a volte anche pressante, me la ritrovo di continuo, nelle pagine che leggo, nelle cose che vedo, nelle persone che incontro. È una responsabilità, la sento, che non posso delegare a nessuno, né, peggio ancora, trascurare. </div><div style="text-align: justify;">La storia che sto vivendo mi ricorda tanto quel giochino il cui scopo è prendersi cura di un personaggio o anche di un elemento del mondo virtuale, ad esempio un affettuoso animaletto, che bisogna accudire ed alimentare, che ha bisogno di essere nutrito. Entriamo talmente tanto in sintonia con questa dimensione che ogni giorno dobbiamo ricordarci di comprare qualcosa, di dargli da mangiare, rispettando rigidi orari, e ferree abitudini alimentari, ma anche altre necessità vitali, le esigenze fisiologiche, se è un cagnolino portarlo a spasso per soddisfare i bisogni corporali, ed insomma trattarlo come se fosse presente, come se fosse con noi, uno di noi, perché se solo una volta ci dimentichiamo di lui, rischia di fare una brutta fine. Sentiamo, in definitiva, una certa responsabilità nei suoi confronti, non lo abbandoneremmo per nessuna ragione. </div><div style="text-align: justify;">Lo stesso vale se anziché con un animale ci troviamo ad avere a che fare con una pianta, oppure con un intero giardino. Dobbiamo ricordarci di essere sempre puntuali, e mantenerlo pulito, liberarlo delle erbacce infestanti, innaffiare i fiori, insomma trattarlo come se fosse una parte di mondo che ci appartiene, in cui anche noi viviamo.</div><div style="text-align: justify;">Ecco, il rapporto con questa donna, che da qualche parte esiste, mi fa pensare esattamente a un Tamagotchi. La differenza è che so, e ne sono certo, so che lei esiste, è vera, è fatta di carne ed ossa, e soprattutto vive dei sentimenti, ed ha un cuore ed anche un cervello, e non è poca la differenza, anche se, a lungo andare, l’abitudine a pensarla e a saperla lontana fisicamente da me, mi porta a concepirla più come un essere virtuale, esattamente come uno di quei soggetti a cui ho accennato prima, che come una persona vera. Sta proprio qui il limite di questa operazione, in cui sono coinvolto da tempo, e che mi impedisce di continuare così. </div><div style="text-align: justify;">Ho bisogno di uno scatto in avanti, sapere che lei c’è, che esiste davvero e non poter avere con lei un rapporto diverso da quello che resta fermo tra le righe di una finzione, mi porta a pensare che le cose non potranno durare a lungo ancora così, che è necessario che faccia delle scelte, che prenda delle decisioni, che possono essere dolorose, ma anche necessarie, per me ed anche per lei. A meno che la storia che sto vivendo, che stiamo vivendo, non trovi uno sbocco in qualcosa che potrà dare ad entrambi delle soddisfazioni e, dopo aver a lungo riflettuto, la soluzione è quella di farla diventare, di farci diventare, i due personaggi di primo piano della storia che insieme stiamo provando a scrivere e che, a ben vedere, abbiamo anche già cominciato a fare, perché ho in mente di utilizzare buona parte delle cose che ci siamo scambiate, nel corso di tante corrispondenze, per scrivere quel romanzo che ritengo potrà farci stare bene e che considero l’unico modo perché il nostro rapporto possa continuare.</div><div style="text-align: justify;">Ho solo bisogno di sapere qualcosa in più di lei, che però non sempre è disposta a raccontare. Vorrei che mi spiegasse, ad esempio, cosa sente quando dice di avere freddo, come l’assale il sonno così presto la notte, e quale vantaggio pensa di poter ottenere da un abbraccio a distanza. </div><div style="text-align: justify;">Oppure cosa pensa di poter ricavare da un bacio, se solo fossi là insieme a lei, e se il sangue comincia a circolare più rapidamente, a ribollire, quando mi avvicino e la stringo dolcemente a me, dove vuole sentire il calore delle mie mani, la pressione delle dita, vorrei sapere se mi vuole veramente accanto a sé la notte, se vuole che la prenda in braccio e la adagi piano sul letto, quando mi chiama per essere riscaldata, quando mi dice che ha bisogno di tenerezze per addormentarsi, del bacio della buonanotte, di un po’ di amore. </div><div style="text-align: justify;">Vorrei che mi dicesse di cosa è fatto il dolore profondo che sente per non avermi al suo fianco, che mi chiarisse la tristezza che avverto nei suoi occhi, in quel suo sguardo che intravedo nelle immagini che ogni tanto mi trasmette. Vorrei saperlo come fosse cosa mia, vorrei percepire anche solo un briciolo delle sue insicurezze e di come svaniscono all'istante quando finalmente le sussurro, Ti amo, amore, ti amo di un amore che non so descrivere, perché l’amore fa anche questo effetto, fa di questi scherzi, l’amore fa annebbiare la mente, fa confondere le idee, e non fa trovare le parole giuste, Ma sappi che ti amo comunque. Mi basterebbe anche solo un grammo della sua voglia di amarmi e, anche se non la conosco ancora abbastanza, sento tuttavia che è entrata a tal punto nella mia vita da non poterne più fare a meno.</div><div style="text-align: justify;">Ma forse la questione, o il problema, non è se voglio dirlo, tutto questo, bensì che non so dirlo, o come dirlo. Non saprei, non sempre sono soddisfatto di ciò che riesco a produrre e ci ripasso su, come per convincermi che le cose che scrivo non sono proprio da buttare via, ma non sempre ce la faccio. Anzi, continuo a pensare che farei meglio a dedicarmi ad altro. Da uno come me, senza molte passioni, senza vizi, cosa potrà mai aspettarsi? Cosa potrà mai venire di buono da uno che non sa vivere emozioni?</div><div><br /></div>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-68916861258955353282020-06-30T00:40:00.001+02:002020-06-30T00:40:00.927+02:00Non so se voglio dirlo - 13<div style="text-align: justify;">Al solo sentire quelle parole sbiancò all'istante, non mi diede una risposta, non una convincente almeno, cominciò a girare attorno alle parole, come a nascondermi qualcosa, come volesse tenermi all'oscuro di un segreto che non mi aveva ancora svelato, quasi avesse paura, ma allo stesso tempo dava l’impressione di stare cercando l’occasione buona per parlarmene, ed io gliela stavo dando, volevo aiutarla a confessare quella che sembrava una notizia strettamente riservata, una confidenza che si svela solo ad un’amica intima, e per lei, per conoscerla più a fondo, mi sarei trasformato nella sua amica del cuore, anche se non è che avessi idea di come fare, né sapevo da dove cominciare, ma quando seppe che stavo scrivendo questa pagina, le cose cambiarono anche per me, quando le annunciai che avevo intenzione di scrivere questa storia, ebbe una reazione scomposta, che non avevo previsto, cominciò ad irritarsi, ad irrigidirsi, a diventare nervosa, ad accumulare una tensione che non avevo idea in cosa avrebbe potuto sfociare, poteva succedere di tutto, forse avevo visto male, le mie previsioni erano del tutto sbagliate, non avevo calcolato il suo amor proprio, quella forza che impone una difesa strenua di sé a tutti i costi, un’energia imprevista e forse anche ignota si era impossessata di lei e la faceva agire, ai miei occhi, in maniera del tutto irrazionale, un comportamento che mai mi era capitato di osservare in lei. </div><div style="text-align: justify;">Non sapevo più come continuare, volevo rispettare la sua ingenua timidezza, quella incapacità di esprimere le sue intime riservatezze, quelle che immaginavo fossero ritrosie di cui pensava fosse quasi impossibile potersi liberare e scrollarsi di dosso, una buona volta per tutte, perché certe paure sembrano insormontabili, è vero, ma solo fino a quando non si riesce in qualche modo a superarle. Dopo, ma solo dopo, tutto sembra facile, non si riesce a spiegare come si sia potuto verificare che quei timori, certe insicurezze, abbiano potuto creare tanto disagio e addirittura bloccare la nostra vita in uno stato di trepidazione, ogni volta che ci era capitato di dover fare una scelta o una mossa non del tutto chiara. Dopo, sì, tutto dopo, ma fino a quel momento la vita, il mondo intero, qualsiasi cosa è vista come un’enorme incognita che paralizza ogni attività.</div><div style="text-align: justify;">So per certo che parlare di talune cose con me le causa un’agitazione che non sempre riesce a trattenere, le provoca un’eccitazione incontenibile, ad esempio, sentirsi dire che ho voglia di chiamarla, che ho bisogno di sentire la sua voce, anche solo per poco tempo, per un semplice saluto, e l’eccitazione in lei assume le forme più strane, la prende il desiderio di muoversi, di fare qualcosa, di salire sul primo treno e raggiungermi, subito, di essere già con me, scavalcando tutte le leggi della fisica, della dinamica, quelle che regolano il tempo, o il movimento, la velocità. L’eccitazione può diventare anche dolore, incontrollabile tachicardia, fuori da ogni controllo, è fonte di insicurezza, di profonda inquietudine, di pensieri che ancora una volta non osa svelare, pena una vergogna di esistere che non riuscirebbe a sostenere. </div><div style="text-align: justify;">Tutte queste cose le so, ma ce ne sono ancora tante altre che vado scoprendo poco alla volta. É che mi piacerebbe favorire in lei un percorso di affrancamento da taluni vincoli che la tengono bloccata. Mia cara Anna Chiara, ti affianco volentieri in questo progetto, avrei voluto dirle, avevo scelto questa frase, un po’ ad effetto, per dimostrarle ancora una volta il mio amore, forse anche senza averne il diritto, ma un giorno o l’altro, vorrei incontrarla davvero, vorrei la conferma della sua esistenza, vorrei indovinare finalmente la combinazione vincente, quella che mi farà distinguere tra le idee, le fantasie malsane, e la realtà, la sua fisicità. </div><div style="text-align: justify;">Ci tengo molto a questa cosa, perché lei, in questa comune ricerca dell’assoluto, ha la capacità di riportarmi alla realtà, anche se non è questa la strada che vorrei percorrere, perché, a ben vedere, io questo non sempre lo voglio, non sempre lo accetto, a me piacerebbe riuscire a permanere in uno stato di immaginazione perpetua, di perenne visionarietà, non dover fare i conti con niente, con nessuno. Mi basterebbe essere me stesso, sono fatto così, con le mie fantasie, con le mie contraddizioni, anche, ma senza contatti col resto del mondo, essere puro pensiero, ecco, forse si può sintetizzare così il mio estremo desiderio. Non so se sarà facile realizzarlo, questo sogno, ma ci sto provando, e lei mi sta aiutando a scrivere le regole del gioco, a reinventarle anche, di volta in volta, in questo mi sta fornendo un aiuto inestimabile.</div><div><br /></div>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-3420628143841528412020-06-29T00:40:00.000+02:002020-06-29T00:40:14.403+02:00Non so se voglio dirlo - 12<div style="text-align: justify;">Quando penso a come è finita! Ma è stato un gioco? Ancora adesso stento a capirlo, a cogliere le implicazioni di un rapporto, e della sua conclusione, o forse sarebbe più corretto dire rottura, unilaterale, di una relazione fatta di parole, di rapidi messaggi, ma che necessariamente coinvolge, ha coinvolto, qualcosa di più grande, di più importante. Un’essenza che non so cogliere. </div><div style="text-align: justify;">Come sono limitato! Posso fingere che niente è mai successo? Non so se posso dirlo, non so se riesco a pensarci, trascuro me stesso trascurando il mondo, non mi prendo mai sul serio, sono niente, sempre niente, e va bene, dico che va bene così.</div><div style="text-align: justify;">Cosa so dire di quei giorni? Non capisco se è più grande, se è stato, averli vissuti, o il dolore di oggi. Sì, perché vi è un continuo dolore che mi tormenta, un refrain che mi tortura ininterrotto, unito al dolore di aver provocato dolore. </div><div style="text-align: justify;">È una sensazione che vorrei evitare, o non aver mai provato, che non fosse stata parte di me. Un’esperienza da cancellare, come mai esistita. Capita spesso, mi è capitato, forse sempre, se fosse così per tutto, ma forse sarà così per tutto, per tutto quello che ho vissuto, tutto sarà dimenticato, presto, un mondo mai esistito, forse neanche inventato, un pensiero che mi ha attraversato la mente. </div><div style="text-align: justify;">Vorrei che non avesse lasciato segni, non questa lacerazione, non questo turbinio di sensazioni malaticce, o forse sì, e allora sarebbe la molla, il motivo della mia ricerca, o forse la ricerca di un motivo, non so, però, quando ci amavamo, era bello, non pensavo certo di organizzare storie, era tutto così spontaneo, bastava un semplice sguardo e tutto …, non so, non so spiegare, non trovo le parole, piccole cose, che ci lasciavano soddisfatti, che ci davano la felicità, che forse non ho saputo apprezzare abbastanza, a quei tempi cercavo altro. Forse. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Mi è stato anche consigliato di non dire tutto, che forse è meglio che certe cose restino come non apertamente dichiarate, magari semplicemente anticipate, ma non espresse del tutto. Ovviamente per me non è così, a me piace raccontare, se c’è una cosa che voglio dire, perché mai dovrei tenerla nascosta? </div><div style="text-align: justify;">Ma poi insistono e mi chiariscono che non si tratta di rivelare segreti. No, non è questo, è una questione di stile, è che c’è modo e modo di dire le cose. Ma cosa volete? Io ho il mio modo, non so se è quello adatto, o giusto, però, ormai, così so fare, alla mia età, cosa volete? Imparare a scrivere in un altro modo non mi va. Se a qualcuno non piace, non è detto che debba continuare a leggere, anzi, non doveva nemmeno cominciare, le cose erano chiare fin dall’inizio, ma non voglio più perdere tempo a discutere di queste stupidaggini, continuerò a scrivere così, come più mi piace, è il mio metodo, che ho sviluppato in tanti anni, di ignoranza, se volete, ma io sto bene così, perché io le cose le faccio, quelle che faccio, e le dico, quelle che dico, ma non so perché le faccio, e nemmeno perché le dico, nel senso che non sempre c’è una vera ragione, per tutte le cose che ho fatto e che ho detto, è così, semplicemente. </div><div style="text-align: justify;">Certe cose, poi, le dico a voce alta, così le posso sentire, e non sembrano tenute nascoste. Mi faccio l’idea che se le pronuncio, è come se sto dichiarando una verità, non necessariamente vera, ma comunque, è già qualcosa, non passa in silenzio. Ma non so se dire tutto, non so se vorrò dirlo.</div><div style="text-align: justify;">Il lavoro appare improbo, l’impresa più che ardua, ed il tempo a mia disposizione sembra ridursi a vista d’occhio. Sento mancarmi la terra sotto i piedi, ma, poi, mi dico, come per convincermi, Comincia, dove arrivi ti fermi. </div><div style="text-align: justify;">Già, arrivare ad un punto, come fosse semplice. È che non sempre sono in grado di capire quando arriva il momento di fermarmi e così vado avanti, forse anche stancamente, senza grandi idee, quando invece di cose da raccontare ce ne sarebbero tante, ne avrei tante, ma non so se ne ho voglia, non so se voglio dire che, una storia, un momento, una giornata, un episodio, un’esperienza nuova, con lei, che mi ha lasciato, no, che io ho lasciato, non so, e non saprei ripetere esattamente come sono andate le cose. </div><div style="text-align: justify;">So solo che adesso mi ritrovo con una voglia o necessità di recuperare situazioni che in un modo che non ho ancora capito, hanno fatto parte del mio passato, recente, e che forse appartengono ancora a questo presente, se è vero che ne sto parlando, anche se vorrei essere già più avanti, oltre, perché quando riesco ad immaginare il mio personaggio inventato è come se fosse presente, vivo, come se fosse una persona reale, di cui racconto le azioni, i pensieri, i sentimenti. </div><div style="text-align: justify;">Con lei, però, è diverso, lo è stato fin dall’inizio, perché lei non è un personaggio del tutto inventato, esiste davvero, non devo fare neanche lo sforzo di concepirlo dal niente, di dargli un nome, un’identità, una storia. Solo che, nella pratica, non è presente, non è qui con me, non è vicino a me, non lo è più, per quanto cerchi di dialogare, per quanto mi sforzi di parlarci, per quanto l’immagini con una sua voce, con un suo tono, con le sue altezze, le sue frequenze, con le mille sfumature di una voce che, perché non posso dire calda?, perché non posso definirla suadente?, a volte mi manca il coraggio di osare, perché non posso ripetere per lei l’intero repertorio di voci dei personaggi femminili della letteratura mondiale?, ciononostante, una persona che diventa personaggio è sempre un percorso difficile da realizzare, molto più di quanto non sia far diventare credibile un personaggio fittizio.</div><div style="text-align: justify;">Ad esempio, la scena dell’incontro, pensavo di averla preparata bene, verificando tutti i dettagli, ma poi mi resi conto che in effetti c’era qualcosa che non avevo ancora previsto, un particolare non di poco conto, e così risolsi di inserire nel copione provvisorio poche battute veloci, messe li quasi per caso, una necessità che mi permetteva di creare un contesto in cui ambientare la storia. </div><div style="text-align: justify;">Eravamo in pizzeria e, aspettando che ci servissero, le rivolsi una domanda che ebbe un effetto devastante, come di un cazzotto in una faccia di vetro. Di punto in bianco, senza stare a tergiversare, le chiesi quali metodi anticoncezionali usava.</div><div><br /></div>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-14339600787374925492020-06-27T23:22:00.001+02:002020-06-28T01:32:26.515+02:00Non so se voglio dirlo - 11<div style="text-align: justify;">Potrei partire da qua, un desiderio inappagato che, presto, o anche no, assume forme accettabili, soddisfacenti. Le condizioni ci sarebbero e non servirebbero nemmeno grossi sforzi. Sarebbe sufficiente dilatare le esperienze minimali, estenderle oltre confini apparentemente invalicabili: una carezza lieve, come tra amici, intimi, certo, e un bacio, ingenuo, anche questo, nel bel mezzo di un incontro, più o meno casuale, l’incontro, ma anche il bacio, che deve arrivare in maniera del tutto naturale, forse anche inaspettato. </div><div style="text-align: justify;">Cose così, semplici, nulla di complicato, non voglio perdermi nuovamente in costruzioni artificiose, è bastata una volta, chissà, e forse stavolta riuscirò a trarre giovamento dagli errori del passato, a fare tesoro delle esperienze decisamente fallimentari che mi hanno ridotto nella condizione di non sapere vivere e tutto il resto, perché nonostante tutto, continuo ad avere dei dubbi, a nutrire dei sospetti, o dei timori che, proprio quando sta per nascere qualcosa, possa arrivare un elemento che inibisce lo sviluppo di una storia, un’invadenza deleteria che si materializza dentro la trama che è sul punto di sbocciare. </div><div style="text-align: justify;">Sono rischi che si corrono, soprattutto quando si agisce. La perfezione è impossibile. Eppure, non voglio rassegnarmi, non riesco ad accettare questa verità incontestabile. Che cocciuto che devo essere, anzi, che sono. Mi accontento di restare fermo, piuttosto, ecco perché insisto nel dire che non so se voglio dirlo. È un modo per mascherare non solo paure, ma anche incapacità, l’ho già detto. </div><div style="text-align: justify;">Ah, se solo riuscissi a liberarmi di certi pregiudizi, ma non sono del tutto sicuro che solo di questo si tratti. </div><div style="text-align: justify;">Ah, se solo riuscissi a non essere ignorante, a non voler necessariamente fare le cose in grande, a non pretendere di voler conoscere tutto. </div><div style="text-align: justify;">Ah, se solo fossi capace di raccontare anche solo un sentimento semplice, descrivere una paura, attingendo al vasto repertorio a me familiare, non foss’altro per averne vissute tante, di paure, e di viverne ancora, pressoché quotidianamente. </div><div style="text-align: justify;">Non occorre che vada lontano, sono alla mia portata, lo avverto, non dovrei fare grossi sforzi, e anche questo forse l’ho già detto, e invece …</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Potrei fare una doccia. In quest’estate atroce l’umidità mi sta sciogliendo. Ma non sarebbe meglio dire, ad esempio, che l’umidità non mi consente di respirare piuttosto che dire che mi sta sciogliendo? Fa caldo, certo, c’è un’afa che non so definire, il sudore si appiccica addosso, insieme ai pochi vestiti, e forse ottura i pori della pelle. Deve essere un problema di traspirazione, forse non ce n’è a sufficienza, non so, e soprattutto non voglio interessarmene. So solo, questo sì, che sto male, e che una doccia potrebbe aiutare, favorire uno scambio, un passaggio d’aria, non saprei, o forse ho bisogno di una pulizia più a fondo, eliminare gli eccessi, le non necessità. Forse sarebbe auspicabile maggiore sincerità, parlare chiaramente, una diversa apertura, una dialettica più essenziale. Forse.</div><div style="text-align: justify;">Fossi più superficiale mi accontenterei, si fa per dire, di seguirla, con tutte le volte che mi ha invitato a fare la doccia insieme, sarebbe un buon modo di fare pratica, partendo da facili esercizi, una situazione concreta, piuttosto abbordabile, fattibile, in definitiva. Ancora, però, non riesco a staccarmi da certe regole che mi sono come autoimposto, senza capire tuttavia dove trovano fondamento. Mi sono ritrovato a rincorrere in ogni occasione le cose più difficili, come se non trovassi gusto per le cose semplici, forse anche banali, o che evidentemente considero tali. </div><div style="text-align: justify;">Anna Chiara, vorrei dirti che non ho mai smesso di amarti, ad esempio. Ma non ho ancora acquisito la giusta confidenza, non solo col suo nome, anzi con i suoi due nomi, ma nemmeno col suo corpo, con la sua presenza, con la sua fisicità. </div><div style="text-align: justify;"><i>Vorrei confessarti che non ho mai smesso di amarti</i>. Una frase come questa dovrebbe sorgere spontanea, e così la costruzione di un amore, e tutto il resto, come se mi trovassi a rivivere emozioni pressoché dimenticate. </div><div style="text-align: justify;">Ma è come, allo stesso tempo, non so, un difetto di sperimentazione, non riuscire a permettermi più un lusso, quello di osare, inibito, in questo, da qualcosa di poco lucido. </div><div style="text-align: justify;">Mi manca l’ebbrezza dell’ardimento, ecco, e non vorrei arrivare ad ammettere che mi difetta il coraggio dei sentimenti, ma spero di essere stato chiaro, non vorrei ritornare nuovamente sull’argomento, se non per proclamare una vittoria, che però, a quel punto, coinciderebbe con la fine dei miei sforzi, ed allora, non so, mi sento confuso, non sono del tutto sicuro di volerlo, di dichiarare di essere riuscito e, di conseguenza, di finire per sempre. </div><div><br></div>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-23233712101788348912020-06-15T01:07:00.002+02:002020-06-15T01:07:07.237+02:00Non so se voglio dirlo - 10<div style="text-align: justify;">Mi hanno consigliato di incastrarli all'interno di una storia tutte queste riflessioni, che diventerebbero così più credibili, forse anche più appetibili, o digeribili, o accettabili, non ho ben capito, altrimenti appare come un parlare a vuoto.</div><div style="text-align: justify;">Ovviamente per me non è così. Comunque, mi piacerebbe indovinarla quella storia. Indovinare, sì, è proprio il termine appropriato, accoppiare forme e pur anche scampoli di fantasie, giustapporre architetture e bricioli di immaginazione, e coinvolgere qualcun altro, un osservatore esterno, personaggi minori, comparse eterogenee. La brulicante realtà, si potrebbe chiamare. </div><div style="text-align: justify;">Disbrigare innanzitutto tali formalità, e poi il resto, tanto altro ancora, pacchetti integrati di esperienze vissute da assemblare, fino ad arrivare alla conclusione, quella che verosimilmente può essere considerata una conclusione, che non è possibile conoscere se non quando si è prossimi alla meta, quella che si individua inequivocabilmente come tale, e che a quel punto non può più essere modificata, né rinviata. </div><div style="text-align: justify;">Tutto facile, sembra tutto facile, e forse lo è anche, ma non per me, non per questa arida scrittura al limite del maniacale, forse anche essenziale, di un’essenzialità che rinuncia ad ogni azione, quando invece, sì, tutto facile se avessi in mano il tutto, invece dell’indecisione più assoluta, invece della libertà inibitoria di scegliere l’infinito tra altre infinità, di optare per un mondo in un mondo senza confini. </div><div style="text-align: justify;">Ad esempio, penso di continuo a quello che Anna Chiara non mi ha mai voluto dare, senza tuttavia riuscire a definire gli ambiti di questo suo mancato dono. Sono certo che se glielo avessi esplicitato bene, se fossi stato in grado, a quei tempi, di spiegarle con chiarezza quali erano le mie intenzioni, o forse le mie esigenze, oggi non starei qui a lacerarmi per un rammarico che in certi momenti non mi fa vivere.</div><div style="text-align: justify;">Ma perché il pensiero ritorna di continuo da quelle parti? È stato duro lasciarla, lasciarci. Non so se serve dirlo, che forse mi sono anche pentito, che avrei potuto farla vivere ancora per un po’. Dopotutto, ci stavo bene insieme, avrei dovuto insistere, lentamente, essere più paziente. Ma sono fatto così, la pazienza non mi appartiene, e non imparo mai dagli errori commessi, e così mi dissolvo tra le parole. La sensazione di disperdermi è sempre grande. </div><div style="text-align: justify;">Quanto vorrei ritrovarla, così com’era! È svanito un sogno, non so se di quelli ad occhi aperti, ma mi sembra di ricordare che quando guardavo davanti a me, lei c’era, era presente. Mi pareva di vederla, gioivo nel toccarla, godevo a baciarla, mi restavano i segni addosso, ne portavo le tracce, per tanto tempo, e ancora adesso, nel bene e nel male, continua a condizionare la mia esistenza. </div><div style="text-align: justify;">Non so come si chiama tutto questo, se ha un nome, se è meritevole di una storia. Non so se è vivere questo, se tutto questo mi fa vivere, mi farà vivere, ed eventualmente per quanto ancora. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">(Fine parte prima)</div><div><br /></div>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-13743908946031387662020-06-14T00:49:00.001+02:002020-06-14T00:49:58.269+02:00Non so se voglio dirlo - 9<div style="text-align: justify;">Ora che tutto è finito, posso provare a confessarlo, almeno a me stesso. Quasi una colpa di cui vergognarmi, ma di cui spero arrivi presto anche una benefica assoluzione. </div><div style="text-align: justify;">Era cominciato così, uno scherzo, una voglia di parlare, di raccontare, di conoscere qualcuno con cui comunicare. Una chat, adesso che va tanto di moda. Volevo farlo anch'io, e così, l’ho intercettata senza sapere nemmeno come, anzi, adesso che ci penso, sarebbe più corretto dire che sono stato io la preda, sono caduto nella sua rete tesa ad arte, ed ho abboccato come un allocco. </div><div style="text-align: justify;">Comunque sia, mi sono ritrovato a vivere per un periodo intenso una storia come d’amore. Dico quasi perché non si è sviluppata in molte direzioni, nel senso che non tutto me stesso è rimasto coinvolto in questa avventura. </div><div style="text-align: justify;">Ma tant’è, posso definirla in un certo senso una storia d’amore, ed ora che è finita, anche la durata non mi è del tutto nota, non so quando esattamente tutto è cominciato, so solo che adesso che è finita, posso tranquillamente dire che tutti questi sforzi erano rivolti essenzialmente verso una direzione ben precisa: volevo sperimentare un rapporto sessuale con lei, che per me rappresentava una novità assoluta, non solo fare sesso con una donna decisamente più giovane di me, ma per di più con una alla sua prima esperienza. </div><div style="text-align: justify;">Mi eccitava doppiamente l’idea, ed ogni mio tentativo era diretto esclusivamente a questo. L’ho capito subito, dopo poche settimane, non avevo altro fine se non fare l’amore con lei. </div><div style="text-align: justify;">Per questo, quando, passati alcuni mesi, la situazione non si sbloccava in nessun modo, ma anzi ristagnava sempre più stancamente, ho cominciato ad annoiarmi, non mi bastavano le parole, non erano più sufficienti le tante carinerie che con sempre più tenerezza mi elargiva. Avevo bisogno d’altro e glielo feci capire. </div><div style="text-align: justify;">Non ricordo se glielo dissi esplicitamente, ma lei, Anna, o Chiara, non ho ancora deciso come battezzarla, ma so già che, a causa dell’eterna incertezza che mi caratterizza, alla fine sceglierò di chiamarla Anna Chiara, cioè, due in una, lei aveva intuito tutto fin da subito. E me lo disse anche, che non solo non era pronta, ma che non era per nulla interessata alla cosa. </div><div style="text-align: justify;">Ed io, cosa potevo fare a quel punto? Non so gestire queste situazioni, non sono il tipo che certe cose le tira per le lunghe, ed allora, mi sono inventato una scusa, non ricordo, e la mollai di botto, senza farmi sentire più. </div><div style="text-align: justify;">Tra le altre cose, mi sono rimaste le corrispondenze, le mie audaci scritture, le sue straordinarie parole, che nessuna donna mi aveva rivolto prima, non allo stesso modo. Me le rileggo spesso, ci ritorno di continuo, non so se con un senso di rammarico, di cosa perduta, qualcosa che non ho saputo apprezzare e che forse non potrò più riavere, oppure, come un’opportunità, una sfida, di fare sempre meglio, di richiedere a me stesso uno sforzo superiore, per superarmi negli esercizi di scrittura, per ottenere da lei quello che non mi ha voluto donare. </div><div style="text-align: justify;">Non so, vivo ancora in questa illusione, non tutto è perso per me, una flebile speranza mi tiene ancora legato, e vorrei coltivarla, a costo di perdere tutto, anche il passato, anche il ricordo dei giorni in cui ci siamo amati.</div><div style="text-align: justify;">Però, ecco, ritorna ancora l’incertezza, non so se voglio farlo, non so se voglio dirlo, le cose che avrei voluto fare con lei, che ho fantasticato di fare, quelle che mi illudo di poter fare. </div><div style="text-align: justify;">Non so se posso permettermi ancora una simile speranza. È passato così tanto tempo, almeno così mi sembra, ho anche cambiato mondo, almeno così mi sembra, adesso lo vedo, mi rendo conto di tutto quello che è stato, sì, sono consapevole che ho perso una buona occasione, e non so se ne avrò altre. </div><div style="text-align: justify;">Di pensieri, sento di averne ancora tanti, ma è difficile ricominciare. Sono stanco, il peso degli anni comincia a farsi sentire. Non posso farci niente, però mi piacerebbe dire un’altra volta però, per chiarire che le cose non fatte non sono non fatte per sempre, e sentire di poter cambiare il corso della storia, semplicemente intervenendo sul nastro dei ricordi, sovrapponendo immagini non mie ai fotogrammi di un passato che non voglio più accettare, da tempo ormai, non so nemmeno da quando.</div><div style="text-align: justify;">So solo che vorrei non essere più quello che sono stato, ma anche non essere stato quello che sono stato, ed è già un buon punto di partenza, perché così potrò avere le idee chiare, sulla direzione da prendere e il mezzo più comodo per arrivarci. Almeno così mi sembra, almeno così sembra, perché le idee chiare, non so se le abbia mai avute. </div><div style="text-align: justify;">Annaspo, mi piace questo verbo, annaspo come al buio, senza una meta, fino a quando, a forza di girare, mi convinco, così mi sembra, di aver trovato un senso, anche se poi, ben presto non mi sembra più.</div><div><br /></div>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6408003786771673465.post-81934815353950872702020-06-13T00:25:00.003+02:002020-06-13T00:25:04.685+02:00Non so se voglio dirlo - 8<div style="text-align: justify;">C’è questo personaggio, forse il protagonista, che inizia a percorrere strade, a intraprendere cammini, anche mentali, alla ricerca di storie, con il desiderio nemmeno tanto celato di rimettere ordine nella propria vita, come se dal successo di questo tentativo dipendesse il futuro che vorrebbe vivere, quello che ancora gli rimane, e il tutto, possibilmente, senza inibizioni di sorta, quelle che impedirebbero lo sviluppo della fantasia, ma con la speranza, piuttosto, di sperimentare una libertà dagli effetti esilaranti, al limite anche inebrianti, mai prima conosciuta. </div><div style="text-align: justify;">E c’è anche l’ossessione dell’imperfetto, questo tempo che difficilmente raggiunge la perfezione così tanto desiderata, e si tratta di un ostacolo non da poco, è un grosso limite, che impedisce il raggiungimento di qualunque obiettivo. </div><div style="text-align: justify;">Se fossi in grado di parlare al passato, di raccontare storie già vissute, sarei ad un buon punto, potrei lanciarmi verso sentieri inesplorati, e basterebbe la sola curiosità per farmi andare avanti, per farmi proseguire, pur fra strade accidentate, consapevole che l’importante è raggiungere, ogni volta, la tappa successiva, il tutto, semplicemente immaginando e costruendo sempre nuove illusioni, con la speranza, un giorno, di poterle realizzare e, forse, concretizzare, non saprei, ma mi basterebbe saper raccontare, in un modo qualunque, quello che c’è stato, non le ipotesi, quel poco che ho vissuto, che è sempre tanto, se solo sapessi vedere, se solo fossi in grado di capire cos’è stato di me, cosa ho avuto, quel poco che ho dato, se ho dato. </div><div style="text-align: justify;">È che dovrei sbrigarmi, farlo con una certa fretta, il tempo che rimane si assottiglia, e questo lo sento. Un giorno che passa non è un giorno, non solo un giorno, e non un solo giorno, è tanto di più, non so, è vita che si perde, e non so se ne rimane ancora abbastanza, anzi lo so, non potrò farcela, non ce la farò mai, e forse è un buon motivo non cominciare nemmeno? </div><div style="text-align: justify;">Allora, come ho intenzione di viverli i giorni che mi restano? No, non voglio pensarci. Intanto mi avvio, poi si vedrà. Del resto è nei momenti difficili che bisogna trovare la forza per continuare, e di momenti difficili ce ne sono tanti, se ne vivono in una progressione pressoché costante, la tensione aumenta col passare degli anni, mi tira tutto, mi fa estendere all'inverosimile persino i pensieri, le ipotesi, che diventano elastiche, non solo le illusioni, anche le proiezioni, i desideri, le voglie più assurde, che cerco di affrontare come so, o come non so, tutto è vita, che sembra scorrere ad una velocità impercettibile, al punto che appare statica, immobile, stagnante, ed è in questa fissità che mi perdo ma, allo stesso tempo, è anche quando rimango bloccato che, maggiormente, avverto la sensazione di star bene, perché temo che se solo mi spostassi di un centimetro, non so cosa potrebbe succedere. Probabilmente nulla di buono, ecco spiegata la mia paura di agire, e di fare agire i miei personaggi, l’incapacità di muovermi dalla posizione in cui mi trovo, anche se non so com'è, anche se non sono in grado di spiegare se si tratta di una situazione da consigliare ai più, se con gli altri funziona. </div><div style="text-align: justify;">Ho le idee poco chiare e non agire mi pone in una condizione di non pericolo, forse. Non voglio dire di sicurezza, nella situazione in cui mi trovo sento che non posso aspirare a tanto, ma almeno, non correre rischi è già qualcosa.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Pochi episodi si sviluppano lungo questi percorsi, pochissimi quelli che percepisco, o intuisco. Solo vaghe e generiche immagini provenienti da non so dove, fumose idee che nemmeno attecchiscono. </div><div style="text-align: justify;">Potrebbe capitare, ad esempio, è già successo, che dopo tanto camminare, incontri qualcuno, avvisti un albero, in un campo deserto, ma il deserto è fatto di sabbia, o di pietre, o di nulla, polvere e vento, ed è già qualcosa a saper guardare, non serve la moltitudine per vivere, per dare vita ad una vita. </div><div style="text-align: justify;">Dopo tanto discettare, arriverà, sorgerà da un apparente nulla, da un vuoto senza niente, qualcosa che farà scattare la scintilla, una nuova vita, appunto, e dovrò essere pronto ad afferrare l’occasione, un miraggio inatteso, o forse no, lentamente costruito, senza sapere però quando esattamente si manifesterà, ed è per questo che bisogna prepararsi, tenersi pronti, il momento opportuno per uscire dal caos, ed entrare nell'ordine, per sfuggire all'aridità e rifugiarsi, a piccoli passi, o anche a grandi, come meglio conviene, nello sterminato campo della fantasia, senza però correre il rischio di perdersi, di smarrirsi dentro le infinite possibilità offerte, in ogni momento, da una storia. </div><div style="text-align: justify;">Facile a dirsi, certo, e per riuscirci, le ipotesi dovranno presentarsi in maniera meno occasionale, <i>ah, se avessi, ah, se fossi, ah se potessi</i>, dovrò farci l’abitudine, e non solo io, ma anche chi mi ha seguito fino a questo punto. E capiterà di trovarne altre di ipotesi, di più interessanti anche, arriveranno senza preavviso, come ho già annunciato. </div><div style="text-align: justify;">È così che nascono le storie, quando meno te lo aspetti, come dal nulla, un improvviso amore, ad esempio, ma adesso, non è che vorrei cominciare a fare l’elenco del possibile, seguitemi, è tutto naturale, fidatevi.</div><div><br /></div>A.D. 2009http://www.blogger.com/profile/13348539125371271055noreply@blogger.com0