Lettori fissi

martedì 15 marzo 2016

Ognuno per sé e Dio con tutti

Non me ne ero accorto. Avevo tutto davanti a me e mi stavo lasciando sfuggire un’occasione d’oro. Gli elementi per una storia interessante c’erano tutti, ma a volte, una leggera disattenzione, una lieve distrazione, e tutto passa senza lasciare un segno.
Non so com'è successo, ma mentre stavo chiudendo il portone d’ingresso, o per meglio dire il pesante cancello che dà sulla piazza, mi ha attraversato la mente qualcosa di non ben definito ma comunque sufficiente per richiamarmi al mio dovere, quello che ormai considero l’unica attività a cui dovrei dedicarmi se davvero vorrò dare un senso a questa vita da tempo ormai vuota e priva di significato.
Ovviamente sto parlando della scrittura. Sì, perché è di quello che ormai dovrò nutrirmi in questi anni che mi restano, non ho altri interessi, o non riesco a trovarne, se non nel tentativo di inventarmi nuovi mondi che diventeranno nuove avventure, nuove esperienze di cui poter parlare ed all'occorrenza evocare, un coniglio che tirerò a sorpresa da un cappello a cilindro che troppo a lungo è rimasto nascosto ed inoperoso. Dicevo che si erano accumulate in poco tempo delle occasioni che al momento non ero riuscito a cogliere, e chissà dove si erano perse, ma che sono tornate in superficie, o alla luce, proprio quando sono uscito in strada, come se questo passaggio dalla parte del cortile interno del palazzo all'aria fresca del mattino che circolava per tutta la piazza avesse risvegliato in me chissà quali antichi ricordi ma che di antico avevano ben poco dal momento che la padrona di casa l’avevo conosciuta appena un’ora prima, insieme alle due figlie, ai tre cani di varie dimensioni e colori e al gatto che non avevo ancora visto ma che era nascosto in qualche angolo remoto della casa, spodestato e spaventato dall'intrusione nel suo spazio di un nuovo ospite.
Faceva sempre così, all'inizio se ne stava rintanato nella sua cuccia e quando cominciava a prendere confidenza con la gente diventava difficile tenerlo distante, pretendeva la sua abbondante dose di carezze dal malcapitato di turno, come prezzo per avergli limitato lo spazio vitale.
La stanza che mi era toccata in sorte era piena di libri. Mi trovavo bene in uno spazio del genere. È come se attorno a me si fosse elevata una sorta di barriera di protezione. E se anche non conoscevo gran parte degli autori, avvertivo come una sensazione che potevamo diventare amici o che in ogni caso non avrei avuto difficoltà a starci insieme anche solo come semplici conviventi.
Quanto agli animali che si aggirano per la casa, devo solo stare attento che non entrino in stanza, soprattutto quando sono a letto, a dormire, o anche solo a riposare. Non sopporto che se ne vengano in silenzio e comincino a leccarmi le mani, i piedi. Per non parlare poi della faccia, è una cosa che detesto, è più forte di me. Ecco, questo è uno dei pochi motivi per cui potrei fare del male ad un cane.
Cari amici, siete avvisati, state alla larga da me, e comunque non leccatemi, potreste avere delle sorprese a dir poco spiacevoli. Ma basta anche di meno. Non è solo il fatto di leccarmi. Devo stare attento anche a quel gatto. Se lo lasci fare, se mi distraggo un attimo, quello salta sul letto e in poco tempo la coperta si riempie di quei fastidiosissimi e schifosissimi peli che occorre una fatica disumana per toglierli, non se ne vanno via facilmente, è un lavoraccio che mi tiene impegnato per ore di nervoso lavoro senza peraltro ottenere grandi risultati, per cui, anche tu, caro il mio gattino, tieniti alla larga, perché potresti avere anche tu una brutta sorpresa. In un’ondata di terribili incubi l’avevo già visto giocare divertendosi con i miei sneakers appena comprati, lasciando evidenti graffi su gran parte della superficie della pelle che ormai pendeva a brandelli ai lati di ogni scarpa. Stai attento che se solo ci provi non avrò nessuna remora ad aprire la finestra e farti volare dal balcone giù nel vuoto per tutti e quattro i piani, augurandomi fra l’altro di fracassarti quando ti schianti contro il duro marmo che ricopre il marciapiede. No, mi dispiace per te, se mi sfiori le scarpe non avrò pietà.

È questo il tono che volevo tenere con gli animali che si aggiravano per la casa, non avevo nessuna intenzione di cedere o scendere a compromessi, ognuno per sé e Dio con tutti. Non ricordavo precisamente il detto e me l’ero riadattato così, il senso alle parole ero io che dovevo e volevo darlo, non mi importava di niente. Pazienza che non capivano la lingua che parlavo, però per queste cose non serve la conoscenza di particolari nozioni.

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